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INTERVISTA A DARIO CORBELLA - 21 FEBBRAIO 2000


La mia rilettura personale di quel periodo è, tutto sommato, quella di un movimento molto ricco di volontà, ma profondamente segnato dall'estremismo. Lo slogan che potrebbe riassumere quel periodo, almeno per come l'ho vissuto io, è "Vogliamo tutto e subito", cioè un credere che fossero maturi i tempi di un processo rivoluzionario che invece era, visto con il senno di poi, abbastanza impensabile. Sia in me stesso sia in moltissimi altri compagni che ho conosciuto, anche negli anni successivi e in carcere, il limite grosso che ho riscontrato è stato di elaborazione teorica. C'era moltissima disponibilità, energia e voglia di fare, ma c'era poca preparazione e capacità di analisi: c'era una scissione molto grossa tra l'elaborazione teorica, ad esempio, di un Toni Negri, di un Piperno o degli altri che scrivevano su riviste, e la capacità poi di concretizzare nell'intervento politico, nel giorno per giorno. Questo vale pure per quanto riguarda delle intuizioni che magari erano anche corrette, come, ad esempio, il passaggio tra l'operaio-massa e l'operaio sociale: non avevamo la preparazione teorica, e anche politica, per metterle in pratica. Secondo me, un altro grosso limite e problema che abbiamo avuto negli anni '70 è stato quello di pensare che quelle che erano delle intuizioni teoriche di medio e lungo periodo potessero vivere nel presente. Ad esempio, noi, probabilmente, pensavamo che l'intuizione dell'operaio sociale come figura ricompositiva fosse una realtà, mentre invece si trattava chiaramente di un soggetto che avrebbe potuto porsi al centro della scena della ricomposizione di classe solo nel lungo periodo: si trattava di una tendenza, invece noi ci aspettavamo che i tempi fossero più rapidi. Mi ha colpito e mi ha fatto molto riflettere un libro-intervista a Mario Moretti, in cui spiega la genesi delle Brigate Rosse come un'ultima spiaggia. Lui, parlando dell'esperienza del gruppo della Sit-Siemens, collettivi operai e Cub, dice che a un certo punto si erano resi conto che si stava chiudendo un ciclo, le grosse lotte degli anni '60 si stavano esaurendo; quindi, sostiene Moretti, o riuscivano a dare un peso politico a quelle vittorie, oppure ci sarebbe stato il riflusso. Ripensandoci con il senno di poi, è drammatico pensare che un movimento rivoluzionario si fondi non su un momento espansivo e di attacco, ma su un momento in cui la classe si sta rinchiudendo in se stessa. Comunque, Moretti ammette questo limite e secondo me è abbastanza vero: io soggettivamente, ma anche altri compagni della nostra area, non avevamo questa percezione. Però è vero che nel '78, quando ci fu, da parte delle Brigate Rosse, l'operazione Moro, ci rendevamo conto che, da una parte, eravamo ad un punto di non ritorno e, dall'altra, anche in una grossa crisi che non sapevamo come affrontare. Per esempio, a Milano molti compagni scelsero la lotta armata come scorciatoia, senza una grossa progettualità, per cui ci fu tutta la proliferazione di sigle, piccoli gruppi, magari anche di quartiere, e di compagni che iniziarono a fare azioni armate, senza una progettualità che potesse ricomporli. Noi non riuscimmo a far fronte a questa situazione, proprio per mancanza, come dicevo prima, di capacità di analisi politica e, probabilmente, anche di radicamento. I compagni che erano più radicati vennero via dalla fabbrica e scelsero strade che poi si sono rivelate delle scorciatoie che non portavano da nessuna parte. Secondo me, il nostro grosso limite è dunque stato quello di aver tentato di risolvere una situazione di tendenziale chiusura di una fase politica con l'entusiasmo giovanile, ma senza essere supportati da una preparazione politica e teorica che ci permettesse di farlo. Alla fine degli anni '70 le ultime riflessioni teoriche, nell'area milanese ma anche in provincia, erano sul fatto che non riuscivamo a radicare un intervento.


Questi limiti li vedi legati al fatto che, oggettivamente, gli eventi e le situazioni in quegli anni si sono susseguiti in modo molto rapido, oppure ad una vostra mancanza soggettiva?

In parte tali limiti vanno imputati anche al fatto che furono determinati da altre cose. Bisogna intanto dire che una grossa differenza tra l'area dell'Autonomia Operaia e i gruppi combattenti come le Brigate Rosse stava nella visione della violenza e dell'uso della forza: per noi era uno strumento, una scelta tattica a cui magari si era anche costretti dalla realtà dei fatti; le BR avevano invece, come discriminante, l'uso della lotta armata come scelta strategica. Tanto è vero che la loro politica ne era poi determinata, arrivando ad un'estremizzazione, in quanto l'importante era la scelta strategica, che era quella della lotta armata.

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