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Archivio per il tag: Mohammad Rasoulof

“Il male non esiste”. Film premiato a Berlino

IL MALE NON ESISTE di Mohammad Rasoulof

 

UN FILM CHE PARLA AL CUORE E ALLA MENTE DI CHI HA VOGLIA DI INTERROGARSI SULLA PENA DI MORTE.

Recensione di Giancarlo Zappoli sul sito di Mymovies.it

Heshmat è un buon padre e un buon marito attento ai bisogni della famiglia. Ogni mattino si alza presto per andare al lavoro. Quale lavoro? Pouya non se la sente di essere colui che legalmente dovrà sopprimere una vita umana. Cosa dovrà fare per evitare questo compito? Javad non sa che insieme alla sua ufficiale dichiarazione d’amore in occasione del compleanno della fidanzata dovrà confrontarsi con un evento che l’ha scossa profondamente. Bahram è un medico che esercita in una località sperduta e che ha deciso di incontrare per la prima volta la nipote, che vive in Germania, per rivelarle un segreto.

Forse non tutti sanno che di “Bella ciao” non esiste solo l’universalmente nota versione partigiana ma anche una legata al lavoro delle mondine. Alcuni dei suoi versi recitano:

Il capo in piedi col suo bastone
o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao
il capo in piedi col suo bastone
e noi curve a lavorar.
(…) Ma verrà un giorno che tutte quante
o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao
ma verrà un giorno che tutte quante
lavoreremo in libertà.

È nella versione cantata da Milva che essi risuonano nel film di Mohammad Rasoulof a sottolineare il bisogno di liberarsi da un particolare lavoro in uno Stato che prevede ancora la pena di morte. Il cinema iraniano, anche quello di grande valore artistico e tematico, è rimasto quasi sempre legato a situazioni e condizioni locali. Solo l’emigrazione ha permesso ad alcuni registi (ad esempio Asgar Farhadi) di allargare i propri orizzonti.

In questa occasione Rasoulof, restando forzatamente in patria in seguito a una sentenza che lo considera “propagandista contro il governo islamico”, realizza un film che andrebbe acquisito dalle distribuzioni di tutto il mondo e, in particolare, da quelle dei Paesi che conservano nella loro legislazione la pena di morte.

Perché le quattro vicende che mette in scena in capitoli separati, aventi un loro titolo specifico, affrontano tutte il tema seppur da prospettive diverse e con grande efficacia narrativa. Rasoulof dice che un giorno ha visto casualmente in strada uno dei suoi persecutori del passato e si è messo a seguirlo con l’intenzione di affrontarlo verbalmente in modo molto duro. Ma, prima di farlo, si è accorto dai comportamenti dell’uomo che non era un mostro ma che lo Stato repressivo lo aveva indirizzato in modo tale che il suo lavoro ne garantisse la continuità illiberale.

I dilemmi morali che attraversano (o non attraversano) i personaggi sono universali e sanno parlare al cuore e alla mente di chi ha voglia di interrogarsi sul diritto (o meno) di sopprimere vite umane in base alle direttive di uno Stato che fa della repressione della libertà di pensiero di uomini e donne il proprio vessillo.

A proposito di donne: si noti come nel film non solo si faccia dire a una donna che portare il velo costantemente non è divertente, ma si fa anche vedere una tintura dei capelli e un dialogo in cui nessuna delle due protagoniste indossa il velo. Anche questa, non piccola, trasgressione ai dettami del regime si rivela come molto significativa. Se, come molto probabilmente accadrà, in Iran il film verrà bandito, il resto del mondo dovrebbe manifestare concretamente il proprio interesse. Il cinema non è fatto di soli Dead Man Walking.

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