Ma anche in quel poco che ha scritto è sempre stato attaccato da tutti.
Sì e no, è anche stata una persona che ha goduto di un grande rispetto. Romano è stato molto più attaccato, tanto per dire. Indubbiamente Gaspare ha esercitato autorità, avendo la capacità di aprirti il cervello, di svelarti le cose, un dissacratore formidabile. Malgrado le sue critiche feroci, io per Tronti ho avuto una venerazione per un certo periodo, "Operai e capitale" è stata una pietra miliare nella mia formazione, mi ha aperto la porta di molte stanze marxiane. Ho continuato ad avere un grande rispetto per Tronti anche dopo che lui ha fatto la scelta di entrare nel PCI. Ma non se ne è uscito anche lui disgustato? De Caro e Tronti sono cresciuti insieme a Roma, quindi l'eccesso di certe separazioni si spiega spesso con la condivisione di certe esperienze. Comunque, confermo che De Caro ha avuto un peso, ha continuato a pensare allo stesso modo, ha mantenuto la sua aria beffarda e questa coerenza di stile alla fine paga. Mario Tronti in quel suo tentativo di far entrare nel PCI linguaggi diversi è sembrato troppo spesso un donchisciotte. Ma almeno non si è imbaronito come altri.
Romano sostiene che nell'ambito operaista da una parte si è portata avanti una critica alla figura classica dell'intellettuale organico, visto come portatore di cultura umanistica, dall'altra però non si è riusciti ad andare a fondo e tutto sommato ciò che ne è uscito non si distanziava poi molto dalla figura dell'intellettuale organico e dalla concezione della cultura umanistica. In questo senso l'operaismo si è trovato a fare i conti con il vertice della cultura, senza riuscirci molto o comunque con dei grossi limiti.
Sono d'accordo fino a un certo punto, se è vero che Classe Operaia ha prodotto molti professori universitari e molti intellettuali tradizionali, bisogna riconoscere a Toni Negri che era un professore universitario un po' diverso dagli altri, altrimenti non sarebbe finito in galera. Non si può dimenticare che l'Istituto di Padova era qualcosa che nella storia universitaria italiana non si trova così facilmente, anche nel comportamento agli esami, non era una cosa che succedesse dappertutto che sei docenti dessero il voto politico a tutti. E' finito in galera per qualche ragione o no? Ha ragione Romano quando dice che si sono prodotti dei baroni universitari, però dei baroni anche un po' meno baroni degli altri. Anzi, proprio Toni che aveva usato gli strumenti baronali prima degli altri (era in cattedra credo già alla metà degli anni '60, mentre Tronti e Asor Rosa ci sono andati qualche anno dopo), proprio lui usava l'università in maniera che non possiamo definire tradizionale. A Toni va riconosciuto questo merito, anche il modo di aver messo insieme quell'Istituto, di essere riuscito a imporre certe persone, di aver creato questo gruppo. Toni era veramente uno che rompeva le palle dentro l'istituzione, che non restava zitto, non dimentichiamocele queste cose. Allora, il fatto stesso di diventare docente universitario poteva essere semplicemente una scelta di per sé tradizionale: è vero, però è altrettanto vero che siamo stati professori un po' diversi, un po' particolari, ce ne fossero di professori così nell'università di oggi! Da noi c'era la passione della ricerca, c'era sangue nelle vene, c'era comunicazione con gli studenti. Detto questo, non dimentichiamoci che ciascuno è andato per la sua strada ad un certo momento, elaborando una propria idea di presenza culturale. Il discorso sulle "strutture di servizio" che fu elaborato all'interno della Calusca, tanto per dirne una, e che fu a fondamento del modo in cui Primo Maggio si collocò nella sua epoca, non mi sembra riprodurre lo schema dell'intellettuale organico. Siamo alle solite, questo schema è indissolubilmente legato al concetto di partito come guida, come avanguardia. Se c'è stata subalternità alla figura gramsciana dell'intellettuale organico, lo si deve all'"equivoco comunista" di cui si è parlato poc'anzi.
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