 | Giorgio Bocca, Il caso 7 aprile. Toni Negri e la grande inquisizione, Feltrinelli, Milano 1980
7 aprile 1979: con un'operazione simultanea preordinata da tempo vengono eseguiti numerosi mandati di cattura contro intellettuali della sinistra non istituzionale. Da allora fino alle soglie dell' '80 sotto i rigori della legge cadono figure note e meno note dell'autonomia, ex militanti di Potere operaio, professori dell'università di Padova teorici dell'alternativa rivoluzionaria, ma anche semplici studenti, giovani borsisti e poi gente matura, da anni non più impegnata nella politica ma solo in attività professionali estranee al sovversivismo, anche solo verbale.
I capi di accusa si accumulano, si coniugano, si moltiplicano: sembra quasi che non ci sia atto criminoso compiuto in questi anni sul terreno dell'attacco alle istituzioni che non possa essere addebitato agli arrestati: fra costoro spicca il professor Toni Negri, presentato come il cervello di un'organizzazione ramificata nell'intera penisola, che si distinguerebbe appena da quella delle Brigate rosse e dei Nap.
La reazione dell'opinione pubblica segue gli schemi obbligati in occasioni del genere: dapprima sorpresa, si lascia poi facilmente convincere cercando di tener dietro come può agli incalzanti colpi di scena, sospinta dai grandi organi di informazione e dalle macchine propagandistiche dei partiti, finché l'eccessivo accumulo degli effetti comincia a suscitare qualche perplessità.
Anche per questa vicenda, come per altri episodi della nostra vita nazionale, chi ha avuto il coraggio di inquietare la coscienza comune è stato Giorgio Bocca. Saldamente piantato sul terreno della democrazia che egli intende difendere da tutti i suoi nemici (ingiustizia, menzogna e stupidità incluse), rivendicando per sé e per gli altri il diritto e il dovere di ragionare con la propria testa e di discutere le verità ufficiali, il giornalista ha cominciato ben presto a far sentire la sua voce solitaria e a indagare con meticolosa perseveranza fra le pieghe del tenebroso affare.
Frutto di tale libera ricerca è appunto questo libro, che offre una convincente ricostruzione del clima politico in cui sono maturate, in anni lontani, le vocazioni politiche di tanti giovani, e illustra i motivi di certe attuali posizioni della sinistra, incondizionatamente consenzienti con il massiccio intervento della magistratura. Il lettore potrà cosi farsi un'opinione spassionata dell'intera vicenda e valutare serenamente le figure dei protagonisti, di quelli che sono in carcere e di quelli che ce li hanno mandati.
Giorgio Bocca, nato a Cuneo nel 1920, ha partecipato alla Resistenza nelle formazioni di Giustizia e libertà guadagnandosi una medaglia d'argento. Finita la guerra, entra come cronista alla «Gazzetta del Popolo».
Arriva al successo giornalistico negli ultimi anni Cinquanta, passando all'«Europeo» prima, e poi al «Giorno». Negli anni Sessanta comincia a scrivere libri di storia e di saggistica: Storia della guerra partigiana, Storia d'Italia nella guerra fascista. La repubblica di Mussolini, Palmiro Togliatti sono i più noti. Entra alla «Repubblica» al momento della sua fondazione e ne diventa uno degli elementi principali. Da parecchi anni ha una finestra sull'«Espresso». Vive a Milano.
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