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INTERVISTA A LAPO BERTI - 12 LUGLIO 2000


Questi stanno su un palchetto bene in vista in alto, poi bisogna scendere di molto per trovare altre persone. Indubbiamente, lo dicevo prima, per me è stata importante l'esperienza del rapporto con Tronti, ma in quel contesto, poi con Mario dove è andato non ci siamo praticamente più visti; l'ho rivisto di recente, ho letto qualche cosa di suo, soprattutto i suoi lavori sul pensiero politico inglese che ho trovato interessanti e utili anche perché ci sono cose a cui sono ritornato anch'io. Sicuramente una persona importante, anche proprio sul piano della vita, che mi ha aiutato, è stato Graziani: questi è una persona alla cui libertà mentale devo certamente molto, perché lui ha avuto il coraggio di introdurmi in un ambiente accademico, di darmi una legittimazione che nessun altro mi avrebbe dato, quindi ha facilitato di molto il mio lavoro. Poi Graziani ora è un po' irrigidito, ma è una persona di grande intelligenza, di grande cultura, è veramente una persona stimolante. Però non è nel pantheon, è una persona, un amico poco più vecchio di me che per me ha avuto un ruolo importante. Autori poi se ne possono citare tanti, però mi colpisce la domanda, non mi ero mai posto il problema: in realtà mi vengono da enumerare poche persone e pochi autori in prima battuta, forse ho letto troppo in vita mia, bisogna leggere meno!


Qual è il funzionamento di questa azienda in cui lavora? Come vede, da questa angolazione, lo sviluppo di tutta una serie di processi capitalistici?

Questo qui è un punto di osservazione interessante per tante ragioni. Intanto perché si parla di una cosa di cui in Italia non si è mai parlato, cioè la concorrenza: da quando sto qua dentro quello stimolo di ragionare su cos'è questa cavolo di concorrenza, perché in Italia si è arrivati nel '90 a fare una legge sulla concorrenza e mettere in piedi una struttura, un'amministrazione pubblica che ha il compito di farla rispettare, mi ha portato anche a rileggere un po' tutta la storia italiana. Questo è un paese in cui, per quanto abbia avuto sempre forti correnti liberali, almeno a livello di potere, abbia avuto industriali che hanno sempre starnazzato "evviva la concorrenza, evviva il capitalismo della concorrenza ecc.", poi tutto quello che è stato fatto è esattamente il contrario. E' un paese in cui si sono costruiti monopoli pubblici e privati a tutto spiano; i privati fin dalle origini, fin dalla nascita dello Stato italiano hanno sempre fatto di tutto per non dover affrontare la concorrenza e per ottenere la protezione dello Stato, tutt'oggi piangono quando questa protezione viene meno. Quindi, questo è un paese che ha elaborato nel suo Dna economico-politico un sostanziale rifiuto di tutto ciò che è mercato, competizione, concorrenza: non stiamo ancora dicendo che questo è un bene o un male, stiamo semplicemente rilevando un fatto. In ciò è sorretto dalle due culture dominanti: la cultura cattolica e la cultura marxista, talvolta prendendo lucciole per lanterne qualche volta con buoni motivi, hanno fatto di tutto per tenere lontana dall'Italia una cultura della concorrenza e del mercato. L'Italia è arrivata nel '90 a dotarsi di una legge sulla concorrenza, ultimo paese europeo a farlo e esattamente cento anni dopo che lo avevano fatto gli Stati Uniti. Notando bene che gli Stati Uniti hanno varato una legge sulla concorrenza nel 1890 con l'obiettivo di fare il culo a Rockfeller, accusato di mettere a rischio la democrazia del paese con i suoi trust petroliferi ecc., quindi con già una forte componente di rapporto (tutto da verificare, però vissuto nella realtà politica di quel paese) tra legislazione sulla concorrenza, democrazia, limiti al potere economico, questa è la problematica; in Italia questo bisogno non l'abbiamo mai sentito fino al 1990. Dubito che non l'abbiamo sentito perché non esisteva il problema della concentrazione del potere economico, non esisteva il problema della democrazia, anche economica ecc.: credo che dipenda dal fatto che le culture e le forze politiche dominanti che le hanno rappresentate hanno trovato molto più facile lavorare dentro una situazione che faceva perno sul ruolo dominante dello Stato. E nel '90 noi ci ritroviamo questa legge che ci viene di fatto imposta dall'esterno, dall'Europa: tutti gli altri paesi europei ce l'hanno, a livello europeo esiste dal '57, cioè da quando si è varata la Comunità Economica Europea esiste una legislazione, in Germania ce l'avevano dagli anni '50, in Inghilterra idem, la Francia un po' dopo. Arriviamo noi ultimi, l'iniziativa di legge (anche ciò è abbastanza significativo) fu presa da deputati della Sinistra Indipendente, quindi neanche allora è stato uno dei maggiori partiti a proporre che l'Italia si adeguasse ma è stata una minoranza, e ora c'è questa cosa.

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