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INTERVISTA A DARIO CORBELLA - 28 MARZO 2000


Da quel punto di vista io credo che il capitale stesso nel suo estendere il modo di produzione a tutto il mondo e estendere il suo sfruttamento su tutta la società, su tutti i momenti della vita sociale (dalla produzione di beni e di merci alla riproduzione), porti a emergere anche le contraddizioni. Non è la soggettività d'avanguardia che deve fare emergere le contraddizioni, perché esse emergono automaticamente. Il problema dell'avanguardia di classe è quello di indirizzare le risposte del proletariato a fronte delle contraddizioni che emergono, ma non è nostro compito educare piuttosto che contrastare le dinamiche del capitale: esse sono quelle che sono, il capitale stesso porta a galla le proprie contraddizioni e il compito dell'avanguardia è quello di saperle sfruttare nel modo migliore.


Le contraddizioni portate dal capitale e dal suo sviluppo creano molte volte dei conflitti che però non sono antagonisti rispetto al sistema capitalistico: non rientrano dunque in un processo di lotta di classe, di alterità rispetto al capitale, ma sono per lo più frutto di un bisogno, da parte di individui o di gruppi, di ottenere determinati privilegi o forme di potere totalmente inserite nelle logiche funzionali proprie di questo sistema.

Indubbiamente, soprattutto all'interno delle metropoli imperialiste, il capitale ha dei grossi margini per poter corrompere il proletariato. Ieri stavo leggendo un articolo da una parte sulla ripresa della sindacalizzazione negli Stati Uniti d'America e dall'altra sugli effetti della fusione tra gruppi nel campo dell'automobile. La fusione tra Daymler Benz e Chrysler ha portato il fatto che adesso il centro direzionale è a Stoccarda, per cui i sindacalisti americani devono andare lì a discutere con i dirigenti. L'articolo riportava le parole di un sindacalista che diceva che è difficile sindacalizzare una classe operaia che lavora alla Mercedes (non mi ricordo di quale stato degli Stati Uniti stesse parlando), in quanto è difficile sindacalizzare un operaio che va tutte le mattine in fabbrica in Mercedes. E' ovvio che il capitale ha dei grossi margini. Guardiamo, per esempio, il ciclo di espansione del capitalismo statunitense: sono dieci anni di continua espansione e crescita. Dunque, il capitale ha grossi spazi per corrompere ampi settori di classe: il problema è che, per fare questo, fa esplodere contraddizioni da altre parti. Comunque, l'estensione del modo di produzione capitalistico porta, con velocità differenti, a livellare lo sviluppo capitalistico a livello mondiale, e questo porterà indubbiamente a momenti di crisi: allora, in tali momenti, verrà meno tutta questa possibilità di corrompere ampi settori di classe operaia e di proletariato nella metropoli imperialista; a quel punto esplodono le contraddizioni. Ma le contraddizioni non possono esplodere adesso. L'esempio che facevo prima degli operai della Mercedes è ovviamente un caso specifico, non vale per tutta la classe operaia nordamericana; però, indubbiamente, non è secondo me possibile fare un discorso contro-culturale, per fare capire ai lavoratori della Daymler-Chrysler che ci sono altri modelli culturali. Non si tratta di un problema culturale: loro vivono in quella realtà e vanno a lavorare con la Mercedes, e finché le vacche grasse vanno avanti la loro realtà sarà quella lì. Quando le vacche grasse finiranno, a quel punto ci sarà il problema di quali contraddizioni esploderanno e di come le avanguardie di classe saranno in grado di starci dentro e gestirle nel modo migliore per andare verso il superamento del modo di produzione capitalistico.


E' però vero che i soggetti di classe che hanno espresso le punte avanzate delle lotte non erano deterministicamente quelli che stavano peggio o i più colpiti da un punto di vista unicamente economico.

Questo è vero. Però bisogna secondo me tenere presente che tutto il ciclo degli anni '60 e '70, quello che ha dato vita al '68-'69 e poi alle lotte degli anni '70, è stato un ciclo ancora all'interno dell'espansione del capitalismo, ad esempio in Italia. E' stata una fase del ciclo lungo che è partito nel dopoguerra. E' vero che la soggettività che ha espresso le lotte negli anni '70 non era quella che viveva più direttamente le contraddizioni più pesanti della classe; anzi, per molti aspetti, a livello soggettivo, eravamo anche l'espressione di una piccola borghesia, non tanto del proletariato. Per buona parte era così, si pensi anche a come sono venuti fuori i singoli soggetti: molti uscivano dall'università, da strati sicuramente non marginali del proletariato.

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