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INTERVISTA AD ALDO BONOMI - 17 OTTOBRE 2000 |
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Apriti cielo anche lì: il vero problema è che poi oggi come oggi i centri sociali sono tutti imprese ben dialoganti con i poteri, molto di più di quello che magari dialoga l'AASTER, nel senso che essa non ha rapporti politici e istituzionali, ha rapporti di mercato e professionali, ma ne ha molti di meno di quelli che ha un centro sociale. Nessuna critica da questo punto di vista, è una cosa normale, però il vero problema derivava poi da questa esperienza precedente la cultura per poi porre questi problemi che mi pare siano stati posti negli anni '94-'95, non mi ricordo più nemmeno esattamente, anche perché avevamo fatto queste cose dieci anni prima. Il vero problema è che non è che ci abbiamo ragionato tanto intorno teoricamente, l'impresa era innanzitutto la forma di sfangarsi la vita, perché tutti quanti dovevamo lavorare, è oggettivo. Ricordo che la prima ricerca che prese l'AASTER era una ricerca di 20 milioni dalla Provincia di Como e su quei 20 milioni ci stavamo in dieci: ci si rende conto che era ovviamente la spartizione della miseria. Era un contenitore di sopravvivenza in primo luogo, perché dovevamo sopravvivere, erano anni bui in questo Paese, erano anni in cui eri appestato, eri segnato a vita, erano anni difficili se non ti eri pentito o se rispetto al grande dibattito giudiziario te ne stavi anche solo zitto, nel senso che dicevi "va be', c'è stata una grande tragedia collettiva ma dentro alla quale i conti si fanno in altra dimensione, non andando a". Quindi, luogo di sopravvivenza anche economico, se si vuole usiamo pure il termine luogo di mutualismo. Credo di non essere smentito da tutte queste persone perché poi è stato un luogo di mutualismo per ciò che ha potuto fare, nel senso che è stato un luogo di mutualismo che ha dato a Magnaghi appena uscito di galera un posto, poi egli negli anni successivi ha riposizionato la sua posizione e oggi è un barone accademico di Firenze, però in quegli anni aveva bisogno di un luogo in cui potesse ricominciare a parlare e a dire le proprie opinioni. E' stato un luogo di transizione anche per Lapo Berti, credo che nessuno ne parlerà male perché è stato un luogo in cui avevamo la sopravvivenza, quei pochi soldi sono stati garantiti per cui poi arrivi magari all'Antitrust o ti posizioni meglio, in maniera un po' più consolidata: ogni tanto adesso incontro in via Veneto Lapo Berti ben vestito come sono ben vestito io, ma c'è molta dolcezza in questa cosa qui, perché c'è stato un meccanismo di questo genere. E' stato un luogo di sopravvivenza anche più radicale, nel senso che noi abbiamo cercato per quello che potevamo di ospitare qui gente che usciva di galera in quegli anni: insomma, dentro l'AASTER, poi se ne dimenticano, però c'è passata la Besuschio, nel senso che noi l'abbiamo tenuta qua su raccomandazione della Rossanda. Non è stato facile devo dire, perché ovviamente è chiaro che non è che la Besuschio andava in un luogo sconosciuto, la magistratura poi ti chiamava e ti diceva: "Sì, va be', Bonomi, lei non è che ha un'impresa, noi sappiamo chi è lei". Hanno lavorato qua la Besuschio, la Grazia Drena, sono passati anche compagni così, in questo cercando con molta difficoltà di esprimere meccanismi di solidarietà rispetto a quegli anni lì, e l'impresa era un contenitore che dava questa solidarietà. Io non mi pento di queste cose qua, devo dire che sono state scelte giuste comunque. Dunque, uno è stato un luogo di sopravvivenza; due, cosa ben più importante, è stato un grande punto di osservazione. Quali erano i punti di osservazione? Non ne avevi più, non esistevano più i gruppi, non esistevano più le organizzazioni, non esisteva più il partito, entrava in crisi la politica, questa era già entrata in crisi ben prima del crollo del muro di Berlino da questo punto di vista per noi, non c'erano più i giornali, non c'erano più le riviste ecc. Dovevi avere un punto di osservazione, ognuno cercava di farsene uno, in tanti modi, sono gli anni in cui cominciano a fiorire tante microesperienze di osservazione. L'AASTER era certamente un luogo di osservazione, di che cosa? Delle dinamiche sociali, tanto è vero che allora ci lavorava Moroni, ci lavoravano tante persone. Terza cosa, incominciava ad essere anche un luogo un po' più strutturato, ovvio, iniziava anche ad essere un laboratorio di esperienze. Dentro il quale si discuteva moltissimo, perché ricordo che dentro l'AASTER, dentro la forma impresa c'era uno scontro, è inutile dirlo: lo scontro tra la posizione più ambientalista rappresentata da Alberto e la posizione più di sviluppo rappresentata da me, c'era questo dibattito, poi alla fine si è sciolto nel senso che Alberto è andato avanti per la sua strada e io sono rimasto all'AASTER e l'ho portata avanti. Quindi, c'era questo discorso qua, grandi dibattiti, grandi discussioni, comunque quello è stato un contenitore importante che ci ha permesso di attraversare gli anni '80 ed arrivare agli anni '90.
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