E devo dire che probabilmente alcuni di noi, me compreso, sono confluiti in Potere Operaio perché almeno inizialmente in esso si vedeva la faccia movimentista. Poi dopo anch'io sono arrivato a vivere la fase di stretta organizzativa, il dibattito parossistico sul partito e via dicendo, e credo di avervi anche partecipato, in parte di averlo anche condiviso, cosa di cui mi pento assai. Secondo me il ragionamento sul partito come organizzazione è stato un fattore fortemente regressivo dentro lo sviluppo dei gruppi, soprattutto nel nostro, in Lotta Continua è stato un po' diverso, LC è sempre stata un po' più movimentista anche se ha avuto una fase partitica, anzi quando si sono messi a fare il partito erano quasi più rigidi dei potoppini. Questa problematica del partito che a un certo punto si è imposta, secondo me ha snaturato tutti i geni positivi che erano maturati dentro questa esperienza. Io continuo a pensare che di questa esperienza (sia la nostra, sia quella di Lotta Continua, sia quella anche di altri organismi che in quel periodo nacquero) la parte movimentista era quella più interessante, quella più sana, quella più innovativa: era lì che bisognava probabilmente lavorare per capire come far crescere verso forme politiche nuove, invece con l'imposizione della problematica del partito gli si impose un andamento regressivo in qualche modo. Io non so se avrebbero potuto esserci altri sviluppi, ma sicuramente in questa maniera questi sviluppi furono bloccati. Ci mettemmo a scimmiottare i grandi partiti, tutt'al più facendo la faccia un po' più feroce, facendo un po' più rumore degli altri. Il '68 anche in Italia ha rappresentato una grande innovazione, però in parte andava ad agganciarsi e a innestarsi su cose che già esistevano, cose molto minoritarie, che non avevano carattere di massa, però c'erano: quindi, probabilmente era quella la fecondazione che sarebbe stata utile che si sviluppasse e andasse avanti, il cortocircuito con la tematica dell'organizzazione secondo me ha castrato tutto questo. Ciò, coniugato con quello che dicevo prima, cioè quello che secondo me è un orizzonte politico eccessivamente ristretto, coartato, ha fatto il resto. Non c'è stata la possibilità appunto di procedere verso elaborazioni di idee politiche diverse, forse avrebbero potuto nascere se ti confrontavi con i problemi della libertà, della democrazia, sulle esperienze storiche di queste problematiche, sia in campo capitalistico sia in quello che allora era il campo socialista (poi si è capito che non lo era, era capitalistico anche quello). Insomma, secondo me c'è ancora un interrogativo, poi la storia non si fa con i se, però lì c'è stato uno snodo e resta interessante l'interrogativo di cosa sarebbe potuto succedere se invece di andare lì magari si andava di là: questo non ce lo dirà più nessuno, anche perché sono irripetibili quelle esperienze, non credo che ci siano le condizioni perché si ripeta qualcosa di simile.
Quali sono i suoi cosiddetti numi tutelari, ossia figure e autori di riferimento che hanno avuto un particolare peso nei suoi percorsi?
Marx indubbiamente, me lo sono letto e studiato in italiano, in tedesco, in francese, in tutti i modi possibili e immaginabili. Credo di aver avuto (perché ora un po' di cose sono dimenticate) una conoscenza di Marx molto approfondita e di essermi anche immedesimato con molto del lavoro fatto da lui, con la sua esperienza, già dalla sua lettura del capitalismo e così via. Quindi, sicuramente è un autore che ha pesato tantissimo anche se poi, forse proprio per questa indigestione giovanile, ho passato anni non leggendo più nulla di Marx, adesso ogni tanto mi vado a riprendere qualcosa ma non ho più utilizzato esplicitamente materiali marxiani. Poi Husserl per me è stato importante: è stata importante quella lettura che feci con Paci, poi me lo sono letto anche per conto mio in parte, ci sono ritornato molto di recente. Però quella lettura fatta con Paci de "Le meditazioni cartesiane" per me è stata molto importante dal punto di vista della costruzione di un atteggiamento mentale, di un modo di affrontare le cose, arriverei a dire (forse esagerando un pochino) di uno stile di vita. Questo accento posto da Husserl sull'esigenza di ritornare alle cose, ripartire dalle cose per fondare una scienza analitica è un pensiero che non mi ha mai abbandonato. Quindi, sicuramente Husserl, e dunque in questo senso il suo interprete italiano, Paci, che era persona di notevole fascino. Poi un autore che ho usato molto, ho letto molto, su cui ho lavorato parecchio è Schumpeter, che come economista non marxista è la persona che ha capito di più del capitalismo in assoluto, è insuperato, nonostante abbia scritto tutte le sue cose più importanti nei primi quarant'anni del secolo.
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