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INTERVISTA A LAPO BERTI - 12 LUGLIO 2000


Cominciammo a lavorare su questo, facemmo una prima esperienza in comune ancora prima di fondare quella che fondammo come una società, e credo che tale esperienza sia stata molto importante per tutti e due sia dal punto di vista della ricerca che dal punto di vista politico, anche se poi i contenuti praticamente ci furono scippati dall'attuale direttore del TG1: era una ricerca sugli operai, non è mai stata pubblicata, noi la chiamammo "la paura operaia". La facemmo tra i cassaintegrati, con un metodo che era anche quello credo abbastanza innovativo dal punto di vista della metodologia della ricerca, che era certo non rigorosa e noi non l'avevamo ancora perfezionata. Tramite il sindacato (era la CISL) che ci era servito un po' ad aprirci le porte per accedere a questi ambienti, organizzavamo in varie sedi riunioni a cui partecipavano quindici, venti, trenta cassintegrati: noi facevamo loro un'introduzione in cui sviluppavamo un'analisi abbastanza brutale della situazione socio-politica, dalla quale in linea di massima emergeva perché loro si trovavano cassintegrati e perché avevano poca speranza di uscirne, aprendo poi il dibattito per vedere come reagivano. Non era una provocazione in senso negativo, lo era in senso positivo, era il tentativo da un lato di fornire loro una visione razionalizzante della situazione in cui erano venuti a trovarsi, e dall'altra di costringerli un pochino a ragionare su un futuro che, almeno secondo noi, non poteva essere certo quello di un ritorno al passato, e sulla base di questo poi vedevamo le reazioni, si apriva la discussione. Insomma, ne succedevano di tutti i colori, con Aldo ricorderemo finché campiamo quell'operaio che un giorno se ne uscì dicendo che per loro era come Matausen, mancava solo la soluzione finale. Depositammo questa cosa in uno scritto che poi appunto non è mai stato pubblicato, non so se Aldo poi l'abbia recuperato o in qualche modo utilizzato, ma comunque non l'abbiamo mai pubblicato. Dopo di che abbiamo appunto fondato questa società, che ha ovviamente avuto una vita stentatissima per un po'; poi quando ha cominciato a funzionare, come spesso avviene, sono cominciate a emergere anche divergenze nell'impostazione e nella gestione della cosa, o forse quello era un pollaio piccolo e sicuramente due galli, come potevamo essere Aldo e io, non ci stavamo, quindi si sono create tensioni, abbiamo litigato e io ho deciso di andarmene via. Direi che il dissenso verteva fondamentalmente anche sulla metodologia della ricerca, il che è stata la salvezza e la fortuna dell'Aaster ovviamente dal punto di vista della crescita economica e quant'altro, ma lui a mio modo di vedere si era legato un po' troppo al Censis di De Rita, mutuandone linguaggio, problematiche e via dicendo, quindi tra l'altro sbilanciandosi molto di più di quello che io ritenevo utile sul sociale; a me sembrava che fosse molto importante più un'analisi economica, e soprattutto ci si sbilanciava sul sociale con una strumentazione che io non condividevo. Non mi piaceva quel modo impressionistico di fare ricerca nel sociale che è tipico del Censis di De Rita, dove finché c'è un grande affabulatore come lui, uno molto intelligente, ancora ancora riesce ogni tanto a indovinarne qualcuna, ma quando non c'è quello devi fare o come Aldo, che ha provato a imitare fino in fondo De Rita (e secondo me c'è riuscito abbastanza bene), o altrimenti devi seguire altre strade.
Io mi sono separato dall'Aaster, quindi ormai qui siamo agli anni '90, e per un po' ho provato a fare il free-lance come si dice, a lavorare da solo sempre nel campo della ricerca economica perché la mia specializzazione è quella, facendo formazione, qualche contratto all'università ecc. Però, devo dire che era un periodo in cui era particolarmente difficile fare questo lavoro, finché non è capitata l'occasione di venire qua, e questa occasione è capitata fino a un certo punto, non è cioè piovuta dal cielo. Alla fine degli anni '80, tramite alcuni amici che giravano anche nel seminario di teoria monetaria di Graziani, mi ero avvicinato al centro studi del PCI, il Cespe, e lì era nato un progetto di ricerca nel cui ambito io mi ero occupato di due cose: una era la problematica delle privatizzazioni e l'altra era quella dell'antitrust, questo prima che l'Antitrust esistesse e prima che venisse varata la legge, anzi mi ricordo benissimo che conclusi questo saggio sull'antitrust nel settembre del '90 mentre in parlamento veniva appunto approvata la legge sulla concorrenza in Italia. Quindi, questi due lavori erano, almeno a sinistra, abbastanza pionieristici (perché non credo che a quell'epoca nessuno si fosse occupato di queste problematiche), ed erano poi, un po' com'è il mio costume intellettuale, un tentativo di ragionarci sopra senza fare ricorso a stereotipi ma cercando di capire i fenomeni in sé, quello che significavano e di elaborare poi su questa base un punto di vista.

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