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Naufragio delle coscienze

Naufragio delle coscienze

A luglio un peschereccio con 62 migranti a bordo s’inabissa a 500 metri dall’isola di Lampedusa. 46 i naufraghi salvati dalla Guardia Costiera. Per 16 migranti non c’è stato, però, nulla da fare: 7 i corpi ripescati immediatamente, tutte donne di cui una in stato di gravidanza. Gli altri nove hanno seguito l’imbarcazione a 80 metri di profondità, 2 bambini accanto a quelle che potrebbero esser forse le loro madri, altre tre donne e l’unico corpo maschile tra i 16 morti, quello dello scafista intrappolato sul ponte di comando. I drammi tra i flutti sono sempre quelli: se non arrivano immediati i soccorsi sul luogo di un naufragio i primi a morire sono i bambini, seguiti dalle loro madri e dalle donne.
50.000 euro il prezzo per ripescarli con i mezzi della Marina Militare, ma il governo non li ha stanziati. 50.000 euro è il prezzo che devi pagare se sei un migrante che muore in mare. Molto meno costa il funerale di qualsiasi italiano. Allora si è mossa la solidarietà delle persone e delle associazioni ma non basta: la Marina Militare non può ricevere fondi da privati quindi ha le mani legate. L’opzione di recuperare i corpi resta quella di reclutare società private ma i costi salirebbero alle stelle e i 50.000 euro non sarebbero più sufficienti. Soluzione: restano in fondo al mare finché ci dimenticheremo di loro.
Ad oggi non è stato possibile ripescare quei corpi che da più di due mesi giacciono in fondo al mare, in fondo alle nostre coscienze, giacciono sotto una frontiera e sotto la politica di accoglienza europea.

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