Ololiuhqui, il «magico convolvolo»

Di Albert Hoffman
da "LSD il mio bambino difficile" ed. Urrà



Ololiuhqui è il nome azteco dei semi di alcune convolvulacee che, insieme al cactus peyotl e al teonanacatl, venivano impiegati in età precolombiana dagli aztechi e dalle popolazioni confinanti in cerimonie religiose e in pratiche magiche di guarigione.
L 'ololiuhqui è tuttora usato dalle tribù indios degli zapotechi, dei chinantechi, dei mazatechi e dei mixtechi, che fino a poco tempo fa vivevano ancora un' esistenza isolata e scarsamente influenzata dal cristianesimo nelle remote montagne del Messico meridionale.

Nel 1941 Richard Evans Schultes, direttore del Museo Botanico di Harvard in Massachusetts, pubblicò un eccellente studio sui suoi aspetti storici, etnologici e botanici. L'opera si intitola A contribution to our knowledge of Rivea corimbosa, the narcotic ololiuhqui of the Aztecs. Qui di seguito ho riportato alcuni passaggi sulla storia dell'ololiuhqui tratti dalla monografia di Schultes.

I primi resoconti su questa droga furono scritti dai cronisti spagnoli del sedicesimo secolo, i quali facevano menzione anche del peyotl e del teonanacatl. Così il frate francescano Bernardino de Sahagun, nella sua opera già citata Historia general de las cosas de Nueva Espania, parla degli effetti stupefacenti dell'ololiuhqui:
«C'è un'erba, detta coatl xoxouhqui (serpente verde), che produce semi chiamati ololiuhqui. Questi semi stordiscono e tolgono la ragione; vengono presi in una pozione».

Altre informazioni su questi semi ci sono offerte dal medico Francisco Hernandez, che su ordine di Filippo II soggiornò in Messico dal 1570 al 1575 per studiare le piante medicinali dei nativi.
Nel capitolo De ololiuhqui della sua opera monumentale intitolata Rerum medicarum Novae Hispanie thesaurus seu plantarum, animalium, mineralium mexicanorum historia, pubblicata a Roma nel 1651, egli ci offre un ritratto dettagliato e la prima illustrazione dell'ololiuhqui. Un estratto dal testo in latino che accompagna l'illustrazione recita: «L 'ololiuhqui, che alcuni chiamano coaxihuitl o pianta del serpente, è una pianta rampicante dalle foglie sottili, verdi e a forma di cuore... I fiori sono bianchi, abbastanza grandi... I semi sono rotondi... Quando i sacerdoti degli indiani volevano far visita agli dei per ottenere da loro informazioni, mangiavano i semi di questa pianta e si inebriavano. Migliaia di immagini fantastiche e di demoni apparivano loro...».

Il testo latino di Francisco Hernandez

Nonostante questa descrizione abbastanza precisa, l'identificazione botanica dell'ololiuhqui con i semi della Rivea corimbosa ha dato adito a molte discussioni negli ambienti scientifici. Di recente è stata data la preferenza al sinonimo Turbina corimbosa.

Quando nel 1959 decisi di tentare l'estrazione dei principi attivi dell'ololiuhqui, esisteva un unico documento riguardante l'esame chimico dei semi di Turbina corimbosa. Si trattava del lavoro del farmacologo C.G. Santesson di Stoccolma, pubblicato nel 1937. Santesson non riuscì comunque a isolare alcuna sostanza attiva in forma pura.
Sull'azione dei semi ololiuhqui sono stati riferiti risultati contrastanti.

Nel 1955 lo psichiatra H.Osmond si sottopose a un esperimento con questi semi, ingerendone una quantità oscillante tra i 60 e i 100. Gli effetti riscontrati furono marcati da uno stato di apatia e di vuoto mentale, associato a un aumento della percettività visiva. Dopo quattro ore seguì un periodo di rilassamento e di benessere, che si prolungò per lungo tempo. In contrasto con questo esito furono le ricerche di V .l. Kinross e Wright, pubblicate in Inghilterra nel 1958, in cui a otto ricercatori volontari erano stati somministrati 125 semi; nessuno di essi notò effetti particolari.

Grazie all'intervento di R. Gordon Wasson, ottenni due campioni di ololiuhqui. Nella sua lettera di accompagnamento del 6 agosto 1959, proveniente da Città del Messico, egli scriveva: Le spedisco un pacchetto di semi che credo appartengano al tipo Rivea corimbosa, altrimenti conosciuto come ololiuhqui, un famoso narcotico degli aztechi. Nel villaggio di Huautla li chiamano la semilla de la Virgen. Questo pacchetto, come può vedere, contiene due piccole bottiglie con i semi che abbiamo ricevuto a Huautla, e un contenitore più grande con i semi che ci sono stati consegnati da Francisco Ortega «Chico», una guida zapoteca che li ha raccolti direttamente dalle piante nel villaggio zapoteco di San Bartolo Yautepec... La classificazione botanica dei primi semi di cui si fa cenno nella lettera, provenienti da Huautla, rotondi e di colore marrone chiaro, confermò la loro provenienza dalla Rivea (Turbina) corimbosa, mentre quelli neri e squadrati raccolti a San Bartolo Yautepec furono classificati come semi di Ipomea violacea. Mentre la Turbina corimbosa cresce soltanto nei climi tropicali e subtropicali, l'Ipomea violacea è una pianta ornamentale diffusa in tutte le regioni temperate della terra. È conosciuta come convolvolo, la pianta che fa bella mostra di se nei nostri giardini, nelle varietà dei suoi calici di colore blu o a strisce rosse e blu. Gli zapotechi utilizzano, in aggiunta all'originale ololiuhqui (cioè i semi della Turbina corimbosa, che essi chiamano badoh), il badoh negro, i semi di Ipomea violacea. Questo particolare ci è stato riferito da T. Mac Dougall, che procurò ai nostri laboratori un maggiore quantitativo di questi ultimi semi.

All'esame chimico della droga ololiuhqui partecipò il mio valido assistente Hans Tscherter, con il quale avevo già condotto l'isolamento dei principi attivi dei funghi. Avanzammo l'ipotesi che i principi attivi dei semi ololiuhqui facessero parte della stessa classe di composti indolici a cui appartengono l'LSD, la psilocibina e la psilocina: Considerando il numero estremamente grande degli altri gruppi di sostanze che, come gli indoli, tenevamo in considerazione come probabili principi attivi dell'ololiùhqui, risultava assai difficile che questa supposizione rispondesse al vero. La cosa tuttavia poteva essere sperimentata. La presenza di composti indolici può essere facilmente e rapidamente determinata attraverso le reazioni colorimetriche.
Con questo metodo, persino piccole tracce di sostanze indoliche a contatto con un certo reagente conferiscono alla soluzione un intenso colore blu.

Le nostre ipotesi si dimostrarono vere. Estratti di semi ololiuhqui a contatto con il reagente appropriato dettero la caratteristica colorazione blu dei composti indolici. Con l'aiuto del test colorimetrico, riuscimmo in breve tempo a isolare le sostanze indoliche dai semi e a ottenerle in forma chimica pura. La loro identificazione approdò a un esito sorprendente. Quello che scoprimmo pareva all'inizio poco credibile. Solo dopo ripetizioni e più scrupolosi esami dell'intero processo i nostri dubbi su quei risultati furono eliminati: i principi attivi dell'antica droga messicana ololiuhqui si rivelarono identici a sostanze già presenti nel mio laboratorio. Essi erano simili agli alcaloidi ottenuti durante i lunghi decenni di ricerche sull'ergot; in parte isolati in quanto tali dall'ergot, in parte ricavati attraverso la modificazione chimica dei composti dell'ergot.
Amide dell'acido lisergico, idrossietilamide dell'acido lisergico e altri alcaloidi chimicamente molto simili a questi risultarono essere i fondamentali principi attivi dell'ololiuhqui. Un altro alcaloide presente era l'ergobasina, la cui sintesi aveva rappresentato il punto di partenza delle mie indagini sugli alcaloidi dell'ergot. I principi attivi dell'ololiuhqui, amide dell' acido lisergico e idrossietilamide dell'acido lisergico, sono molto vicini chimicamente alla dietilamide dell'acido lisergico (Lsd), come anche un profano di chimica può inferire dai nomi.

L 'amide dell'acido lisergico venne descritta per la prima volta dai chimici inglesi S. Smith e G.M. Timmis come prodotto di scissione degli alcaloidi dell'ergot, e io stesso avevo prodotto sinteticamente questa sostanza nel corso delle ricerche da cui ebbe origine I'Lsd. Di certo, nessuno all'epoca poteva sospettare che questo composto sintetizzato nel matraccio sarebbe stato identificato venti anni dopo con il principio attivo naturale di un'antica droga messicana. Dopo la scoperta degli effetti psichici dell'Lsd, mi ero sottoposto anche a un esperimento con l'amide dell'acido lisergico, rilevandone un'azione onirica simile a quello, ma solo con una dose 10-20 volte maggiore. Avevo sperimentato una sensazione di vuotezza mentale, di irrealtà e insignificanza del mondo circostante, una migliorata percettività acustica e una non sgradevole stanchezza fisica che alla fine indusse il sonno. Questo quadro degli effetti dell'LA-111 -il nome di laboratorio dato all'amide dell'acido lisergico -venne confermato in uno studio sistematico condotto dallo psichiatra H. Solms.

Quando presentai i risultati delle nostre indagini sull'ololiuhqui al Congresso sulle Sostanze Naturali, organizzato dall ' Associazione Internazionale per la Chimica pura e applicata (IUP AC) a Sidney, in Australia, nell'autunno del 1960, la mia relazione fu accolta con scetticismo dai colleghi. Nelle discussioni che seguirono alla mia conferenza, alcuni avanzarono il sospetto che gli estratti di ololiuhqui fossero stati contaminati da tracce di derivati dell'acido lisergico, vista la gran quantità di lavoro svolta con questi nel mio laboratorio.
Esisteva un altro motivo che spingeva la comunità scientifica a dubitare dei nostri risultati. La presenza di alcaloidi dell'ergot -che fino ad allora erano considerati costituenti esclusivi dei funghi inferiori -in piante superiori come la famiglia delle convolvulacee, contraddiceva il paradigma dominante, in base al quale certe sostanze si ritrovano 'solo all'interno di certi segmenti del regno vegetale, in effetti è un caso molto raro trovare un caratteristico gruppo di composti -in questo caso gli alcaloidi dell'ergot -in due divisioni del mondo vegetale ampiamente separate nella loro storia evolutiva.
Nondimeno i nostri risultati furono convalidati da successive indagini di laboratorio condotte sui semi ololiuhqui negli Stati Uniti, in Germania e in Olanda. Ciò però non fu sufficiente a eliminare lo scetticismo di alcuni, che si spinse fino a prendere in considerazione la possibilità di una contaminazione dei semi da parte di funghi produttori di alcaloidi. Il sospetto comunque fu cancellato sperimentalmente.

Sebbene pubblicati solo su riviste specializzate, gli studi sui principi attivi dell'ololiuhqui ebbero delle conseguenze inaspettate, Due grossi rivenditori olandesi di semi ci informarono delle vendite particolarmente eccezionali, rilevate all'epoca, di semi di Ipomea violacea. Questi commercianti avevano saputo che la grande richiesta aveva a che fare con le nostre ricerche sui semi ololiuhqui, di cui ci chiesero maggiori dettagli. Si venne a sapere che la fonte della nuova e insolita domanda si trovava presso i circoli hippy e altri gruppi interessati alle droghe allucinogene. Essi erano convinti di aver scoperto nei semi ololiuhqui un sostituto dell'LsD, che stava diventando sempre meno accessibile.
Il boom dei semi di convolvolo ebbe tuttavia breve durata, evidentemente a causa degli effetti non eccellenti sperimentati con questo nuovo e antico inebriante, i semi ololiuhqui, tritati e poi bevuti con acqua, latte o altri liquidi, hanno un sapore molto sgradevole e sono difficilmente digeribili. Inoltre, i loro effetti psichici si- differenziano da quelli dell'LsD per una componente euforica e allucinogena meno marcata, laddove invece predomina una sensazione di vuoto mentale, accompagnata spesso da ansia e depressione. Un'altra azione che non li rende molto appetibili è il senso di stanchezza e apatia che i semi procurano. Sono questi i motivi per cui l'interesse verso il convolvolo è andato diminuendo.

Solo in pochi casi è stato affrontato il problema dell'eventuale impiego medicinale dell'ololiuhqui. Secondo la mia opinione, varrebbe la pena chiarire soprattutto se il forte effetto narcotico e sedativo di certi suoi composti, o delle loro modificazioni chimiche, sia sfruttabile dal punto di vista medico.
Con gli studi sull'ololiuhqui le mie ricerche nel campo delle droghe allucinogene avevano raggiunto una sorta di conclusione logica.
Quello che ne conseguiva era un cerchio, si potrebbe quasi dire un cerchio magico: il punto di partenza era stata la sintesi delle amidi dell'acido lisergico del tipo dell'alcaloide naturale dell'ergot, l'ergobasina. Questa aveva portato alla sintesi della dietilamide dell'acido lisergico (LSD). Le proprietà allucinogene dell'LsD avevano indicato al fungo teonanacatl la strada verso il mio laboratorio. Il lavoro con il fungo allucinogeno, da cui erano state estratte la psilocibina e la psilocina, era proseguito con l'indagine di un'altra droga messicana, l'ololiuhqui, dove di nuovo erano state incontrate, come principi allucinogeni, le amidi dell'acido lisergico, compresa l'ergobasina - e così il cerchio magico si chiudeva.