Rispetto all'università e in generale rispetto a quella che è la produzione del sapere e anche della scienza (argomento di cui tu tra l'altro ti sei occupata) quali trasformazioni vedi in atto?
Il discorso è piuttosto complesso: innanzitutto adesso c'è una trasformazione all'università che è enorme con questa storia dei tre più due, questo adattamento a standard europei di diplomi di cui però noi non sappiamo ancora esattamente gli esiti né cosa comporterà a livello di formazione. Io, che ho insegnato e insegno sia in Francia che qui, anche attualmente, devo dire che vedo una rigidità nella struttura degli studi in Italia che mi spaventa, spero che questa riforma possa dare uno scossone almeno. Per quanto riguarda i processi formativi in generale secondo me è la stessa cosa, credo anche per il piacere nostro dobbiamo metterci nell'ordine di idee che la vita è un processo formativo continuo. Per esempio, negli anni '90 c'è stato quel progetto di legge delle donne sulla politica dei tempi, che divideva il tempo non in tre (lavoro, riposo e tempo libero) ma in quattro: lavoro, riposo, tempo libero e tempo per sé, che era il tempo riproduttivo, dove uno si formava anche, studiava un'altra lingua, si arricchiva, andava dal parrucchiere, però insomma si arricchiva trasformandosi. Ecco, questa mi era sembrata una cosa moderna, intelligente e sensata, perché dobbiamo imparare a metterci in quest'ordine di idee. E' evidente che il capitale lo fa già e lo fa molto meglio rispetto allo Stato, perché il capitale giustamente immagina i processi formativi come processi di investimento: le scuole private sono questo, sono sicuramente meglio delle scuole statali perché sono considerate, insisto, formazione per investimento. Invece, nello Stato la scuola è considerata spesa, proprio capitolo di spesa ed essendo una cosa a perdere vicino alla voce spesa ci devi mettere un'entrata, se la metti nel capitolo di investimento è un'entrata, una rendita. Se noi non riusciamo a livello statale, regionale, comunale, comunque a livello pubblico a inventarci questo atteggiamento nei confronti della formazione, secondo me tutto sarà in mano al capitale e alle scuole private, non necessariamente cattoliche, anche se molte scuole cattoliche si stanno proprio attrezzando in questo senso; comunque saranno scuole funzionali a esigenze capitalistiche e non funzionali a quello che a me piace della formazione, cioè il fatto che uno non ha mai finito di formarsi, ma siccome non è funzionale la formazione è necessariamente continua ed è legata al piacere di imparare e di apprendere le cose, di arricchirsi con il sapere. E' chiaro che storicamente il sapere può essere, anzi è necessariamente produttivo socialmente, se lo vuol fare solo chi lo funzionalizza ai propri interessi sarà produttivo per il capitale, ma queste sono scelte politiche che gli stati devono fare. Adesso in Francia ormai hanno raggiunto l'80% dei liceali, raggiungeranno il 100% e secondo me lo Stato francese si sta muovendo in quest'ordine di idee: istruire, formare le persone è creare ricchezza nel Paese, sarà funzionale al capitalismo non lo so, però creare ricchezza significa anche dare agli individui la possibilità di arricchirsi individualmente. Certo, oggi come oggi mi pare evidente che il capitale ha bisogno di individui formati, però anche gli individui hanno bisogno di formazione, questo non mi spaventerebbe: credo che la cosa importante sia la possibilità di scegliere come, dove e su cosa formarsi. Se poi si è obbligati a formarsi sul marketing o le nuove scuole straordinarie che servono in questo momento a vendere merci (visto che a produrle non serve poi tanto) vuol dire che decision-makers o chi per essi si assumeranno questa responsabilità di aver lasciato la formazione a chi necessariamente ne farà una formazione parziale e non terreno di conquista di libertà. Dall'altro lato sono assolutamente contraria a chi dice che le scuole sono luoghi di indottrinamento, che non vale la pena andarci (questi discorsi nel Veneto li conosciamo bene) e che si può benissimo produrre, guadagnare e vivere senza andare a scuola, cosa che si fa regolarmente.
|