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INTERVISTA A DARIO CORBELLA - 21 FEBBRAIO 2000


Questo perché riuscire oggi, per esempio, a fare un discorso di auto-organizzazione nella piccola fabbrica è quasi impensabile; per cui da una parte vanno bene l'auto-organizzazione, i Cobas piuttosto che altre sigle, però anche questi percorsi non riescono a diventare un momento aggregativo a livello di massa, rimangono comunque patrimonio di piccole e poche avanguardie e non riescono a farsi progettualità di massa. Allora, a quel punto, io personalmente ho scelto di stare comunque all'interno del sindacato confederale perché, quanto meno, mi dà degli strumenti per lavorare nella piccola fabbrica, nella realtà in cui sono, ovviamente con tutte le contraddizioni che questo comporta.


Negli ultimi tempi, ad esempio rispetto a Seattle, si è parlato molto dell'emergere di questa cosiddetta società civile: tu cosa ne pensi?

Da questo punto di vista sono un po' vetero, nel senso che io comunque continuo a pensare che esistano le classi e faccio fatica a misurarmi con terminologie differenti: la società civile non è che non esista, ma mi sembra che sia una mistificazione. Indubbiamente all'interno del movimento di opposizione al Wto c'erano anche componenti di classe significative, anch'io, durante lo svolgimento del vertice, leggevo alcuni articoli su il Manifesto sull'affermarsi, all'interno dei sindacati o comunque della classe operaia americana, di nuovi soggetti immigrati (messicani, centroamericani) che arrivano al nord e lavorano nelle piccole industrie senza diritti e tutele: il sindacato tradizionale americano fa fatica a misurarsi con queste novità e questi nuovi soggetti perché è il sindacato tradunionista della classe operaia americana, per cui garantita. Questo è sicuramente è un aspetto interessante, però è marginale rispetto a quel movimento. D'altra parte, leggendo i giornali e cercando di capire, è pur vero che i sindacati americani sono stati un polo portante del movimento di Seattle, ma forse, tutto sommato, lo sono stati non da un punto di vista progressista e di superamento delle contraddizioni, bensì di difesa e di arroccamento: nel momento in cui il sindacato americano chiede, per esempio, barriere doganali o dazi per difendere la produzione americana, sicuramente non si tratta di un dato positivo, è una posizione protezionista, non di sviluppo.
Non credo che ci siano scorciatoie per il progresso del modo di produzione capitalistico nei paesi in via di sviluppo. Ovviamente è sottoscrivibile, da un punto di vista etico e anche di classe, qualsiasi posizione contro il lavoro minorile o contro il supersfruttamento: però quelli sono i passaggi dell'accumulazione capitalistica. Oggi il capitale va in Albania piuttosto che in Thailandia perché fa lavorare i bambini e fa lavorare in certe condizioni: è giusto opporsi a questo, ma non elevando barriere protezionistiche, bensì sviluppando semmai un movimento di classe antagonista e internazionalista che aiuti la classe operaia e il proletariato di quelle nazioni a lottare contro quei livelli di supersfruttamento. Ipotizzare che dal ricco Occidente si riescano a mettere paletti per impedire questo è, secondo me, abbastanza illusorio, non ci credo molto. Mi sembra che i cicli dello sviluppo capitalistico si stiano ripetendo: negli Stati Uniti nell'800 morivano le operaie perché stavano chiuse a lucchetto nella fabbrica, adesso queste cose succedono in Cina o altrove; nelle manifatture inglesi i bambini lavoravano 10-11 ore al giorno, adesso lavorano in Pakistan per fare i palloni. Da un punto di vista etico e anche di classe, trovo estremamente corretto opporsi a questo, però non certo con posizioni favorevoli alle barriere doganali o a qualcosa del genere, non penso che sia ciò che frenerà l'estendersi del modo di produzione capitalistico; anzi, un po' cinicamente, la sua estensione avvicina quello che Marx analizzava come il momento in cui, diffondendosi il proletariato a livello planetario, maturano anche le condizioni per il superamento del modo di produzione capitalistico e per un passaggio a un modo di produzione superiore, che sarà quello del comunismo.

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