>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Percorso di formazione politica e culturale e figure di riferimento
(pag. 1)

> "La paura operaia"
(pag. 8)

> Il nodo dell'organizzazione
(pag. 12)
INTERVISTA AD ALDO BONOMI - 17 OTTOBRE 2000


Non c'è dubbio che quella è stata un'esperienza anche di grande solidarietà, la ricordo come un'esperienza di solidarietà che ha redistribuito reddito e, tra parentesi, ha messo assieme anche più generazioni, perché poi dopo l'esperienza di tecnici dello sviluppo ne facemmo un'altra di agenti di sviluppo in area metropolitana con il progetto Marozia. Quindi, ero andato in Val Chiavenna e alla fine ero tornato a rileggere i processi delle aree metropolitane, perché ad un certo punto facemmo questo programma Marozia di agenti di sviluppo per aree metropolitane con la Regione Lombardia. E ricominciammo ad analizzare la composizione sociale cambiata della metropoli, quindi dentro il discorso degli anni '70 da questo punto di vista e di rivisitazione di questo. Queste furono le grandi operazioni degli anni '80.


A metà degli anni '80 avete fatto anche una ricerca dal titolo "La paura operaia".

Quando noi tornammo a Milano, dentro a questo, ad esempio, facemmo questa ricerca sulla paura operaia, la facemmo io e Lapo sui cassaintegrati dei corsi delle 150 ore e ci accorgemmo come il soggetto si percepiva. Ricordo allora, credo che l'abbia detto anche Lapo, che quello che ci aveva colpito erano queste frasi che dicevano: "Siamo come gli ebrei, ormai siamo nei campi di concentramento". Quindi, questa soggettività radicale che era il soggetto di riferimento degli anni '70 la trovammo completamente distrutta dai processi di ristrutturazione, perché dentro le mura c'era il vuoto e tutti i processi erano fuori dalle mura. Tendenzialmente noi negli anni '90 scoprimmo i distretti industriali, i distretti produttivi, i microsistemi produttivi e poi ci ritrovammo a fare i conti con la paura operaia. Devo dire che maliziosamente io e Lapo ogni tanto ci ricordiamo ancora di una cosa: noi eravamo più malmessi di Gad Lerner, perché questi mi ricordo che allora stava a Radio Popolare, venne da noi, gli demmo la ricerca, gli demmo anche l'idea e scrisse il libro sugli operai Fiat che fu la sua fortuna da cui andò avanti. Ogni tanto quando io e Lapo ci vediamo diciamo sempre: "Ci ha fottuto bene allora Gad, ci ha preso l'idea, ci ha preso la ricerca"; però, allora noi questo potevamo fare, senza nessuna acrimonia, era normale, non ho nulla da dire, Gad Lerner in quel momento era posizionato meglio di noi, lo è ancora oggi da questo punto di vista, è rimasto un amico.
Devo dire a onor del vero che in quegli anni '80 una figura che io ricordo, e mi pare giusto dirlo, non ho nessun problema a dirlo anche se adesso è in Forza Italia, che ebbe un ruolo importante rispetto a questi processi fu Sergio Scalpelli. Questi era allora il direttore della Casa della Cultura di Milano ed era l'unico punto di riferimento che incominciò a dare legittimazione agli esclusi degli anni '70. Fu anche una figura importante di "garantista" in un'epoca in cui il vero problema erano i forcaioli, poi i forcaioli li vedremo dopo come riappaiono ai tempi di Tangentopoli. Quindi, tornammo a Milano e ricominciammo a dialogare con la città, ma l'unico punto di dialogo con la città che avemmo fu questo qua, la Casa della Cultura, diretta allora da Sergio Scalpelli: lì ricordo che potemmo fare dei dibattiti in cui presentavamo le nostre cose, quindi ricominciammo ad avere uno spazio pubblico. Ricominciammo a dialogare con la città e ricominciammo a dialogare anche con la sinistra, diciamolo chiaramente, e non solo: i luoghi erano fondamentalmente due, la Casa della Cultura e la CISL di via Tadino dove era segretario Sandro Antoniazzi. Ricordo allora che organizzai un dibattito con Giuseppe De Rita e Rossanda in cui si ragionò degli anni '70, dei problemi dello sviluppo ecc., ma si ragionò anche dei problemi dei detenuti politici e via dicendo: quella fu un po' la sintesi. Devo dire che un'altra persona che ci seguì con interesse in tutta questa esperienza fu Rossanda: nascono da allora le mie frequentazioni con lei, che fu molto attenta a questo. Rossanda ci seguì da due punti di vista: ci seguì dal punto di vista della solidarietà, nel senso che credo che al di là degli scazzi che io ho con lei (è ormai noto l'abisso che c'è tra me, Revelli e Rossanda sul problema del lavoro, del lavoro autonomo, dibattito ormai chiaro a tutti), però non ci siamo mai scannati perché io ho un grande ricordo di Rossana (ce l'ho ancora) come persona che capì questi processi qua e credo che lei abbia un ricordo di me di una persona che è stata solidale rispetto ai processi. Quindi, c'è un grande rispetto, pur nelle differenze, perché poi lei rimaneva una che secondo me non ha fatto i conti fino in fondo con quelle categorie degli anni '70 con cui io probabilmente li ho fatti; non ha fatto fino in fondo i conti con la socialdemocrazia, oppure diciamo che non ha fatto i conti fino in fondo con il comunismo da questo punto di vista.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.