Salvia divinorum; una pianta sacra poco nota

 

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alvia divinorum (foto 1) rappresenta oggi una specie di “miracolo” per gli psiconauti farmacofili occidentali .

Nell’attuale situazione in cui viene sistematicamente impedito o criminalizzato ogni studio sperimentale che utilizzi piante e sostanze psicoattive (rapidamente definite “di nessun’utilità medica o scientifica” dall’ “Internazionale” del Dominio planetario che, intimorito dalle loro proprietà destrutturanti, le ha messe al bando fin dalla metà degli anni ’60), questa poco appariscente cugina della menta è incredibilmente sfuggita all’incarceramento ed è tuttora libera di interagire con la mente d’ogni intrepido esploratore che abbia voglia di avvicinarla per sue “magiche” proprietà psichedeliche.

In nessuna parte del mondo, a tutt’oggi, il possesso, la coltivazione, lo scambio o l’uso di Salvia divinorum sono soggetti alla minima restrizione legale; intanto, gli studi effettuati a partire dagli anni ‘70/80 hanno dimostrato che il principio attivo di ska Maria Pastora è – sinora- la sostanza naturale più potente di cui si sia a conoscenza, capace di agire sulla psiche in dosi veramente piccole, anche inferiori il millesimo di grammo.

  

foto 1

Questo paradosso la sta rendendo molto popolare nella “controcultura” psichedelica e un numero sempre maggiore di persone, variamente interessate alle sue peculiari proprietà, si avvicina a lei ogni giorno in più.

Cercheremo qui di descriverla un po’ più a fondo, pur tenendo a mente che molti suoi aspetti e particolarità restano ancora indeterminati e ben lontani dall’essere completamente messi in luce.

Botanica:

Salvia divinorum (trad.= la Salvia dei veggenti) appartiene alla famiglia delle Labiate, insieme alla menta e alla comune Salvia officinalis , la salvia da cucina. E’ compresa nel subgenere Calosfacee (cioè le Salvie scoperte nel Nuovo Mondo) in cui vengono descritte più di 500 altre specie. E’ un’erbacea perenne,  raggiunge i 2 metri di altezza (anche 3 se si contano anche le spighe fiorali) ed è riconoscibile, tra l’altro, per il suo tipico fusto squadrato con margini alati e per lo stelo vuoto e succulento. Di solito ricade al suolo dopo aver raggiunto una certa altezza , ma ha la proprietà di radicare facilmente, soprattutto in prossimità dei nodi, a contatto del terreno umido. I rami secondari si sviluppano a partire da questi nodi. Le foglie sono opposte, di forma ellittica od ovale, lunghe sino a 25 o 30 centimetri e larghe anche più di 10 cm. , con la superficie della pagina superiore punteggiata da una peluria vellutata, mente la pagina inferiore è glabra.  Salvia divinorum fiorisce producendo infiorescenze a racemo semplice ed eretto quando le giornate diventano corte e continua a fiorire sino ad aprile. Queste infiorescenze sono lunghe 30-40 cm., hanno internodi da 2 a 4 cm e la rachide da irsuta a glabra ; le infiorescenze parziali portano 3  - 6 , massimo 12 fiori.

La corolla fiorale è bianca o un po’ tinta di blu a maturità, il calice color lavanda scuro.

Nella descrizione del tipo originario (raccolto da Albert Hofmann e Roger Gordon Wasson l’8 ottobre 1962 a San José Tenango, Oaxaca, Mexico) il colore della corolla fiorale venne erroneamente riportato come “cyanearum” (o blu- ciano); nonostante Emboden rettificasse questa descrizione nel 1979, tre diverse illustrazioni ufficiali avevano già riprodotto la nostra rara pianta con i fiori colorati di blu ciano.

Esiste una controversia agronomica riguardo a Salvia divinorum: la specie tipo descritta da Wasson era una cultivar e lo scopritore botanico affermò:” la pianta sembra essere un cultigeno”; nelle loro peregrinazioni a cavallo lungo la Sierra Mazateca, né Wasson da solo, né insieme a Hofmann, ritrovarono mai una pianta. Sembrava che gli Indiani avessero scelto lontane forre e burroni per coltivarla. Sempre Wasson affermava di non sapere se la pianta si presentasse allo stato selvatico, ad eccezione delle piantagioni abbandonate o di piante fuggite dai coltivi.

Il dottor Leander J.Valdés, nella sua tesi di dottorato riguardante l’etnografia e lo studio fitochimico di Salvia divinorum, affermò invece che il suo informatore, il curandero don Alejandro Vicente, asseriva che questa pianta crescesse selvatica nelle zone montuose quasi inaccessibili della Sierra Mazateca; ammetteva, comunque, che tutte le piante da lui incontrate erano state originariamente piantate dall’uomo.

Reisfield (1993) eseguì uno studio botanico e orticolo completo della pianta e arrivò alla conclusione che si trattasse di una cultivar “sebbene non sia stata riconosciuta l’intermediazione tra 2 specie conosciute”. Epling e Jàtiva-M., nel 1962, avevano notato un’affinità con la S. cyanea.

Per diversi anni si ritenne che la pianta non riuscisse a produrre alcun seme fertile, poi Valdés (1983) riuscì a ottenere 4 semi da 14 fiori sottoposti a impollinazione incrociata, ma un eccessivo riscaldamento della serra li uccise prima che si potesse valutare la loro vitalità. Gli esperimenti di Reisfield portarono ad una percentuale di successo del 2,5% e Daniel Siebert riuscì a ottenere 70 semi dalle piante cresciute nelle Hawaii ma solo 13 germinarono e alla fine riuscirono a sopravvivere solamente 6 piante, pur risultando meno vigorose di quelle ottenute agamicamente. Reisfield si accorse altresì dell’assenza di insetti pronubi attorno ai fiori, però le piante da lui ottenute tramite seme apparivano identiche (anche per vigore) alle piante genitrici.

Nelle nostre piccole sperimentazioni di acclimatazione, qui in Riviera, siamo riusciti ad ottenere una copiosa fioritura, prolungatasi da dicembre 1999 al seguente mese di maggio, ma solo in piante allevate costantemente in serra (fredda); altre Salvie, cresciute in pien’aria sino a metà dicembre, hanno dato solo un cenno di primo sviluppo delle infiorescenze, che però sono subito abortite, anche a causa di trattamenti piuttosto vigorosi con soluzione di sapone di Marsiglia ed estratto di ortica, effettuati contro un attacco di acari.

Coltivazione (cenni)

Salvia divinorum si propaga con estrema facilità per via agamica (abbiamo già accennato alla grande difficoltà nella riproduzione per seme e nell’ottenimento di quest’ultimo). Talee lunghe 15/20 cm quando vengono lasciate in acqua, sviluppano sottili radichette bianche e rade - simili a capelli - in capo a 2-3 settimane. Perfino la piantagione diretta in vasetti contenenti un terriccio poroso e umido dà ottimi risultati anche senza l’applicazione di ormoni stimolanti la radicazione; la percentuale di attecchimento tocca oltre il 90%, a patto che il suolo sia costantemente umido e l’umidità relativa dell’aria non scenda mai sotto l’80% . L’umidità dell’ambiente sembra un fattore chiave per il successo nella riproduzione e coltivazione di Salvia divinorum; è anche importantissimo evitare che la pianta sia sottoposta a bruschi cambiamenti in difetto per quanto riguarda la situazione igrometrica.

Il terreno ottimale per Salvia divinorum deve essere ricco di sostanza organica, ben sciolto, fresco e leggermente acido. L’esposizione ottimale è in ombra parziale (circa il 70% di ombreggiamento), anche se abbiamo visto diverse piante tollerare piuttosto bene il sole pieno quando l’umidità è elevata. La temperatura ottimale non dovrebbe scendere sotto i 10°C; nella Sierra Mazateca il grado di escursione va dai 4°C – temperatura minima invernale- sino ai 26/28°C di massima (comunicazioni personali da L..J.Valdés). In altre zone Salvia divinorum è coltivata con successo purché la pianta venga ricoverata in casa o in serra durante i mesi freddi. Qui in Riviera, le piante in pien’aria hanno sopportato senza danno una leggera nevischiata nella prima settimana di dicembre 1999; in quell’occasione la temperatura arrivò a toccare,seppur per poche ore, la temperatura minima di 2°C.

Etnobotanica; usi e metodi tradizionali

Salvia divinorum è utilizzata come inebriante sciamanico dagli Indiani Mazatechi dello stato di Oaxaca, Mexico. Essi si riferiscono a questa pianta usando diversi nomi: ska Marìa Pastora (foglie di Maria Pastora), hierba (yerba) Marìa, hojas de la Pastora, la Hembra (la femmina), la Marìa, hoyas de la Virgen (foglie della Vergine).

Il primo “occidentale” a notarne l’utilizzazione fu, nel 1939, l’antropologo americano Jean Bassett Johnson – che risultò anche il primo gringo ad assistere, senza parteciparvi, ad una velada a base di funghi magici “teonanacatl ”. Egli segnalò l’esistenza di una infusione visionaria preparata con foglie di una certa “hierba Marìa”. Lo scoppio del secondo conflitto mondiale interruppe ulteriori ricerche su questa e altre piante (J.B.Johnson morì nel 1944 durante lo sbarco degli Americani nel Maghreb), finché il 12 giugno 1961 ad Ayahutla , Oaxaca, Roger Gordon Wasson sperimentò per la prima volta gli effetti visionari di ska Pastora e raccolse sufficiente materiale vegetale. Prima di lui, nel 1952  Roberto J. Weitlaner (suocero di Johnson) aveva descritto la preparazione di un infuso di foglie di Salvia divinorum, ma anch’esso non poté sperimentarne direttamente gli effetti. Wasson osservò che le foglie, prima di essere utilizzate, erano contate sempre in coppia, poi venivano arrotolate per formare una specie di sigaro quindi mordicchiate con gli incisivi, masticate ed ingoiate. Per le persone anziane, senza più denti, veniva preparata una infusione/sospensione acquosa delle foglie, con successiva spremitura manuale di queste prima dell’ingestione.

La massima quantità di foglie usate in un infuso venne registrata da Johnatan Ott, cui una fonte locale asserì dell’utilizzo sino a 240 foglie, partendo dalla una dose minima di 6. E’ ormai assodato, comunque, che il principio attivo di Salvia divinorum non è assorbito facilmente dallo stomaco ma risulta attivo grazie all’assorbimento tramite mucosa orale - soprattutto nella zone sublinguale e nelle parti interne della bocca; si può benissimo raggiungere l’inebriamento senza ingoiare alcuna porzione di foglie. Usando questo metodo bastano una dozzina di grandi foglie fresche di ska Pastora per raggiungere un profondo stato non-ordinario di coscienza, almeno per gran parte delle persone.

Nel 10° capitolo del suo libro: “LSD, mein Sorgenkind” Albert Hofmann descrive il suo viaggio “alla ricerca della pianta sacra Ska Maria Pastora”, compiuto tra la fine di settembre e l’ottobre 1962 insieme alla moglie Anita, alla vedova di J.B.Johnson, Irmgard Weitlaner, e al bancario etnomicologo R.G.Wasson. Lo scopo del viaggio era, appunto, la ricerca delle piante a cui appartenevano le foglie di ska Maria Pastora - i cui effetti Wasson aveva sperimentato nel mese di giugno dell’anno precedente[1] - come pure la raccolta di altro materiale botanico. Dopo un movimentato viaggio a dorso di mulo, il gruppo arrivò al villaggio di San José Tenango, Oaxaca, in cui, grazie ai diversi rapporti di conoscenza preesistenti, riuscirono a raccogliere sufficiente materiale vegetale (aiutati dalla vecchia curandera Navidad Rosa) : la richiesta di allestire per loro una velada con Ska Maria venne, però, elusa dai curanderos cui il gruppo di gringos si era via via rivolto. Alcuni non diedero loro nemmeno una spiegazione del perché e anche Navidad Rosa ricusò, accampando come motivazione che la sua veneranda età le impediva di affrontare le fatiche del “viaggio sciamanico”. Nei giorni successivi ricevettero ugualmente quantità notevoli di foglie di ska Pastora dagli Indiani, ma nessuno rivelò loro dove si trovassero le piante.

Finalmente, la notte tra l’8 e il 9 ottobre 1962 una curandera, Consuelo Garcia, preparò e svolse in gran segreto il rito per il gruppo di stranieri. La rivelazione di questo segreto, rimasto celato per secoli ai non Indiani, era quindi considerata un’azione quasi sacrilega, alla stessa stregua della rivelazione-profanazione del segreto dei funghi sacri “teonanacatl”.

Il rituale seguito da Consuelo Garcia fu molto simile ai riti descritti da altri autori (Blotter,  Ott e Valdés).

Le foglie di Salvia divinorum vengono sempre:

·         contate a coppie per ciascun partecipante,

·         non tutti ricevono il medesimo quantitativo,

·         le foglie vengono pestate con il metate, preferibilmente da una bambina (foto 2)[2],

·         le veladas avvengono nell’oscurità,

·         ogni più piccolo lume viene spento dopo l’ingestione delle foglie o della pozione.

Da un’indagine svolta da Johnatan Ott, pubblicata su The Entheogen Review, Vol.VI n°3 (autumnal equinox 1999), tra i casi riportati in cui si parla di preparazione di pozioni, 3 descrivono la curiosa tecnica di sfregamento delle foglie in acqua: una metodologia che sembra molto arcaica, dato che è già stata descritta da Bernardino de Sahagun come pratica in uso fra gli antichi mesoamericani degli Altipiani nel 1500 . Questa pratica è usata tuttora nella preparazione di infusi di Tagetes lucida (yauthli in lingua Nahuatl) pianta tuttora adoperata come enteogeno dagli Huicholes e dai Mixe. Gli altri casi parlano di foglie pestate con il tradizionale metate (la pietra usata per preparare la farina di mais)

 

 e anche della pratica in uso nel Llano de Arnica, dove le foglie vengono sistemate una sull’altra - la pagina superiore di una a contatto con la pagina superiore dell’altra foglia per costituire il tradizionale paio; la pila viene infine arrotolata sino a formare una sorta di sigaro ed è pronta per il consumo (Blosser 1991-93).

       Descrivendo la velada per lui organizzata nel giugno 1998 a Huautla de Jimenez, J.Ott nota che per la prima volta (rispetto ai rapporti precedenti) una curandera ha intonato dei canti durante lo svolgimento della seduta notturna a base di ska Pastora. Queste vocalizzazioni sono invece frequenti durante il decorso dei riti a base di funghi. Altri rapporti descrissero situazioni in cui il “paziente” veniva interrogato dallo sciamano (sulla causa della malattia) [Weitlaner 1952] oppure veniva esortato dallo stesso curandero e incitato a descrivere le sue visioni [Valdés et al. 1983]. Nel rapporto concernente la sua personale esperienza, Blosser racconta che venne spronato dallo sciamano a cantare per tutta la durata dell’effetto , nonostante una certa, comprensibile, riluttanza da parte del ricercatore stesso.

       Tornando all’esperienza di Hofmann, segnaliamo come aneddoto che il padre della LSD non poté sperimentare gli effetti di ska Maria insieme alla moglie Anita e all’amico R.G.Wasson, a causa di un suo momentaneo malessere.

 

foto 2

Il suo incontro con la Pastora avvenne pochi giorni dopo nella casa di Maria Sabina, (foto 3) la curandera che per prima aveva offerto i funghi teonanacatl a persone non Indiane  (Wasson e Richardson) durante una velada . Il Chimico svizzero ricevette una pozione di 5 paia di foglie fresche preparate da una bambina (la “virgen”della foto 1) e, pur non sperimentando effetti visionari, si ritrovò in uno stato di intensa percettività mentale. Tra parentesi ricordiamo che in quell’occasione Maria Sabina e un altro curandero Mazateco officiarono per la prima volta una velada a base di psilocibina sintetica (dono di Hofmann alla donna che per prima aveva consentito l’accesso dei bianchi “gringos” nel magico mondo dei funghi sacri).

       Le foglie di Maria Pastora appartengono alla triade di piante sacre ai curanderos Mazatechi, insieme ai funghi psilocibinici e alle Convolvulacee rampicanti Turbina corymbosa e Ipomea violacea (le campanelle “morning glory”). Tradizionalmente Salvia divinorum rappresenta il primo livello di iniziazione per un novizio che si addestra a diventare curandero o sciamano; dopo essersi impratichito nel mondo visionario di ska Maria egli passerà ad apprendere l’uso della morning glory (ololihuqui e tlitlitzin) ed infine conoscerà i funghi sacri (teonanacatl).

       Alcuni sciamani (es. Maria Sabina) fanno ricorso alle foglie della Pastora solo quando non è stagione di funghi , ma per altri (don Alejandro Vicente [cfr. Valdéz]) ska Maria viene eletta quale alleato principale.

Oltre al suo utilizzo principale per la divininazione (conoscere l’origine delle malattie, ritrovare oggetti perduti o rubati, individuare ladri o aggressori, conoscere la sorte di persone lontane), Salvia divinorum viene usata per curare problemi digestivi, contro la diarrea e il mal di testa, come tonico e stimolante nella vecchiaia, nonché per curare una malattia magica , il “panzon de barrego”che è una sorte di ascite, forse collegata in qualche modo all’alcolismo.

A volte i residui delle foglie con cui si preparano gli infusi, vengono usati per preparare un bagno cui sottoporre il paziente dopo la velada (Weitlaner), oppure vengono posti sulla sua testa come cataplasma (Valdés 1993).

       R.G. Wasson suggerì l’ipotesi che Salvia divinorum potesse essere la misteriosa pianta degli Aztechi chiamata pipiltzintzintli (Nahuatl: “il più nobile e piccolo principe”); la sua ipotesi venne successivamente ricusata da Diaz, Valdéz e altri, i quali sostengono che pipiltzintzintli, descritto come un vegetale con genere maschile e femminile in piante diverse, non fosse altro che la cannabis. Questa ipotesi, però, non è molto convincente, dato che la Cannabis sativa venne introdotta in Messico dopo la conquista. Anche se - finora- Salvia divinorum non sembra sia conosciuta presso altre etnie Indiane diverse dagli Indiani Mazatechi della Sierra, il metodo piuttosto grezzo e inefficace di usarla (le pozioni ingerite, lo sfregamento delle foglie in acqua),la mancanza di un vero nome Mazateco per identificarla, l’associazione con la pecora e la pastorizia (introduzioni post-conquista nella sierra Mazateca), la stessa asserzione degli Indiani che affermano che ska Maria non sia una pianta locale, bensì una pianta giunta presso di loro molto tempo fa, sono tutti fatti che potrebbero indirettamente avallare la sua identità con pipiltzitzintli, e che altri Indiani mesoamericani siano i responsabili più probabili della sua introduzione (Ott, 1995 su Curare 18-1)

Finché non avremo altri dati o fin quando non si ritroveranno piante selvatiche o altre etnie che ne fanno uso tutto ciò resterà un enigma.

Wasson notò che Salvia era “la hembra” (la femmina) in una famiglia simbolica di piante, in cui il Coleus pumila è il “macho”(il maschio) e Coleus blumei è il “nene” o  ahyado” ( il bimbo o il figlioccio). Queste ultime sono piante asiatiche introdotte dopo la conquista - ulteriore dato rafforzante l’ipotesi della non endemicità di Salvia divinorum nella Sierra mazateca.

 

 

Chimica e farmacologia.

 

Il succo delle foglie raccolte da Wasson e Hofmann in San José Tenango fu portato a Basilea per successive analisi, ma non si arrivò a nessun risultato; Hofmann arrivò alla conclusione che il principio attivo doveva essere piuttosto instabile. A quel punto le ricerche su Salvia divinorum. si interruppero per un paio di decenni, finché un gruppo di studiosi (Ortega e colleghi), in Messico,  non riuscì a isolare un composto attivo dalle foglie della pianta. Queste ricerche costituivano  una specie di continuazione del lavoro di ricerca iniziato dopo il ritrovamento di 2 nuovi diterpeni transclerodani (salviarina e splendidina) presenti nella specie brasiliana di Salvia splendens; la presenza di composti terpenoidi insoliti non è rara tra le salvie.

       Il nuovo composto isolato nel 1982 dal gruppo di Ortega venne denominato salvinorina (ingl.=salvinorin)  e “fu ottenuto partendo da 200 grammi di foglie secche di Salvia divinorum raccolte a Huautla, Oaxaca nel novembre 1980. Esse vennero sottoposte ad un processo di estrazione in cloroformio bollente. L’evaporazione del solvente originò un residuo verde del peso di 27 grammi, che fu purificato tramite cromatografia su “Tonsil” (200 grammi) con cloroformio come diluente. Si raccolsero 13 frazioni di 50.0 ml, la sesta e la settima delle quali contenevano il composto come fu confermato dal T.L.C.. (45% di etil acetato in esano come sviluppatore); RF 0.7). La cristallizzazione tramite etanolo produsse cristalli incolori di salvinorina; punto di fusione 238-240°C.” [Ortega et Al. 1982].

       La concentrazione di salvinorin(a) presente nelle foglie di Salvia divinorum è piuttosto variabile; nei test effettuati si va da un minimo di 0.86 mg/g a 3.94 mg/g (media 2,4 mg/g); la maggior parte delle analisi hanno evidenziato una concentrazione di salvinorin compresa tra i 2,3 e i 2,9 mg/g.. La formula di struttura è C23 H 28 O 8 .”  Il materiale presente nella Salvia divinorum non è precisamente un diterpene, dato che i terpeni sono strutture molecolari ripetitive ben definite; isoprene preso 4 volte. Questa struttura non è presente nella Salvia divinorum: però vi sono 20 atomi di carbonio e i diterpeni hanno 20 atomi di carbonio, pertanto spesso lo definiamo “diterpenoide” per comodità. Vi sono almeno 6 o 8 salvie che contengono questi composti con 20 atomi di carbonio…ma hanno differenti strutture, differenti locazioni di esteri, differenti locazioni di gruppi idrossidi (hydroxy groups).” [cit. da Sasha Shulgin]

       Due anni più tardi, Valdés & al. isolarono anch’essi, autonomamente dai colleghi messicani, due terpenoidi dalle foglie di Salvia divinorum e li denominarono divinorin(a) A e B (divinorina B è il gruppo descetilato inattivo).[3] La successiva cristallografia a raggi X evidenziò che i composti ritrovati dal gruppo di Valdés erano i medesimi composti ritrovati da Ortega. I ricercatori americani riconobbero la priorità del gruppo messicano nel ritrovamento dei composti e suggerirono correttamente di nominare quei composti con i nomi di salvinorin(a) A e B. Nel 1986 Valdés riportò che sempre dalla Salvia divinorum era stato isolato il composto “loliolide”, un repellente contro le formiche già presente nel Lolium perenne, le cui proprietà farmacologiche sull’uomo sono ancora ignote.

       A differenza della comune Salvia officinalis, che in alcuni ceppi varietali contiene il terpenoide volatile thuione (sostanza psicoattiva presente nell’Arthemisia absinthium e nei liquori all’assenzio ben noti agli artisti della Belle Epoque [4]), le foglie di Salvia divinorum distillate a vapore non ne hanno rivelato la presenza. [La suddetta natura volatile del thuione rende psicoattiva la comunissima salvia da cucina semplicemente odorandone le foglie dopo averle sfregate tra le dita].

       Gli esperimenti di Valdès [5] con salvinorin-A e frazioni attive di Salvia divinorum mostravano effetti sedanti sui roditori e provocavano effetti simili a quelli evidenti dopo somministrazione di mescalina, secobarbital, estratto di Cannabis sativa e del forskolin (o colforsin)[6]. Successivamente il ricercatore annotò che gli ultimi 3 composti sedavano gli animali, mentre mescalina e salvinorin-A diminuivano l’attività dei topi senza vera e propria sedazione. (1994).

       La prova definitiva che salvinorin-A fosse effettivamente il principio psichedelico attivo di Salvia divinorum giunse nei primi anni ’90, dopo che un gruppo di “sciamani underground” californiani fu in grado di isolare un precipitato crudo arricchito di salvinorin-A (successivamente risultò essere un composto costituito al 50% di principio attivo). La sua inalazione per vaporizzazione mostrò che il composto era attivo in dosi inferiori a un milligrammo (1 mg.). Questi dati lo situarono subito in un ordine di grandezza psicoattiva superiore alla psilocibina, sino a quel momento ritenuta l’enteogeno naturale più potente.

       Il livello-soglia di salvinorin-A è 200 mcg (200 milionesimi di grammo o gamma [0,2 milligrammi]), quando è fumato. Daniel Siebert ha verificato l’inattività di questo composto se ingerito in capsule, almeno sino a dosi superiori ai 10 mg, e una debole attività con 2 mg. se applicato tramite spray per via orale (soluzione etanolica diluita), ma per mezzo di prove effettuate da J. Ott risulta che l’applicazione sublinguale di salvinorin-A in acetone e DMSO (dimetilsolfossido) è potentemente attiva e registra un livello-soglia già intorno ai 100 mcg per quanto concerne gli effetti fisici, una palese psicoattività a 250/300 mcg e attività visionaria a 1 mg e oltre.

       A seconda del metodo di somministrazione possiamo ora provare a stabilire l’efficacia di Salvia divinorum e di salvinorin-A secondo questa scala in ordine progressivamente crescente:

1.        infusi di foglie

2.        foglie masticate e ingerite

3.        foglie masticate + assorbimento sublinguale (metodo “quid “ o “della cicca”)

4.        salvinorin-A vaporizzato

5.        salvinorin-A sublinguale

 

Per quel che riguarda le foglie fumate, dovremmo ora aprire una piccola parentesi: i curanderos

Mazatechi sembrano non essere consci del fatto che le foglie essiccate mantengono la loro psicoattività per lunghissimo tempo, anche per anni; in ogni caso, la sola idea che foglie di ska Pastora possano essere “bruciate “ per essere fumate suscita tutto il loro sdegno e disapprovazione, in quanto lo considerano un atto assolutamente irrispettoso nei confronti della sacra pianta . Va detto, comunque, che le foglie essiccate mantengono quasi del tutto la loro potenzialità psicoattiva anche in prospettiva di un uso orale, dopo essere state reidratate e arrotolate per essere masticate come “quid”. Salvinorin-A è insolubile in acqua e il gusto delle foglie secche è un po’ meno amaro delle foglie fresche.

       Già a metà degli anni ’70, Ott osservò un uso di Salvia divinorum fumata come la marijuana tra i giovani hippies di Città del Messico che erano stati a Oaxaca. Una discreta percentuale di persone (dal 10 al 50%), sembra curiosamente refrattaria all’effetto delle foglie fumate; questo fenomeno sparisce dopo un certo numero di tentativi, almeno nella grande maggioranza dei casi. Bisogna sottolineare altresì che, a causa dell’alto punto di fusione di salvinorin-A (attorno ai 240°C), la tecnica per fumare queste foglie è piuttosto differente da quella usata dai fumatori di hashish; sempre per gli stessi motivi è difficile ottenere apprezzabili effetti fumando foglie di ska Maria arrotolate in cartine, mentre è molto più agevole l’utilizzo di pipe o pipe ad acqua - a condizione che abbiano un cannello corto - e “bongs”,.

       Gli effetti del fumo differiscono un poco da quelli ottenuti usando il metodo della “cicca” masticata. Nel primo caso si entra in uno Stato Non Ordinario di Coscienza piuttosto repentinamente, nel giro di un minuto (o anche meno) dall’inalazione. Il picco dell’esperienza si manterrà per i primi 10 minuti, sino a decrescere lentamente nei successivi 20 minuti, mezz’ora. In meno di un’ora dall’inizio dell’esperienza solitamente si torna allo stato di coscienza ordinario. Masticando le foglie (dosi costituite da 10/12 grosse foglie fresche sono chiaramente attive per la maggioranza dei “salvianauti”) i primi effetti inizieranno a percepirsi solo dopo un quarto d’ora circa dall’inizio della masticazione, arrivando velocemente a un “plateau” che di solito perdura per circa un’ora, un’ora e mezza al massimo, quindi si “rientra” pian piano.

       Salvinorin-A è il primo diterpenoide psichedelico che si conosca, infatti la sua molecola non presenta azoto, a differenza della grande maggioranza dei composti visionari noti, che sono tutti alcaloidi (ad eccezione del THC) . Sino ad oggi non sappiamo di alcuna sua interazione con i recettori cerebrali conosciuti , né conosciamo il suo modo di agire nel cervello.

 

Effetti, usi moderni, sperimentazioni

 

R.G. Wasson paragonò l’effetto dell’infuso di foglie di Salvia a quello dei funghi psilocibinici, anche se lo definì “meno ampio e duraturo”. (sembra che Wasson non sia rimasto molto impressionato da ska Maria, forse perché influenzato da Maria Sabina, la quale  accennò brevemente al suo uso della pianta nell’autobiografia: “Se io ho un malato durante la stagione in cui i funghi non sono disponibili, allora mi rivolgo  alle foglie della Pastora. Spremute (molido) e prese, lavorano come i “bambini” (i funghi). Certo, la Pastora non è altrettanto potente.” (Estrada 1977) .

Quando Valdés (ancora studente) scrisse a Wasson per avere informazioni su Salvia, ricevette il suggerimento di lasciar perdere gli studi su ska Pastora, dal momento che anche le sperimentazioni di Hofmann col succo portato dal Messico non avevano condotto ad alcun risultato; l’insigne etnomicologo lo consigliò piuttosto di effettuare ricerche su un’altra pianta , il Cymbopetalum penduliflorum , conosciuto dagli Aztechi con il nome di Teonacatzli  il cui frutto era da questi tenuto in gran conto – a detta dell’informatore indiano di fra Bernardino de Sahagun, negli anni della Conquista del Messico- poiché il suo frutto mangiato provocava un’ebbrezza simile a quella dei funghi.

       Sarebbe interessante conoscere la metodologia seguita da Hofmann nel saggiare il succo che portò a Basilea; ci viene spontaneo chiederci (senz’altro molto ingenuamente) se forse l’insigne Chimico non si aspettasse di ritrovare degli alcaloidi presenti in quel succo; abbiamo visto che salvinorin-A non è un composto azotato, bensì un diterpenoide, a differenza di tutti i composti psichedelici. Rimane anche da chiarire come mai il succo preservato in alcool non mostrasse più alcuna psicoattività,  dal momento che le foglie essiccate mantengono la loro “potenza” per un tempo indefinito…

       In ogni caso, sappiamo che altri sciamani, a differenza di Maria Sabina, tengono in gran conto le foglie della pastora, tanto da farne la loro “alleata” principale.

Don Alejandro Vicente , con l’aiuto del quale Valdés poté sperimentare personalmente gli effetti di Salvia divinorum, parlò di questa pianta-alleata confrontandola con gli altri psichedelici che formano la triade delle piante allucinogene sacre per i Mazatechi: Ska María Pastora è, farmacologicamente, la più debole delle tre piante allucinogene (le altre due piante – o “gruppi di piante”[7]- sono le campanelle “morning glory” e i funghi magici Psilocybe). Dopo la sua ingestione si suppone che la vergine Maria parli alla persona, ma solo in assoluta quiete ed oscurità. L’esperienza, relativamente “morbida”, è prontamente posta a termine dal baccano (es.: un alto tono di voce) o dalla luce. Don Alejandro dice che gli effetti di tu-nu-sho, la “semenza fiorita” (Rivea corymbosa) [ololiuhqui] , sono affini a quelli della Maria (Salvia divinorum) perché le due piante sono sorelle (son hermanos) sotto la protezione della vergine María e di San Pedro.  Wasson notò che i Mazatechi credono che il Coleus sia un’erba medicinale o allucinogena simile alla Salvia divinorum (Wasson, 1962).In ogni caso, Don Alejandro sostenne che le piante di Coleus che crescevano accanto casa sua non erano medicinali e che sua figlia le aveva comprate al mercato perché erano belle.

Secondo Don Alejandro ni-to, o il fungo–che –si-mangia (hongos para tomar, probabilmente non una traduzione letterale, vedi Wasson, 1980) è diverso dalle altre due piante. Il fungo è delicato (delicato, ma anche nel senso di “pericoloso”), nervoso (nervoso), una cosa de envidia (una cosa d’invidia). Disgraziatamente le traduzioni di questi termini non comprendono il concetto Indo-ispanico del “magico” che ha aspetti pericolosi e sinistri. Santa Ana e San Venanzio, i santi curanderos associati ai funghi, non erano guaritori altrettanto validi quanto San Pedro e la Virgén María, i patroni della Salvia e della morning glory. Mangiare troppi funghi può ” far diventare qualcuno pazzo” e le visioni sovente sono trucos (trucchi). Un altro informatore Mazateco attribuì tali connotati alle visioni, affermando che si deve separare la forma vera dal falso (Incháustegui, 1977). Wasson ha riportato che l’uso errato del fungo può condurre fino alla follia (Wasson & Wasson, 1957). Munn e Wasson hanno dato ulteriori descrizioni dell’utilizzo sciamanico dei funghi tra i Mazatechi (Munn, 1979; Wasson, 1980). Psilocibina e psilocina, i composti che causano le visioni nei funghi, furono isolate da Hofmann, che le sperimentò personalmente per testare la loro attività. Riferì che una dose di 2.4 grammi di Psilocybe mexicana Heim seccata ( una quantità media per un Curandero) produsse effetti a cui non aveva potuto resistere né controllare. Un collega “ si era trasformato” in un prete Azteco ed al culmine dell’esperienza sentì che egli stesso si sarebbe “ lacerato in questo gorgo di forme e colori sino a  dissolvere”  (Hofmann, 1980). Quest’esperienza era molto differente da quella morbida prodotta da Salvia divinorum. Come Don Alejandro affermò “ la María, invece, ti accetta(la María, en cambio, te acepta).”

Siebert afferma che sia differente dagli altri allucinogeni non soltanto per quel che riguarda la struttura chimica , ma anche per  il suo particolare tipo di effetti; molte persone considerano quelli di Salvia divinorum molto meno maneggiabili rispetto ad altre sostanze visionarie e notano una certa difficoltà nel compiere qualche particolare “lavoro” psichedelico. Un dato che forse può sembrare contraddittorio con le affermazioni di don Alejandro, ma che invece rivela quanto sia effettivamente potente l’effetto di salvinorin-A si evince dalle affermazioni di coloro che hanno avuto una profonda e piena esperienza usando questa pianta; la maggior parte di essi non ha per lo più voglia di tornare a ripetere un’esperienza così travolgente.

Certe tematiche presenti in molte delle visioni o sensazioni descritte dai moderni “salvianauti” sembrano essere piuttosto comuni a tutti gli sperimentatori, infatti moltissimi hanno affermato di aver provato quanto segue:

·         sensazione di diventare degli oggetti (scrivanie, muri, motivi di tappezzeria, vernice fresca ecc.)

·         sperimentare visioni di superfici bidimensionali, di pellicole o di membrane

·         rivisitazioni di luoghi del passato, specialmente quelli dell’infanzia

·         perdita del corpo e dell’identità

·         varie sensazioni di movimento, sentirsi sospinti o contorti da forze di vario genere; questa sensazione è così comune che il termine “twist” (contorsione- contorcimento) è stato proposto spesso come termine “slang” per indicare Salvia divinorum

·         incontrollabili risate isteriche

·         realtà percepite simultaneamente. Si ha la percezione di trovarsi contemporaneamente in luoghi differenti

·         sensazione di passare attraverso (o di guardare attraverso) un tunnel vorticante per accedere a un’altra realtà

·         contatti – piuttosto realistici- con “entità”, molto spesso femminili, che sovente sono percepite quali incarnazioni dello “spirito di Salvia divinorum”. Spesso si odono voci o si percepisce una sorta di mormorio interiore che impartisce lezioni, suggerimenti, messaggi o pone domande.

Molti di questi temi sembrano simili a quelli sperimentati con altri allucinogeni (esperienze depersonalizzanti come con l’utilizzo di ketamina, rapido raggiungimento degli effetti e breve durata di questi come con l’uso di DMT fumata); i volontari che avevano già avuto precedenti esperienze con altre sostanze psichedeliche furono però tutti d’accordo nell’affermare che nonostante queste similitudini o punti di contatto, il contenuto delle visioni e il carattere generale dell’esperienza era veramente unico.

                Durante l’effetto di Salvia la tendenza dello sperimentatore è quella di restare disteso e calmo, seguendo le proprie individuali visioni interiori  o come se si stesse vivendo un sogno lucido; forse anche per questo molti sperimentatori hanno suggerito che l’esperienza venga definita “oneirogena” piuttosto che psichedelica “tout-court”. Sperimentando con salvinorin-A puro ad alte dosi, però (oppure quando la persona è nuova alla sostanza) si raccomanda di avere accanto una persona sobria e tranquilla, pronta ad intervenire se necessario (la presenza di qualcuno che vigila, sobrio, è prevista anche tra i Mazatechi). I “rischi” non sono tanto di ordine “psicologico”- oltretutto l’effetto è di breve durata e non lascia strascichi successivi all’esperienza- quanto di ordine “fisico”: si potrebbe camminare senza rendersi conto della presenza degli ostacoli o dei limiti architettonici (muri, finestre aperte), con il conseguente rischio di cadere e di ferirsi, si potrebbe incorrere in strane tentazioni, come quella di toccare le fiamme vive.

La presenza di un “sitter” ( custode/assistente sobrio) è anche molto utile per aiutare lo sperimentatore a rammentare successivamente l’esperienza. Abbiamo notato che è molto difficile riuscire a tenere a mente tutta la gran quantità di suggestioni, sensazioni ,pensieri, visioni e input vari che affiorano durante l’esperienza con salvia; a questo scopo è molto utile riuscire a prendere appunti prima che ogni effetto sia completamente scomparso. L’assistente potrebbe essere molto utile nell’aiutare a far rammentare successivamente le frasi pronunciate o i movimenti eseguiti durante il viaggio. Abbiamo anche notato, con altri sperimentatori, che la dizione risulta piuttosto alterata (una sorta di balbettio o di difficoltà ad articolare bene le parole) per breve tempo anche dopo il termine dell’esperienza; ugualmente, il coordinamento motorio e la prontezza dei riflessi impiegano decisamente più tempo di quanto possa sembrare prima di tornare normali.

                A parte questi “pericoli”, tutti evitabili usando il comune buon senso, con Salvia sembra molto difficile poter incappare in sovradosaggi potenzialmente letali, men che meno se si utilizzano le foglie semplici non arricchite con salvinorin-A; sinora non si è a conoscenza di alcun caso letale, anche dopo l’assunzione accidentale di forti dosi di salvinorin-A. I “salvianauti” hanno stilato una specie di scala di valutazione degli effetti in ordine crescente, articolata in 6 punti e basata sulla parola Salvia quale aiuto mnemonico per questo scopo; il primo punto , il livello più basso, corrisponde a S, il secondo ad A e così via:

 

 

Scala per la valutazione delle esperienze con Salvia divinorum

 

1.        Livello 1: “S sta per effetto SOTTILE”. La sensazione che ‘qualcosa’ stia accadendo, anche se è molto difficile dire cosa Si possono notare rilassamento e sensazioni incrementate nel campo sensuale. Questo livello morbido è utile per la meditazione e può facilitare il piacere sessuale

2.        Livello 2: “A sta per percezioni ALTERATE”. Colori e strutture visive catturano l’attenzione. L’apprezzamento per la musica può essere migliorato. Lo spazio può apparire di maggiore o minore profondità rispetto al consueto .; ma le visioni non appaiono, a questo livello. Il pensiero diventa meno logico e più scherzoso; si può notare una certa difficoltà con la memoria a breve termine

3.        Livello 3: “L sta per LEGGERO stato visionario” .Visuals, con gli occhi chiusi (chiara imagery con gli occhi chiusi: modelli di frattali, strutture geometriche e a forma di foglia di vite, visioni d’oggetti e di forme). L’imagery è spesso bi-dimensionale. Se avvengono effetti visivi ad occhi aperti, di solito sono vaghi e sfuggenti. A questo livello avvengono fenomeni simili alle visioni ipnagogiche che alcune persone sperimentano prima del sonno. A questo livello le visioni sono sperimentate come ‘eye candy’ (delizia per gli occhi) ma non sono confuse con la realtà

4.        Livello 4:”V sta per VIVIDO  stadio visionario”.Appaiono complesse scene tridimensionali che sembrano reali(stiche). Talvolta si possono udire delle voci. Con gli occhi aperti, il contatto con la realtà consensuale non è completamente perduto, ma quando chiudi gli occhi puoi dimenticare la realtà consensuale ed entrare completamente in una scena simile al sogno.Viaggi sciamanici verso nuove regioni, estranee o immaginarie; incontri con esseri, entità o spiriti; possono avvenire viaggi in altre età/ere. Potresti anche vivere la vita di un’altra persona. A questo livello penetri nel mondo degli sciamani. O se preferisci, sei nel “tempo del sogno”.Con gli occhi chiusi si sperimentano “fantasie” (avvenimenti simili al sogno che contengono una trama). Finché i tuoi occhi rimangono chiusi puoi credere che stiano avvenendo realmente. Questo è differente dalle imageries ad occhi chiusi ‘eye candy’ del livello 3.

5.        Livello 5: ”I” sta per esistenza IMMATERIALE”. A questo livello la coscienza rimane e qualche processo di pensiero è ancora lucido, ma si è completamente coinvolti in un’esperienza intima e ogni contatto con la realtà consensuale è perduto. L’individualità può essere smarrita, si sperimentano fusioni con  Dio/la Dea, la mente, la coscienza universale oppure bizzarre fusioni con altri oggetti reali o immaginari, ad esempio ci si può fondere immaginariamente con un muro.  In questo livello è impossibile agire in una realtà consensuale, ma sfortunatamente qualche persona non rimane calma e tranquilla ma se ne va in giro in questo stato “nel pallone”. Per questa ragione è necessario/essenziale che un/a sitter sia presente per vigilare sulla sicurezza di qualcuno che viaggia in quest’intimo livello. Per la persona che lo sta sperimentando, questo fenomeno può apparire terrificante oppure piacevole oltre ogni attesa; ma ad un osservatore esterno l’individuo potrà sembrare confuso o disorientato .

6.       Livello 6:- “A sta per effetto AMNESICO “ a questo stadio ogni coscienza è smarrita; o almeno, poi non si riuscirà a rammentare quello che si è sperimentato. L’individuo può cadere o rimanere immobile o andare a sbattere in giro da tutte le parti; possono verificarsi comportamenti sonnambulici;  ci si può ferire senza provare alcun dolore, al risveglio non ci si rammenterà di quello che si è detto, fatto o sperimentato nel livello 6.Non si potrà neanche ricordare l’esperienza di questo profondo stato di trance Questo è un livello non ricercato, dato che poi non si ricorderà assolutamente nulla dell’esperienza

 

Prima di concludere questo riassunto di quel poco che conosciamo sinora dell’affascinante e misteriosa Salvia, spenderemo ancora qualche parola per accennare alle ultime ricerche in atto e alle ipotesi di studio che sono ancora “in nuce”:

       Un gruppo di volontari canadesi, coordinato da Ian Soutar e aiutato finanziariamente anche da MAPS (Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies) , l’associazione volontaria fondata nel 1986 , il cui scopo è quello di sostenere la progettazione e la realizzazione pratica di ricerche autorizzate dai vari governi che prevedano l’impiego di sostanze psichedeliche sull’uomo- sta cercando di stabilire l’efficacia di Salvia divinorum in dosi molto basse. L’idea che è alla base di queste ricerche  è quella di cercare di scoprire se quest’erba è in grado di incrementare le esperienze di meditazione individuali e di gruppo . Inizialmente il gruppo era composto da 6 Quaccheri che avevano alle spalle conoscenze di meditazione e di uso di sostanze psichedeliche-; a questo primo gruppo si aggiunsero successivamente altre persone - Buddisti, Sufi o comunque persone esperte di pratiche meditative. Il gruppo ha usato (senza che i singoli membri fossero a conoscenza di quale vegetale venisse loro dato tra i vari campioni di “test”) sia erbe inattive - come placebo- che foglie di Salvia a due diverse concentrazioni di principio attivo.

La sperimentazione ha sinora dimostrato che una o 2 foglie di salvia (lunghe 15 cm. e del peso di circa ¼ di grammo ciascuna) hanno un sottile ma ben evidente effetto reputato ottimale per la meditazione:

·         I pensieri diventano molto più focalizzati e chiari

·         Svaniscono quasi completamente i pensieri che possono distrarre e le preoccupazioni legate al “quotidiano”

·         Gli effetti iniziano dopo circa 15 min. e durano un po’ meno di un’ora

·         L’erba ha un effetto calmante

A queste dosi non si riscontravano visioni o altri effetti pronunciati e la meditazione risultava estremamente facile e profonda.

Un’altra segnalazione interessante sta circolando da pochi mesi tra i salvianauti collegati in internet nelle varie mailing-list su Salvia  e forse varrebbe la pena di valutarla sperimentalmente; una persona diabetica, dipendente da insulina e il cui diabete era completamente resistente agli ipoglicemici orali, dopo quotidiane assunzioni di Salvia (via “quid” – metodo di assorbimento tramite mucosa orale) è diventato ipoglicemico con la sua massiccia dose abituale d’insulina.

La quantità prescritta ha dovuto essere dimezzata nei giorni in cui egli assumeva Salvia. (di per se questa notizia non ha ancora un reale valore statistico né medico, ma potrebbe meritare attenzione- almeno da parte delle persone diabetiche interessate a sperimentare con Salvia, per correre il rischio di attacchi ipoglicemici.

 


[1] Il materiale vegetale recuperato da Wasson precedentemente non era stato sufficiente per la classificazione della pianta.

[2] Il che spiegherebbe l’appellativo “ hojas de la Virgen “ che molti indiani usano per nominare le foglie; la Vergine , quindi, non sarebbe tanto in relazione con la Madre di Gesù , quanto indicherebbe l’età della bimba addetta alla spremitura delle foglie

[3] Dalle note di laboratorio di Leander J. Valdés:

“Durante le nostre ricerche su Salvia divinorum, il salvinorin A venne prima isolato da un’unica sezione TLC preparatoria farmacologicamente attiva. Variazioni nella potenza tra il di terpene depurato e la frazione TLC ci fecero supporre che quest’ultima potesse forse contenere altri composti fortemente bioattivi cromatografati insieme al salvinorin A durante la separazione.

Dopo aver cambiato i sistemi solventi, trovammo che questa “particolare” (ingl.: single) frazione TLC consisteva di fatto in 2 diterpeni, salvinorin A quale componente maggioritaria e un nuovo di terpene (chiamato sperimentalmente divinorin C ) come componente minore. Sebbene stimassimo che divinorin C costituisse soltanto la 10° parte (il 10%) della frazione TLC farmacologicamente attiva (il resto era salvinorin A), la frazione era significativamente più potente che una corrispondente quantità di salvinorin A puro. Comunque, dato che il test fu eseguito usando topi da laboratorio [!!!!], non fu possibile affermare inequivocabilmente che il nuovo composto risultasse attivo negli umani. Il nuovo terpenoide è un di acetato. Vi è una funzione acetossilica dove (invece) il salvinorin A porta un chetone e un doppio legame tra Carbonio-3 e Carbonio-4 . Il composto tendeva a decomporsi durante la procedura di isolamento …….(omissis)…Durante il nostro lavoro, abbiamo trovato anche quantitativi, in tracce, di possibili monoacetati e di diolo (glicole)”.

[4] Ora non sono più in produzione, se non - forse- in Spagna e in qualche paese dell’Europa orientale, proprio a causa della loro “nocività” nell’uso nel medio-lungo periodo.

[5] Purtroppo, presumibilmente a causa di forti pressioni del milieu universitario decisamente ostile a esperimenti con sostanze psichedeliche, egli eseguì i suoi saggi utilizzando i topi e non volontari umani o autosperimentazioni.

[6] Altro terpene originario dalle Lamiaceae , o Labiatae.

[7] Nelle “morning glory” psichedeliche comprendiamo varie Convulvacee: Rivea (o Turbina) corymbosa (ololihuqui), Ipomea violacea (tlitlitzin o badoh negro) e Argyreia nervosa (Baby Hawaiian Woodrose), che, però, non è una specie spontanea in Messico . Le specie di funghi Psilocybe  utilizzate sono più d’una.

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