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INTERVISTA A LAPO BERTI - 12 LUGLIO 2000


Ci vorrebbe un discorso lungo (che io spero di fare in questo libretto che sto scrivendo) se effettivamente ha senso coniugare l'esistenza di un regime economico fatto di mercati in cui prevale più o meno la concorrenza perché questo è il sistema economico che meglio garantisce libertà e democrazia, se dunque ha senso argomentare questi nessi, quindi questo sarebbe un discorso lungo. Io mi sono fatto la convinzione che ha senso: certo si deve andare molto lontano per dare un senso a questi nessi, credo che comunque sia importante ragionarci sopra. Dire che effetto fa questo in Italia è tutt'altro discorso ancora. Al di là del fatto che ci sia qualcuno che giudichi positivo innovare le regole del gioco, innovare le modalità con cui funziona il sistema economico andando verso un'apertura dei mercati, un controllo del potere economico, un'abolizione il più possibile dei monopoli, sia quelli pubblici sia quelli privati, qui a parole ormai oggi molti sono a favore di questi cambiamenti, sinistra compresa, tranne le frange, tranne Bertinotti. Se si guarda il panorama delle forze politiche (compresa Alleanza Nazionale e questo è eccezionale) dai DS, passando per gli ex democristiani di varia tendenza e ricollocazione, per arrivare fino a AN, tutti ti dicono che dobbiamo svecchiare il paese, che ci vuole un sistema economico in cui ci deve essere più concorrenza, in cui si deve garantire la competizione, che sono inaccettabili le posizioni di monopolio e così via: lo dicono tutti, su come lo argomentano stendiamo un pietoso velo perché evidentemente queste culture non si improvvisano, invece tutti quanti si sono trovati a improvvisarle negli ultimi 4 o 5 anni, massimo negli ultimi 10, datiamo dal crollo del muro, quindi diciamo 10-11. Quando poi si passa a provare a farle queste cose succede un casino tremendo, perché prendere sul serio questa trasformazione vuol dire incidere profondamente su un sistema di potere economico e politico che ha una storia centenaria. Mi rendo conto che sono cose dette in maniera un po' rozza e uno può dire che è chiaro che i dirigenti democristiani delle partecipazioni statali non sono la stessa cosa dell'autarchia mussoliniana: invece secondo me si può argomentare che c'è una sostanziale continuità più che centenaria (ormai sono quasi 150 anni) nel nostro paese, in cui si è venuto costituendo un sistema di potere economico e politico intrecciato e bloccato (fino a pochissimo tempo fa) su pochissimi centri di comando, di nuovo sia economico che politico. Dico cose ampiamente note, si tratta di alcune posizioni di potere economico, alcune famiglie come ben sappiamo, alcune posizioni di potere nello Stato, e spesso dialoganti e intrecciate tra di loro: lo Stato non ha fatto quasi mai cose che potessero dispiacere ai privati, e i privati viceversa hanno cercato di utilizzare sempre lo Stato. Quindi, questo intreccio c'è sempre stato, poi una delle cose più devastanti della nostra storia è secondo me la totale continuità che c'è sempre stata nelle élite dirigenti, di nuovo in quelle sia dell'economia che della politica, se si va a vedere non possiamo rifarci in trenta secondi la storia dall'unità d'Italia a oggi, ma basta un esempio: la vicenda della grande impresa pubblica che nasce con Mussolini e che chiude ora, non è un caso, l'IRI nasce nel '33 e chiude nel 2000, in una sostanziale continuità di funzioni, di gruppi dirigenti, di uomini (la Banca d'Italia, le grandi famiglie ecc.). Quindi, dire che vogliamo andare verso un sistema aperto, verso un sistema non protetto dallo Stato ecc., vuol dire rompere parecchie posizioni di potere. Questo è un paese in cui (come spesso si dice, i giornali lo riportano e ci ricamano sopra) ci sono x leggi, perché nessuno sa quante sono effettivamente, si parla qualche volta di più di centomila quando in Francia o in Germania sono tre o quattromila: ma perché? Perché buona parte di queste leggi, se le si va a vedere, sono leggi che non sono state fatte dallo Stato: sì certo formalmente le fa il Parlamento, o il Re prima, però di fatto sono fatte da gruppi di pressione che con queste leggi tentano di garantirsi posizioni di privilegio, che vanno da quelle più piccole a quelle più grandi (esenzioni da questo, facilitazioni su quest'altro e così via). E qui si può modulare quanto pare, andiamo dalle migliaia di miliardi delle sovvenzioni pubbliche all'industria privata, o parliamo dei modi con cui gli ordini professionali si organizzano per suddividersi il mercato tra di loro e impedire che aumenti il numero dei notai piuttosto che dei geometri fino ai farmacisti. Insomma, come ti muovi in Italia c'è una legge che tutela e protegge il privilegio di qualche gruppo che nel corso del tempo è riuscito a quotarsi al mercato della politica, a portare a casa un privilegio e a non farselo più togliere: quando tu provi a toglierglieli starnazzano come dannati.

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