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INTERVISTA A SERGIO BOLOGNA - 21 FEBBRAIO 2001


Ma con quest'ultima batosta ormai la stanchezza era arrivata, l'amarezza era al colmo e ho deciso di chiudere, avendo perduto anche una persona per me importantissima, come Primo Moroni. Però sono convinto che il progetto di LUMHI e il discorso sul lavoro autonomo rappresentano il futuro, prima o dopo qualcuno raccoglierà il testimone e lo porterà avanti. Non come ha cercato di fare Aldo Bonomi, storpiando il discorso del lavoro autonomo, portandolo nelle secche di una chiacchiera senza costrutto, non a caso apprezzata sommamente dagli ambienti politici dei due Poli. Lui ci ha fatto i quattrini, noi - Marco Cabassi, Christian Marazzi, Vittorio De Gara e tanti altri - ci siamo trovati a pagare 50 milioni di debiti di LUMHI, ma tutto sommato non dobbiamo pentircene. Noi abbiamo posto le premesse per il futuro, altri si sono avvoltolati nella melma del sottogoverno.
Ho dimenticato un'esperienza che per me è stata molto importante ed è quella di Sapere, la rivista di critica della scienza diretta da Giulio Maccacaro, con Giovanni Cesareo come caporedattore. Lì ho conosciuto Luigi Mara e il gruppo di Medicina Democratica ma anche scienziati di fama internazionale, critici della scienza, come Hrayr Terzian. Ricordo che il numero contro il nucleare, che si apriva con un saggio scritto da Giovanni Cesareo, Massimo Pinchera e da me, vendette decine di migliaia di copie. Attorno alla rivista si raccolse tutta la vera ecologia italiana, se mai è esistito un movimento ecologico e ambientalista era quello, le battaglie antinucleari, le battaglie contro la nocività in fabbrica. Chi non ricorda il numero su Seveso? Quella è stata un'esperienza ricchissima per me, che tra l'altro si colloca proprio nel periodo in cui si chiude la mia esperienza diretta nei gruppi, e prosegue in parallelo a Primo Maggio. Successivamente, quando Sapere chiude, è ripreso dall'editore e dato in mano a Bernardini, un fisico che difendeva la scelta nucleare, tutto il gruppo redazionale originario se ne va e apre Scienza e Esperienza, io collaboro saltuariamente a quella attività. Maccacaro muore nel '77, Terzian, divenuto rettore di Verona, muore nel '85.
Dunque, tutto sommato è una di quelle classiche storie, la mia, di cui uno dice "rifarei tutto quello che ho fatto". Tutto, tranne quel modo di uscire da Potere Operaio, che secondo me rimane un buco nero: è stato un errore non aver spiegato le ragioni del mio allontanamento. Speculare all'errore di aver voluto fondare un partitino. Ma Potere Operaio è anche una parentesi, dura un anno la mia permanenza nel gruppo, mentre la storia che vi ho raccontato si distende su un periodo di quarant'anni. Potere Operaio non solo non esaurisce l'operaismo ma forse lo tradisce, impiccandosi al piolo del modello tardobolscevico.


Analizzando complessivamente i limiti e le ricchezze dei percorsi di cui hai parlato, quali sono oggi i nodi che rimangono aperti e che vanno ripensati?

Io non posso dare un contributo su una delle parti più complesse, che è ad esempio il rapporto tra Autonomia e lotta armata, da quello veramente sono stato fuori totalmente: sarebbe certo da analizzare il passaggio dai gruppi politicamente organizzati ai gruppi armati, il passaggio da Lotta Continua a Prima Linea o da Potere Operaio a Brigate Rosse, oppure a Proletari Armati e a tutte queste sigle. Questa secondo me rimane una cosa dal punto di vista storico e politico che andrebbe indagata a fondo; probabilmente non si è detto tutto, non si è riusciti ad analizzarla. Secondo me si tratta di un momento chiave, però lì dentro non ci sono mai stato, l'ho visto sempre molto dall'esterno, quindi non riesco a dare un contributo su quello.
Per quanto riguarda il periodo precedente possiamo dividerlo in quattro grandi fasi. C'è innanzitutto il periodo della preparazione, diciamo '56-'67. Nel lungo periodo della preparazione c'erano sì mille limiti, però mi sembra che rispetto alle forze in campo più di così non si poteva fare. C'è stata una produzione forte, intensa e incisiva di teoria, personalmente almeno ritengo che sia stata l'unica produzione di pensiero politico innovativo in questo stramaledetto paese. Allora, quale semmai è stato il limite intrinseco? E' stato il limite di voler continuare a ragionare ancora dentro un'ottica comunista, di considerarsi eredi del movimento comunista. Non si è approfondito abbastanza il fatto che in realtà, e questa era la vera natura di questo movimento, noi rompevamo con la storia del comunismo, pur dichiarandoci marxisti, era davvero la prima rottura, non era una delle tante eresie comuniste come i bordighisti, i trotzkisti, tutti questi qua che avevano rotto con i comunisti dicendo "i veri comunisti siamo noi". I trotzkisti, i bordighisti, i marxisti-leninisti sono sostanzialmente custodi di dottrine formulate negli Anni '20 e '30. I movimenti extraparlamentari tipo Lotta Continua pongono l'accento sull'attivismo, non sulla teoria. Noi siamo stati i soli a credere che era possibile e necessario costruire un pensiero politico nuovo, marxista, senza debiti col comunismo. Ma poi siamo ricaduti nella trappola.

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