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INTERVISTA A LAPO BERTI - 12 LUGLIO 2000


Noi in un certo senso un pochino proviamo a fare questo, però appunto lo si prova a fare in Italia, in un contesto che è quello italiano, con un personale che è quello italiano, e questo dice tutto. Però, la partita che è in ballo è questa, cioè è una partita in cui un organismo come questo, che è sicuramente un corpo estraneo nel tessuto economico e politico del nostro paese, in qualche modo per forza è veicolo di un'innovazione nelle regole del gioco economico: per forza perché ormai ce lo impone la Comunità Europea, il fatto che stiamo dentro a cose più grandi di noi, e noi (questo organismo qua di cui faccio parte) ne siamo in parte veicolo. Quindi, in qualche modo, volenti o nolenti, indipendentemente dalla bravura, dal coraggio o dalle palle che hanno i cinque di cui parlavo in precedenza, delle cose le fai, perché hai una legge che te lo impone; poi si scatenano dinamiche nuove, nel senso che anche nell'economia italiana e in generale nel pubblico si è cominciato a capire che, essendoci una legge nuova che consente di rompere i coglioni a qualcun altro, ci si mette a giocare, cioè ci sono quelli che vengono da noi a dire "guarda che lui fa questo, fa quell'altro": si innesca un processo nuovo che è fondamentalmente di messa in discussione di posizioni di potere date. Questo non vuol dire ovviamente cancellazione delle posizioni di potere, però è di messa in discussione delle posizioni di potere date. Questa cosa, coniugata con altri processi che comunque vanno in quella direzione (e il primo di questi è l'apertura, l'adesione al Mercato Unico Europeo) in pratica ha fatto venire meno quelle barriere che proteggevano una parte sostanziosa del nostro sistema economico, l'ha messo immediatamente in rapporto con tutto il resto. Da qui tra l'altro tutta la sofferenza delle regioni e anche della Padania, io spiego così quel quid di razionale che ci può essere nel bossismo, c'è anche questo, cioè la paura di fronte a questa apertura che improvvisamente si è data rispetto a mercati molto più ampi, a modalità molto più dure di competizione: non è solo questo ma secondo me c'è anche questa componente. Poi ovviamente questa cosa ha devastato il Mezzogiorno, dove si viveva di protezione in tutti i sensi, di lavori fasulli, di soldi erogati in maniera clientelare dagli organi dello Stato.
Secondo me la vicenda dell'Antitrust, quindi l'apertura dei mercati alla concorrenza, è un pezzo di questa vicenda che sta mettendo sotto tensione la realtà economica e politica del nostro paese, in parte riplasmandola: qui dipende da chi gioca e come si gioca e come si pensa di poter giocare per portare avanti processi un po' più in una direzione piuttosto che in un'altra. E da questo punto di vista devo dire che le mie valutazione sono estremamente pessimistiche, perché mi sembra che nessuna delle forze politiche attualmente in campo, nessuna esclusa, ci capisca un cavolo in questa vicenda. Dico proprio nessuna delle forze politiche in Italia, sia quelle per le quali puoi avere qualche simpatia (le mie simpatie ormai sono prossime allo zero) ma anche quelle che consideri ostili: insomma non ce n'è nessuna, neanche voglio dire il buon Berlusconi, che pure dovrebbe essere quello che più trae vantaggio dall'andare in questa direzione, nessuna forza politica ha avuto e ha il coraggio e l'intelligenza politica di puntare anche solo in parte su questi processi di modificazione e di innovazione che vengono avanti; quasi tutte le forze politiche mi sembrano principalmente impegnate a difendere spazi di orticelli precostituiti. La cosa più clamorosa in questo senso, e anche quella che mi dispiace di più perché in fondo lì dentro poi ci stanno le persone a cui posso essere stato più vicino in passato, è Rifondazione sotto questo profilo, che proprio si rifiuta di ragionare su queste cose, dice "no, no, no perché quello è il diavolo e basta": si fanno il segno, cioè si fanno la falce e il martello e così esorcizzano il diavolo. Dal punto di vista dell'analisi è forse più interessante capire perché un Berlusconi non decida questo: spara su tutti, dice "noi siamo liberisti, noi siamo per il mercato, noi siamo per la concorrenza", ma non è assolutamente vero, quelle sono solo le sue sparate pubbliche poi nella sostanza politica non lo è affatto; e non lo è perché probabilmente anche lui realisticamente si è reso conto che le forze e i poteri che tengono il paese vincolato ai vecchi modelli che dicevo prima sono talmente forti che se tu vuoi conquistare la maggioranza ci devi fare i conti, devi cedere a queste forze. E queste sono forze alle quali non puoi dire che togli determinati privilegi, che togli loro certe sicurezze ecc., devi un pochino accarezzarle: in questo Berlusconi è molto simile a forze contrarie alla sua. Più difficile da capire Alleanza Nazionale: se c'è un partito nato e cresciuto statalista mi sembra AN, che oggi quando può spara a favore della concorrenza, "liberalizziamo qua, liberalizziamo là, privatizziamo ecc."; non riesco a capire cosa le sia successo, se lo fanno semplicemente perché cercano di catturare un po' di elettorato che ha un pochino di tradizione liberale, non lo so, non riesco a capire proprio, messe in bocca a loro queste cose fanno proprio effetto. Queste sono un po' di considerazioni.

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