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INTERVISTA A SERGIO BOLOGNA - 21 FEBBRAIO 2001


Dopo di che io mi sono tirato da parte completamente per uno o due anni, lavorando soltanto con dei gruppi di base a San Donato Milanese, dove gli studenti-lavoratori di Trento impiegati all'ENI di Metanopoli avevano costituito un circolo operaio, diventando oltre che una struttura di fabbrica una struttura territoriale. Devo dire che è stata una delle esperienze più solide dei comitati di base di quegli anni, perché il comitato di base della Pirelli a un certo punto è sparito, mentre questi qui sono ancora vivi, ancora hanno una struttura di presenza sul territorio dopo tanti anni, molti ormai se ne sono andati dall'azienda, i due o tre che hanno fondato il nucleo originario a San Donato sono ancora lì con un circolo culturale. Allora avevano una presenza in fabbrica consistente, quando dichiaravano sciopero si faceva sciopero davvero, ma avevano anche questa presenza territoriale, hanno cominciato ad affluirvi studenti, gente di realtà vicine. Però, per me non era completamente soddisfacente, avevo bisogno di qualcosa di più, e poi non è che servissi molto, ormai loro avevano una maturità politica tale che potevano fare tutto da soli, la mia era un una presenza storico-simbolica, chiamiamola così.
La collaborazione saltuaria a un comitato non mi poteva bastare. Quindi, nel '73 ho messo in piedi Primo Maggio, che poi è diventato fino a quando è finito un po' l'unico punto di riferimento di una presenza politica. E' stata una rivistina che arrivava comunque a tirare due o tremila copie o anche di più, sembrava niente ma in realtà finiva proprio nei punti giusti, quindi secondo me ha avuto un peso. In carcere per esempio andava moltissimo, un po' anche perché Moroni era il libraio che riforniva di libri quelli che stavano dentro, non so quanti numeri andassero in carcere ma ne andavano veramente tantissimi. Quando poi sono partite le 150 ore, sono stato il primo docente in Italia a fare il corso universitario delle 150 ore a Padova, è stata anche quella un'esperienza non male; abbiamo anche lavorato con Primo nel creare materiali didattici per le 150 ore. Conobbi Primo Moroni tramite Buonfino, percepii immediatamente che si trattava di una persona singolare, con la quale mi sarei trovato a mio agio, un uomo che non apparteneva al ceto intellettuale, un ex ballerino, ma con una sensibilità, una curiosità e una passione per la cultura che ho trovato in poche persone. Primo ha inventato un modo di essere, un sistema di relazioni, purtroppo irripetibili perché solo la sua bizzarra e ricchissima personalità sapeva produrre.
Di quegli anni è anche la collaborazione a Il Manifesto e la collaborazione saltuaria a Lotta Continua diretta da Deaglio, ma non sono sicuro di aver dato il meglio. Forse qualche articolo l'ho azzeccato, forse sono riuscito a mettere in giro prototipi d'immaginario, ma, pur essendo la parte più "pubblica" della mia attività, quella con il maggior numero di lettori, non è quella che nella mia percezione è più in evidenza. Ho sempre avuto la sensazione di rivolgermi ad un pubblico sostanzialmente estraneo, di muovermi in casa d'altri, tant'è che quando, dopo vent'anni, decisi di non scriverci più, da Il Manifesto nessuno si sognò di alzare il telefono per dirmi "grazie, ciao" oppure "perché" oppure "ci dispiace".
Nel '77 ho ripreso un po' di tentativi di analisi e di impostazione teorica, è uscita "La tribù delle talpe". La rivista Primo Maggio aveva seminato moltissimo (la tematica sulla moneta, sugli IWW, sui trasporti - i portuali di Genova - sulla Cassa Integrazione, sulla storia orale, sulla storia tedesca, il postfordismo ecc.). Non so che effetto fa oggi, a rileggerla, o farà tra vent'anni. Ma siamo riusciti a fare una rivista che si distingue dalle altre, c'era stile, c'erano idee o almeno spunti di riflessione. Non era un prodotto ripetitivo. Aveva del sangue, non era lo smorto erudito eloquio di tanta storiografia o sociologia italiana. Era figlia del suo tempo ma anche il modo di stare dentro quel tempo così difficile, complesso e agitato, aveva la sua originalità, la sua dignità. Almeno così a me pare.

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