|
INTERVISTA A LAPO BERTI - 12 LUGLIO 2000 |
|
|
Quindi, questo è il motivo per cui è finita. Il motivo positivo, l'ho già detto, secondo me è fondamentalmente di apertura: io venivo da una fase, che poi per molti di noi è anche continuata, in cui la nostra cultura era fatta di Marx più Marx quelli bravi, altrimenti quelli un po' meno bravi avevano una cultura che era fatta di commentatori di Marx, divulgatori di Marx ecc., anche un po' di Mao Tse-tung e di Lenin; quindi l'impatto con Classe Operaia, dentro alla quale per le soggettività che ne facevano parte viaggiavano, anche se un po' sotteraneamente, filoni culturali diversi e che comunque si traducevano in ogni caso in una lettura del marxismo e della vicenda del movimento operaio diversa da quella dominante, questo comunque ebbe un effetto di apertura positivo. Dopo di che si poneva il problema di andare oltre e secondo me, in quel caso se vuoi è di nuovo una lettura parziale che io faccio anche di quello che è successo dopo, si trattava di andare oltre e recuperare una capacità di coniugare un'analisi critica del marxismo e dell'esperienza del movimento operaio con le più importanti correnti culturali anche più lontane dal marxismo. Noi eravamo troppo abituati (e questa è un'autocritica sia personale sia collettiva che faccio) a vivere dentro il giardino del marxismo senza guardare di fuori: questo tra l'altro ha avuto secondo me come conseguenza, probabilmente da giudicare nefasta, il fatto che poi quando è venuta meno la capacità di tenuta, di attrazione di questo modello, di questo mondo chiuso sulla dottrina più o meno articolata, più o meno rozza, più o meno ortodossa del marxismo, quando questo vincolo è venuto meno c'è stata un'esplosione in cui ci sono quelli che sono andati con Luhmann, quelli che sono andati con Foucault e mille altri diversi, salvo alcuni casi personali ovviamente, ma come elaborazione collettiva tutto c'è stato tranne che un confronto aperto tra queste culture che portasse a una maturazione. Io credo di poter dire che molti di noi, quando hanno mollato (e uso proprio questo termine) il marxismo, si sono lasciati catturare da altre culture, da altri orientamenti filosofici, economici ecc.; non si sono posti fino in fondo il problema invece di metabolizzare i motivi per cui il marxismo, almeno nella forma in cui era stato recepito e vissuto, non era più sufficiente, e i motivi per cui c'era bisogno di confrontarsi e anche di attingere da altre culture. Forse come corollario di quello che dicevo prima (anche se a questo ripeto ci sono arrivato un po' tardi) c'è la limitatezza dell'orizzonte politico che secondo me non ci ha mai portato a fare i conti fino in fondo con le dottrine politiche dominanti, altre (il repubblicanesimo, la democrazia ecc.) e l'elaborazione su queste problematiche: per noi quando si parlava di democrazia o era la democrazia socialista o era l'imbroglio borghese, non siamo mai andati molto al di là di questo tipo di elaborazione (sempre con qualche eccezione di alcuni che personalmente magari avevano fatto degli approfondimenti), ma mi sembra che questa cosa non sia mai diventata patrimonio collettivo. Questa è secondo me una cosa che ha avuto effetti devastanti per tutti quanti, mica solo per noi (per la sinistra alternativa, l'altra sinistra o comunque la vogliamo chiamare) ma per l'intera sinistra: secondo me è un problema tuttora irrisolto per l'intera sinistra, nonostante la quantità di sproloqui che sono stati fatti negli ultimi anni anche a sinistra sulla democrazia, il liberalismo e quant'altro. Questi sono alcuni elementi di giudizio politico, molto all'ingrosso e sommari, che mi vengono da fare sull'esperienza nel suo complesso. Secondo me è quello che proprio ci è mancato nelle diverse fasi, e il difetto è stato crescente man mano che si andava avanti, perché questo difetto forse in Classe Operaia era minore, è stato molto più pesante e ha avuto effetti molto più devastanti via via che si andava avanti, quando si è assunta la dimensione di movimento, si è preteso di fare discorsi politici di carattere generale e addirittura suggerire modelli di società: aver perseguito questo senza essersi confrontati con queste problematiche è una roba devastante. E' un campo ancora da arare, è ancora tutto da fare. Per me è diventata un po' una fissa, tra l'altro ci sto scrivendo sopra una cosa, anche visto il luogo in cui abito e le cose di cui mi occupo quotidianamente: occupandomi di concorrenza e mercati, di economia concorrenziale, del ruolo dei monopoli, dello Stato, del rapporto tra Stato e economia ecc., queste problematiche sono costrette ad affrontarle quotidianamente, e mi rendo conto quanto siamo indietro. Ci muoviamo ancora (se così posso dire, parlo della sinistra che è quella che interessa di più ovviamente) tra una sinistra che o si rifiuta, mette mano alla pistola appena sente nominare certi termini e nella migliore delle ipotesi per parlare di queste cose rifrigge tematiche e stereotipi che proprio non reggono in alcun modo, oppure un'altra sinistra che invece cala le brache in maniera vergognosa e diventa più liberista dei liberisti, senza sapere neanche che cos'è il liberismo.
|
1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6
- 7 - 8 - 9 - 10 - 11
- 12 - 13 - 14 - 15 - 16
|
|