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(pag. 9)

INTERVISTA A FERRUCCIO DENDENA - 13 MARZO 2000


Torno a dire che, se di centralità bisogna parlare, è necessario parlare di centralità degli strumenti di conoscenza e di accesso al sapere e del rapporto che si ha con l'esercizio del proprio sapere, quindi all'opportunità o alla possibilità (in proprio, alle dipendenze, insieme ad altri o da soli) di esercitarlo nella materialità del processo collettivo. Dunque, secondo me, un ricercatore del Cnr insieme ad un medico di un reparto specializzato insieme ad un tecnico di una fabbrica automatizzata, hanno una valenza di potenzialità assolutamente identica. In questo modo il problema politico acquista una rilevanza enorme; il riuscire a spostare soggetti di questo genere su un terreno critico del modello è fondamentale e complesso. Rispetto al ragionamento che facevamo prima, è un po' come dire che, in assenza di una facile identificazione di appartenenza di classe, oggi è proprio il passaggio della capacità di un ragionamento critico sul modello a far costruire identità, cioè dell'entrare nel merito dicendo: "A noi non interessa dire se siamo contro o a favore, proletari o borghesi, sfruttati o sfruttatori: ci interessa interrogarci sui meccanismi e sul ruolo che noi svolgiamo dentro ad essi, non quindi in astratto, ma nella materialità dei soggetti con cui abbiamo a che fare; interrogarci anche singolarmente, e provare a dare delle risposte il più possibile collettive, cioè con la possibilità di sentire il punto di vista dell'altro, che magari è addirittura collocato in un settore completamente diverso". Ecco perché quello che può sembrare anche grossolano nella propaganda della destra oggi presente in Italia, non è tale: può apparirlo nella propaganda politica, "Per una scelta di campo" dice Berlusconi su tutti i muri. Ma, sotto sotto, c'è qualcosa di molto più sofisticato, cioè il tentativo di far fare una scelta complessiva, di vita, esistenziale, una scelta di internità o di esternità allo scenario unico possibile. E l'esternità oggi è vista o come il collocarsi tra i soggetti deboli, rispetto ai quali la destra dice: "Ci penseremo noi con la ricchezza e il benessere che produrremo a tutelarvi"; oppure esterni perché nemici, avversari, e questo è il discorso che facevamo prima: "Regoliamo i conti nei modi che saranno possibili". Dunque, o la debolezza, come categoria sociale, cioè soggetti che non hanno le risorse individuali e personali dentro meccanismi collettivi per stare in piedi da soli, per cui sono deboli "oggettivamente", quindi "li assistiamo, e lo facciamo al minimo"; oppure nemici perché contrari ad una nuova oggettività che è sempre più indiscutibile, naturale, il risultato di un progresso millenario che ha affermato la supremazia di questo meccanismo.
Questa è, secondo me, la difficoltà che si avrà nel rapporto con i nuovi soggetti; dopo di che i cicli di lotte possono partire da qualsiasi luogo e punto. Secondo me, detto anche qui in maniera schematica, il ruolo fondamentale del soggetto politico sarà quello di riuscire ad essere interno a questi cicli, di essere capace di collegarli e di innalzare la qualità politica dello scontro nei contenuti prima ancora che nelle forme; poi sarà un problema veramente di formazione di un nuovo scenario dello scontro di classe, ma sempre di scontro di classe si tratterà. Io queste cose le dico come mia sensazione ed impressione rispetto a quello che si muove; non escludo che possano avere ragione quelli che parlano di possibili nuove centralità. Ma io francamente negli ultimi vent'anni non ne vedo, anzi, noi stessi abbiamo teorizzato la fine delle centralità di macro-categorie sociali: a me sembra ancora attualissima un'analisi di questo genere.

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