>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Percorso di formazione politica e culturale e figure di riferimento
(pag. 1)

> Il gruppo dei fenomenologi
(pag. 3)

> Torino e Milano
(pag. 3)

> Giudizio politico sulle esperienza dei Quaderni Rossi e di Classe Operaia
(pag. 4)

> La Classe
(pag. 4)

> Limiti e ricchezze della soggettività politica
(pag. 6)

> Dibattito su classe e capitale oggi
(pag. 7)
INTERVISTA A GIAIRO DAGHINI - 1 AGOSTO 2000


Quindi, la ricchezza dei nostri gruppi, che quando nascono rivoluzionano i rapporti esistenti e nel loro connettersi fanno sobbalzare tutta la realtà, quando vogliamo diventare partito in realtà ci fa cadere secondo me dentro un'illusione, non ci accorgiamo che la ricchezza di soggettività rivoluzionarie che abbiamo scatenato ci obbliga, ci spingerebbe a inventare altri processi di divenire, altre forme di connessione, altre forme di organizzazione. E lì ci sono grandi tentativi di fare, di disfare, ma tutti noi poi finiamo (chi nel '73, chi nel '75, chi nel '77 e così via) nel dover abdicare dalla forma a cui aspiriamo. Noi di Potere Operaio a Rosolina ci spacchiamo in chi pensa a un lavoro politico ancora di gruppo che continui a proliferare istanze di autonomia nella società; e in altri invece che pensano (soprattutto i gruppi che andranno poi a fare l'Autonomia organizzata) a un indurimento quasi militare, e poi militare, dei gruppi. Altri, come Lotta Continua, un po' dopo verranno messi in crisi dalle nuove soggettività che nascono, dalle donne per esempio, che faranno saltare in aria l'idea di partito che Sofri cercava di portare avanti. Altri ancora, come Avanguardia Operaia, si trascinano all'infinito, diventando quasi delle sottoforme di sindacato, fino a quando proprio non ne possono più né i dirigenti né gli operai, perché non hanno nessuna forza vera. Altri ancora, come Servire il Popolo, finiscono in storie di tipo ridicolo, Brandirali che sposa la gente e poi alla fine, non avendo più mezzi per fare la forma-partito si sciolgono e una parte finisce in Comunione e Liberazione... I più importanti e i più grossi non riescono a diventare partito perché non sanno come coordinare tutte le soggettività rivoluzionanti che abbiamo scatenato, e non riescono più a stringerle dentro le forme-partito esistenti, che si basano sempre su questa priorità di un soggetto operaio che non è più la centralità del mondo; mentre un'altra parte fa l'opzione dell'indurimento militare. Questa darà poi, tra il '75 e l'inizio degli anni '80, la storia che si sa, di drammi, di tragedie, di uccisioni, di morti dall'una e dall'altra parte, i nostri (cioè quelli che erano con noi fino a un po' di tempo prima) che perdono molta gente negli scontri con la polizia; questa che diventa una banda armata iperorganizzata, un esercito interno... Lì proprio si vede che i giochi sono purtroppo finiti dentro vicoli ciechi di banda armata opposta a banda armata, quasi dentro un destino di tragedia greca, di fato, morto su morto, ma non è più un lavoro politico, e infatti a un certo punto, sia per i colpi ricevuti sia anche per la comprensione delle cose, anche loro poi la smettono, Curcio e gli altri capiscono che la storia è finita. Una figura mi viene di continuo in mente e cioè che come gruppi, fino anche a livello nazionale, abbiamo scatenato, abbiamo fatto apparire talmente tanti divenire rivoluzionari, tante soggettivazioni, che poi per fortuna è stato impossibile rinchiuderli dentro una forma-partito, che invece si è sempre fatta, nella nostra tradizione rivoluzionaria, attorno a un soggetto egemonico che è quello operaio, che però non conteneva più in sé tutte le istanze, tutte le forze, tutte le energie che come gruppi avevamo scatenato. E da lì poi inizierà la nostra storia nuova dove i divenire rivoluzionari passano attraverso altre cose: purtroppo in questo momento passano attraverso poche cose, questo è il punto duro, però insomma è diventata un'altra realtà.


Negli anni passati si è sviluppato un grosso dibattito attorno al cosiddetto postfordismo, da alcuni visto come una svolta epocale: tu come analizzi il processo di sviluppo e innovazione del sistema capitalistico? Dall'altra parte c'è il nodo della classe: c'è che ritiene che di classe non si possa più parlare, c'è chi ne vede una costante frammentazione o polverizzazione, c'è chi usa il termine moltitudine. Tu cosa ne pensi?

Le classi esistono sempre, solo che secondo me hanno tante componenti, c'è molto di più di prima, però ci sono sempre. Io penso che ci siano due o tre questioni: la questione del postfordismo, le forme con cui il capitale supera se stesso, la frantumazione della classe. Il discorso sulle classi, che si fa un po' risalire a Marx, in realtà appare ed è anche prima di Marx: la rivoluzione francese è il momento in cui il popolo appare come classe e si oppone dapprima ai nobili, al re, a tutta la nobiltà. Poi, quando hanno messo a terra la nobiltà, c'è all'interno della rivoluzione francese l'opposizione tra destra e sinistra, nel senso che ci sono quelli che incominciano a teorizzare la distruzione della proprietà privata e che iniziano a parlare di beni e di cose comuni, che teorizzano di essere una classe di nullatenenti per diventare poi una comunità; e gli altri che si pongono fin da subito come una classe della borghesia, che saranno poi gli imprenditori, quelli che diventeranno i nuovi protagonisti dal punto di vista della proprietà e della storia, mentre i primi diventeranno poi il soggetto protagonista del divenire rivoluzionario della storia.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.