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INTERVISTA AD ALDO BONOMI - 17 OTTOBRE 2000 |
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Se si vuole la rete degli anni '90 è poi quella che è il comitato scientifico di Moriana, in cui ci sono Revelli, Carlo Formenti, che è un altro che viene da lì, Enzo Rullani, un altro che si occupa di sviluppo locale del nord-est. Quindi, la rete dei saperi è rimasta dentro questo grande percorso dagli anni '70 in avanti.
Negli anni '90 un'altra delle cose fondamentali su cui l'AASTER è cresciuta è il terreno dello sviluppo locale. Quello che era un discorso apparentemente di minoranza negli anni '80 diventa di notevole rilevanza sia a livello europeo sia a livello italiano. Dal rapporto con la Società per l'Imprenditorialità Giovanile e dal mio lavoro per il CNEL nacque la grande impresa delle Missioni di Sviluppo, costruite in quelle che si possono definire le aree tristi (quelle dell'osso e non della polpa, per usare un'espressione di Rossi Doria), in zone di emarginazione e di degrado (il quartiere Zen di Palermo, per esempio). Erano due gli obiettivi che si ponevano le 16 Missioni di Sviluppo costruite su tutto il territorio: promuovere lo sviluppo locale e favorire l'autoimprenditorialità. Quindi, si può vedere come questi due temi, che sempre hanno accompagnato l'AASTER fin dalla sua nascita, si siano imposti come argomenti grossi e importanti. Da qui venne fuori anche il discorso del Prestito d'Onore: si tratta infatti di una mia idea di cui discussi con Carlo Borgomeo, il quale va citato come una delle figure per me importanti in questi percorsi. Voglio ricordare, infine, l'esperienza dei patti territoriali al CNEL di De Rita, questione di cui oggi mi sembra si possa facilmente verificare l'importanza.
Per chiudere con un bilancio. Si vede che il mio sincretismo biografico è dentro questa cosa qua, è un mix di cultura degli anni '70 rivisitata criticamente negli anni '80 e rivisitata negli anni '90, questo è il percorso. Dopo di che negli anni '90, dirigendo un istituto di ricerca, avendo un punto di osservazione un po' più qualificato, mi posi il problema di comunicare un po' di più perché poi, se c'è una cosa che abbiamo sempre avuto come metodo, le ricerche dell'AASTER le conoscono in pochi, le conosce una rete che ha frequentato questi luoghi e i committenti con cui abbiamo lavorato; allora pensai di aver accumulato un po' di cose da poter dire all'esterno. Scrissi dunque i due libri che sono "Il trionfo della moltitudine" il primo, edito da Bollati Boringhieri, in cui ricominciavo a pensare in forma politica e culturale, mentre prima pensavo solo attraverso quello che facevo tanto per capirci; il secondo è stato "Il capitalismo molecolare", in cui c'erano tutti i percorsi di ricerca che avevo fatto. In più c'è "Il manifesto per lo sviluppo locale" con De Rita, in cui riprendevo il dibattito con Magnaghi. Ciò fino all'ultimo libro, più estremo e che però è contaminato dalla riflessione sul lavoro autonomo, ed è Il distretto del piacere, se uno lo legge capisce benissimo che la sostanza del problema è la forma del lavoro autonomo, poi incardinata in un distretto dell'ipercomunicazione. Dopo che ho scritto "Il capitalismo molecolare", anche qui per onor del vero senza che nessuno mi presentasse, il Corriere della Sera mi chiese se volevo collaborare: dissi di sì, mi ritagliai lo spazio, da cui non mi sono mai mosso, sul Corriere Economia, in cui faccio ogni tanto degli editoriali che riguardano poi i problemi dello sviluppo, della questione sociale ecc. I maligni pensano che, siccome ci scrive De Rita, io sia stato presentato da lui, non è vero, sono stato chiamato da loro dopo il successo de "Il capitalismo molecolare". Devo dire che è dentro questa produzione libresca che a un certo punto si consolidarono i rapporti tra me e Marco Revelli, che poi è entrato nel comitato scientifico di Moriana, e abbiamo cominciato a fare un po' i bibì e i bibò: sono gli anni in cui scrivemmo su Il Manifesto tutti i grandi temi del postfordismo. Però, anche qui i grandi temi del postfordismo precipitano in un altro lavoro dell'AASTER, che è quello che abbiamo fatto per il CNEL ed è il tomo sul postfordismo, che è il convegno fatto a Brescia. Dentro questo discorso di territorio l'altra rete che agganciammo fu quella della Fondazione Micheletti di Pier Paolo Poggio. Tanto è vero che se oggi penso qual è il capitale sociale dell'AASTER, intendendosi per capitale sociale una rete, questa è una rete che parte da Torino dove ci sta Marco, ci sta Alfredo Salsano della Bollati Boringhieri; ad esempio io oggi sono molto più torinese di quanto sia milanese dal punto di vista del riferimento culturale, nel senso che io sono nel comitato scientifico dell'Einaudi, pubblico spesso con la Bollati Boringhieri e discuto molto con Salsano, Revelli, De Luna, questo quadro torinese. In questa rete c'è Milano, dove c'è l'AASTER, quindi Carlo Formenti e gli altri. Devo dire che a Milano con la scomparsa di Moroni io mi sono molto ritirato a vita privata, nel senso che Primo era poi (penso di usare una parola dolce nei suoi confronti e non una parola brutta) anche il mio mediatore sociale rispetto a questo: io lavoravo, facevo ricerche ecc., dopo di che lui mi mediava con le forme di quello che era rimasto dei movimenti, socializzava i materiali dell'AASTER che si trovavano in Calusca.
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