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INTERVISTA A SERGIO BOLOGNA - 21 FEBBRAIO 2001


Tu hai tirato fuori due variabili sicuramente determinanti: una è la teoria e l'altra è la politica. Romano sostiene che l'operaismo si è mosso all'interno di un poligono i cui vertici sono la politica, la cultura, gli operai e l'aspetto generazionale. Di teoria ne è stata costruita tanta, è sicuramente frutto di un laboratorio collettivo di lavoro e anche però di apporti soggettivi che le persone vi hanno portato. Approfondendo questa questione, quali sono stati i tuoi punti di riferimento, i tuoi numi tutelari e i libri che sono stati fondamentali nel tuo percorso?


Il punto di riferimento è solo Marx, non c'è altro. Io ho letto meno filosofia di altri e ho fatto più indagine storica. Però, di numi tutelari o punti di riferimento c'è solo Marx. Lenin pochissimo, tranne quello del periodo precedente il 1905, il Lenin spontaneista. Grandissima figura Lenin, ricordo ancora l'emozione a vederne le spoglie nel Mausoleo della Piazza Rossa. Ma chi ha distrutto la sua opera, chi ha cancellato il suo stile, chi ha sepolto la sua potenza ribelle, eversiva? Il comunismo. Non mi ha dunque attirato il bolscevismo, fin dall'inizio. Mi sembravano molto più importanti i consigli operai degli scritti della Luxemburg, di Liebknecht o dei tanti teorici come Pannekoek, che pure indubbiamente hanno scritto qualcosa di importante. Marx e solo Marx, letto sulla base della storia delle dinamiche di classe. Queste sì sono state determinanti, dentro la storia delle dinamiche di classe c'è una riserva inesauribile di teoria rivoluzionaria. Per il resto ancora e solo Marx, che continuo comunque a considerare un maestro di libertà del pensiero. E' un autore che uno legge tutta una vita. Sono stato capace di lavorare solo su alcuni aspetti minori della teoria marxiana, minori nel senso che Marx non ha dedicato loro un'elaborazione compiuta, penso al discorso sulla moneta, avviato da Primo Maggio sulla spinta del mio saggio sugli articoli della "New York Daily Tribune" del 1857, cose minori, ma non da buttar via; su altre cose hanno lavorato solo gli altri, sulla moneta probabilmente un pezzettino di originalità l'abbiamo data anche noi. In Marx trovi il futuro teorico, se mai ce ne sarà, che valga qualcosa. E' ancora il più moderno pensatore dei moderni.
Per quanto riguarda gli altri due poli, la cultura io la metto dentro la teoria, se per cultura intendiamo Asor Rosa e "Scrittori e popolo", o gli scritti di De Caro, Coldagelli, sulla storia e il pensiero economico: in che senso Romano la scompone?


Lui la mette come vertice di un poligono con cui l'operaismo ha cercato di fare i conti, anche se non è stato poi capace di indicare delle dimensioni che portassero a dei percorsi diversi.

Non poteva neanche farlo, non aveva le risorse umane né le strutture per lavorarci; a quel punto l'operaismo avrebbe dovuto dire "rivediamo le radici metodologiche del pensiero sociologico, rivediamo le radici metodologiche della storiografia ecc.". Noi con Primo Maggio abbiamo affrontato questa prospettiva ambiziosissima, un pezzettino piccolo piccolo di lavoro lo abbiamo fatto, nel tentativo di costruire un approccio operaista alla storiografia: dalla storia come storia di classe alla storiografia come "militanza", dalla storia orale al revisionismo storico, dalla soggettività nella storia al rapporto tra storia e memoria, dall'insegnamento della storia al suo uso pubblico. Più che altro dei carotaggi, ma nessuno ha saputo o voluto continuare. Abbastanza tuttavia da dare spunti sufficienti a chi volesse riprendere in mano la materia.


Della figura di Gaspare De Caro abbiamo chiesto a molti degli intervistati: è una delle persone che è stata dietro ma che comunque ha politicamente elaborato molto ed è stato parecchio critico rispetto a quei percorsi.

Io tra l'altro con Gaspare ho avuto un legame di forte simpatia; non sono mai riuscito a condividere quella sua astiosa avversione verso Tronti. Che lui fosse un personaggio dall'influenza intellettuale superiore alla sua presenza fisica nelle sedi politico-culturali, è un dato di fatto. I rarissimi incontri con lui erano sempre di grande intensità. Il lavoro svolto sul pensiero economico nell'"Enciclopedia Italiana" è di grande spessore.

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