Tu hai prima detto che il tuo interesse per l'Unione Sovietica era nato dal tentativo di analizzare quelli che erano stati i limiti di una certa esperienza, cosa che poi poteva avere un'utilità politica nel comprendere meglio gli errori e ciò che non andava del PCI e del Movimento Operaio. Quali sono i nodi che rimangono aperti e che nell'attualità possono essere fecondi rispetto ad una dimensione di analisi politica? Dall'altra parte, come mai adesso è maturato questo tuo interesse per gli Stati Uniti?
Il mio interesse attuale è per chi ha vinto e al momento il modello americano appare vincente. Ho scritto "Il primato americano" dopo "La falce e la luna" e i due libri sono legati. Per tornare al passato quando, nel 1966/67, è finita Classe Operaia Mario ed io ci dividemmo i compiti (lo sto dicendo con moltissima autoironia): Mario aveva il compito di capire perché aveva vinto il capitalismo, io invece dovevo capire perché il socialismo non lo voleva più nessuno. Diciamo che era un interesse tutto politico che mi muoveva a studiare l'Unione Sovietica, poi invece è diventato per un quarto di secolo il mio specialismo professionale, ma l'interesse di partenza era solo politico. Rispetto ad altri che appunto avevano avuto il mito dell'Unione Sovietica o il mito di Stalin, io che ero nata politicamente dopo e che la prima cosa letta sull'Unione Sovietica era il rapporto al XX Congresso di Khruschev, avevo un atteggiamento di partenza più disincantato. Sull'esperimento sovietico ho scritto talmente tante cose che parlare di tutto è impossibile; però, penso che sia importante non considerare la sconfitta degli operai sovietici al governo come definitiva, ma solo come una prima esperienza non riuscita.
Qual è stato il ruolo e il peso di Aris Accornero all'interno dei Quaderni Rossi e di Classe Operaia?
Per lui è stato molto importante perché, come usava all'epoca per i comunisti, uno poteva stare "dentro e contro" come diceva Mario. Come ho già raccontato altrove, Classe Operaia veniva rimessa a posto redazionalmente da Aris: la sua presenza tra noi è stato un fattore di scontro perché i più anticomunisti l'hanno utilizzato per accusare Mario di continuare a essere vicino al partito. Per Aris è stata un'esperienza giovanile molto bella, e noi due continuiamo a vederci con i nostri amici, come quarant'anni fa all'epoca del giornale e delle illusioni. Aris, rispetto a noi, è quello che risulta più intrinseco al movimento operaio, ma non è vero, perché il movimento operaio non l'ha mai utilizzato come esperto del mondo del lavoro: quando è andato via perché gli era stata offerta una cattedra all'università, il partito - quando ancora c'era il partito - non si è mai più ricordato del suo specialismo.
Ci sono una o più domande in particolare che oggi tu faresti ad una o più persone che sono state interne alle esperienze dell'operaismo?
Non ho domande o curiosità, sono stata troppo interna io stessa all'esperienza. Devo, però ribadire che c'era molta differenza tra noi di Roma e gli altri: noi qui a Roma avevamo una visione in qualche modo più distaccata dell'esperienza perché eravamo più politici, eravamo più vicini al centro e quindi eravamo più disincantati. Io penso a un tipo come Romano Alquati, nel ricordo che ho di lui all'epoca: a noi lui pareva sempre un po' più esaltato di quanto fosse necessario, e quando arrivavano i suoi volantini ci mettevo l'ira di dio per renderli leggibili. I compagni del nord parevano tutti un po' più ingenui di quanto fosse consentito. Persino a me che facevo lo stesso loro lavoro dinanzi alle fabbriche ed ero giovane, anzi la più giovane, immaginate per uno come Mario; per quel che riguarda Raniero, quando si staccò da noi, lo fece pensando che quelli che stavano dando vita a Classe Operaia erano utopisti visionari. Ripeto quello che ho detto prima, la nostra esperienza è durata pochissimo, per noi il suo significato esistenziale sta nel fatto che noi abbiamo potuto pensare di cambiare le cose, avevamo l'aspirazione a non voler essere solo intellettuali, a voler cambiare lo stato di cose presenti per dirla con Marx. A questo dobbiamo la pienezza di vita di quegli anni, che per quanto mi riguarda non ho mai più avuta.
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