Parlo per me, ma credo di poter parlare anche per altri, il fascino intellettuale che esercitava in quella fase Tronti non lo esercitava nessun altro all'interno del gruppo, quindi le discussioni, le idee, gli orientamenti, il materiale intellettuale su cui si lavorava era in buona parte quello che proveniva dagli scritti e dai discorsi di Tronti che venivano commentati e discussi ogni volta che ci ritrovavamo per conto nostro; quando uscì "Operai e capitale" naturalmente fu oggetto di lunghi e accesi seminari che si tennero nel nostro gruppo di Firenze, fu studiato come un classico. Insomma, ci appropriammo un po' tutti quanti di questo orientamento che Tronti proponeva con Classe Operaia e con il libro "Operai e capitale", quindi l'idea del rovesciamento di prospettiva e tutte le cose che è inutile andare a ricostruire, sono già state abbondantemente ricostruite e possono essere oggetto di studio, ma sarebbe assurdo farne l'oggetto di un racconto. Quello che io posso dire è l'impressione intellettuale che faceva la lettura di questi lavori di Tronti e la discussione che si svolgeva all'interno di Classe Operaia, in buona parte appunto guidata da interventi e relazioni di Mario: era l'idea di essere finalmente approdati a possedere degli strumenti intellettuali innovativi e che consentivano di guardare in maniera operativa la realtà sociale e politica del paese in quel momento. Avevamo un po' tutti l'idea di avere in mano uno strumento che funzionava, finalmente un qualcosa che non erano solo arzigogolature cartacee, ma un potente strumento di analisi della realtà sociale e che consentiva anche di enucleare una posizione politica chiaramente visibile, trasparente. Questo era un po', credo, il fattore che suscitò anche entusiasmo nell'adesione di molti di noi a quell'esperienza; si tenga presente che io allora avevo 22-23 anni, altri più o meno la stessa età, poi c'era una fascia un po' più esperta, Tronti deve avere un quattro o cinque più di noi, che però allora contavano. L'elemento di focalizzazione intellettuale fu quello.
Quindi, la mia esperienza politica nasce proprio all'insegna dell'operaismo puro, perché non c'era sedimentata una cultura politica talmente solida dalla passata esperienza con cui dovessi fare i conti più di tanto: mi sono appropriato di quella cultura e quella per molto tempo è stata la mia cultura politica, la base su cui poi si è evoluta la mia ricerca, il mio orientamento e anche i miei comportamenti. Un aspetto molto rivelante, almeno per me ma anche per il gruppo fiorentino che faceva parte di Classe Operaia, era che noi fin da subito tentammo (in maniera forse un po' troppo meccanica, ma quelle sono cose che si capiscono dopo, quando si diventa più grandi, più vecchi) di tradurre in intervento politico le elaborazioni. E mi ricordo questa cosa che ora col senno di poi mi sembra terrificante: facevamo un lavoro militante, intanto di diffusione del giornale, un tentativo di intervento in alcune lotte operaie tramite volantini firmati Classe Operaia. E ciò veniva fatto, facendosi un mazzo terrificante, in tutta la Toscana, perché se è vero che tra Firenze e Prato c'erano alcune concentrazioni operaie (in particolare la metalmeccanica e il tessile, però questo già era un'altra cosa perché non era fatto, salvo pochi casi, di grandi industrie), poi le grandi industrie erano nel resto della Toscana, a Piombino le acciaierie, a Rosignano la chimica, a Pisa la Piaggio ecc. Quindi, noi quando partivamo ci facevamo giornate intere in giro per tutta la Toscana a vendere il giornale, la cosa terrificante era che qualcuno lo comprava, mi sarebbe piaciuto sapere perché poi con molti di questi non siamo mai riusciti a instaurare rapporti diretti, salvo il fatto che ormai dopo un po' ci riconoscevano, quando ci vedevano arrivare ai cancelli delle fabbriche dicevano "ah, ecco quelli del gatto selvaggio", perché era quello poi il momento che aveva reso un po' famosa la sigla. Comunque questa esperienza, che vista con il senno di poi mi sembra di un'ingenuità e anche di una rozzezza politica stratosferica, dal punto di vista dell'esperienza soggettiva nostra fu sicuramente di grande importanza, perché intanto ci fece vedere le fabbriche davvero, anche proprio come strutture, ci fece vedere gli operai, ci fece capire parecchie cose su come si muovevano, cosa erano le lotte, ci consentì di entrare un pochino dentro, anche se rimanendo fondamentalmente esterni, salvo qualche raro interlocutore che avevamo in ciascuna di queste fabbriche. In ognuna di queste c'erano uno o due punti di riferimento con i quali ti ritrovavi quando si trattava di fare il volantino, per capire qual era il taglio, la parola d'ordine più significativa, che poteva meglio raccogliere il clima del momento ecc.; però, insomma erano rapporti molto blandi, però a noi hanno fatto capire parecchie cose.
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