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IL PRIMO DELL’ANNO

Sarebbe potuto iniziare con un buon bottino l’anno di un giovane tunisino che attorno alla mezzanotte, puntando sul rumore dello scoccare dell’anno nuovo, ha ottenuto – mazza alla mano – un’apertura straordinaria di un nuovo negozio all’ultimo grido nel centro di Saronno. I Carabinieri di Saronno lo hanno acciuffato ancora dentro al negozio e lo hanno arrestato per furto aggravato e condotto al carcere di Busto Arsizio.

Di sbirri, provocazioni leghiste e altre quisquilie

A distanza di 15 giorni proponiamo qualche riflessione sul dispositivo repressivo, sia forze dell’ordine sia forze politiche, durante la tre giorni contro le frontiere a Saronno, focalizzando l’attenzione sui momenti di continuità e su quelli di discontinuità con il passato.

La solita canea mediatica, tipica di ogni momento di piazza nella città degli amaretti, ha seguito anche in questo caso la tre giorni contro le frontiere a Saronno.
Una tre giorni che oltre a favorire lo scambio, il confronto e la critica su idee e pratiche contro le frontiere, ha anche lasciato intravedere, volta più volta meno, alcune criticità riguardo la gestione dell’ordine pubblico e il dispositivo repressivo in generale, intendendo con questa espressione generica le forze politiche, le forze reazionarie, le forze dell’ordine e i mass media.
Partiamo dai fatti, conditi da qualche considerazione a margine.
Mercoledì 14 dicembre nel primo pomeriggio viene occupata la vecchia sede della Mutua in via Stampa Soncino 6. Uno stabile piuttosto grande e abbandonato dai primi anni duemila a ridosso del centro storico e a pochi passi dal Municipio e dalla Caserma dei Carabinieri.
Le iniziative della tre giorni iniziano il venerdì, con alcune iniziative di piazza pubbliche, alcune non pubbliche, e due momenti di discussione molto partecipati: uno riguardo le deportazioni e uno riguardo la seconda accoglienza.
Il venerdì due presidi alle due sedi di Poste Italiane a Saronno, uno mattutino improvvisato, e l’altro serale invece pubblico, informano decine di passanti del ruolo di Mistral Air e di Poste Italiane nella gestione delle deportazioni. Nel frattempo una quindicina di agenti in borghese presidia la stazione di Saronno armati di videocamere, pronti a riprendere da capo a piedi ogni persona considerata sospetta e/o giunta in città per prendere parte alla tre giorni.
Il presidio serale è costretto tra le forze dell’ordine, che però vengono eluse sia con blocchi a singhiozzo, sia in seguito sparpagliandosi tra il traffico serale, ricompattandosi poco dopo per un corteo in centro con cori e fumogeni.
La mattina seguente è la volta di un presidio a Fino Mornasco davanti alla sede della Rampinini, azienda privata di viaggi e trasporti che si presta, come Mistral Air (e quindi Poste Italiane), alla deportazione di migranti. Fuori dalla stazione un nutrito dispiegamento di celere e digos attende i manifestanti, che li aggirano e si piazzano davanti alla sede per il presidio.
La mattina del corteo il centro storico si sveglia con diversi occhi elettronici non funzionanti e ricoperto di scritte contro la sorveglianza, contro le deportazioni, contro le forze dell’ordine, contro Unicredit collusa con Erdogan, e in generale contro la gentrificazione lenta ma perpetua del centro storico, che con le nuove ordinanze e l’installazione di decine di nuove telecamere è sempre più un centro commerciale a cielo aperto, simbolo della Saronno che vorrebbe chi detiene, a vario titolo, il potere in città.
Nel pomeriggio il concentramento per il corteo è come al solito nei pressi della stazione, in piazza San Francesco, che però viene occupata un’oretta prima del ritrovo da un gazebo della Lega Nord, partito di maggioranza dell’amministrazione comunale. I compagni che provano a raggiungerla in corteo dallo spazio occupato vengono impacchettati, scortati e poi spostati a poche decine di metri dal gazebo leghista, in direzione della stazione ferroviaria, divisi da un nutrito cordone di celere. Un altro cordone blocca la via nell’altro senso, bloccando e impedendo quindi ogni possibilità di movimento. Il corteo si trasforma quindi in presidio, che dura un paio d’ore prima di sciogliersi dopo qualche coro e qualche intervento al megafono.
Nei giorni seguenti la solita pioggia di polemiche e condanne unisce i diversi schieramenti politici, lamentandosi del traffico e delle scritte, oltre che della presunta impunità (?!) di questi refrattari all’ordine costituito.

Dai fatti di questi giorni constatiamo come la Questura di Varese, oltre all’ormai consueto lavoro di schedatura e videoripresa, abbia predisposto un pacchetto sicurezza da grandi occasioni. La scelta è ovviamente politica e concerne tanto il Questore quanto Sindaco e Prefetto. Il cambio di passo consiste proprio nell’alzare il livello della repressione di piazza: da un lato con la forza poliziesca e di Stato, dall’altro – non meno subdolo e rilevante, con una strategia politica infima – con il posizionarsidei leghisti,con tanto di bandiere, a poche decine di metri dal punto di partenza di un corteo antirazzista e contro le frontiere (ovviamentescortati da un dispositivo di un centinaio di forze dell’ordine),mettendo in atto una chiara provocazione. Non è un caso inoltre, che a poche centinaia di metri dal gazebo leghista ci fosse un altro gazebo, presidiato dai militanti del partito di maggioranza più spostato a destra.
Nelle dichiarazioni postume del sindaco-sceriffo emerge il vanto riguardo i provvedimenti repressivi e polizieschi presi in questi primi mesi di governo della città: militarizzazione della Polizia Locale, aumento del controllo e della repressione verso venditori di strada e poveri in generale, raddoppio del sistema di videosorveglianza cittadino.
Riguardo la presenza conflittuale in città la nuova politica repressiva consiste quindi, come anche dichiarato dal sindaco stesso, nel pugno di ferro: pioggia di fogli di via ad hoc, pretestuose multe per volantinaggi o attacchinaggi, per arrivare infine alla provocazionedi piazza.
Nient’altro che cose di cui prendere atto.
Al pari di come c’è da prendere atto che la scelta di impedire con il dispositivo repressivo il corteo di domenica non sia stata una scelta di ordine pubblico o di gestione della viabilità, tant’è che rimanendo costretti in presidio in stazione il centro è rimasto sia blindato sia off limits alla viabilità, non risolvendo nessuna delle due questioni di cui sopra.
Al contrario le ragioni di questa scelta sono ben diverse da quelle decantate dalla canea mediatica che ha fedelmente riportato le parole dei partiti di maggioranza. Si è palesato invece l’intento repressivo di contenere una presenza indesiderata in quanto non dialogante con l’autorità, ma così facendo è stata impedita soltanto la comunicatività del corteo, non la presenza in piazza o le code alle porte della città.
E proprio questo è stato nei fatti l’intento poliziesco: dividere il corteo/presidio dai saronnesi, creare e blindare una sorta di “zona rossa”, impacchettare i manifestanti e quindi creare un clima di tensione che ha poi impedito ogni possibilità di comunicazione con la città.
Ogni momento, ogni situazione potenzialmente conflittuale si inseriscono nel più ampio rapporto con le forze dell’ordine, che in questi ultimi anni hanno provato in ogni modo (denunce a raffica, avvisi orali, fogli di via, goffi tentativi di reati associativi e sorveglianza speciale) a limitare e ridurre la presenza conflittuale sul territorio. Anche in quest’ottica può essere letta, secondo noi, la provocazione poliziesca e il dispositivo messo in piedi.
Di tutto questo c’è da prendere atto, consapevoli di come la comunicazione sia praticabile sotto diverse forme, e la fantasia in questo è una buona compagna di avventura, ma ben consapevoli di come l’agibilità politica si conquisti e si difenda metro per metro, colpo su colpo.

E che la presenza in città di chi degrada le nostre vite con la miseria della guerra tra poveri, con la silenziosa violenza di chi ha dalla sua la Legge, di chi specula – da sciacallo – sulla vita e sulla morte di migliaia di persone continui a necessitare della protezione dei servi in divisa, perché le parole hanno un peso. E le azioni anche.

Saronno, 3 gennaio 2017

Lo Stroligh 2.0

Ci siamo. Dopo mesi e mesi di inattività Lo Stroligh torna ad esistere. Diversi nelle intenzioni e nello stile. Diversi in tutto, anche nella composizione dell’assemblea o redazione (termine che utilizzeremo qualora volessimo darci un tono).

Con questa esperienza vorremmo provare ad analizzare quello che succede intorno a noi, sul territorio in cui viviamo quotidianamente (ahinoi nefasta provincia), con un altro approccio rispetto a quello che aveva caratterizzato il sito fino alla sua ultima pubblicazione. La lotta avrà infatti un ruolo centrale negli argomenti che tratteremo, sia essa già in corso o sia essa potenziale, sempre sulla base di quello che siamo noi, componenti di questo progetto.

Proveremo a fornire spunti di riflessione e di critica a questo mondo che vorremmo radicalmente diverso; lo faremo a volte in maniera ironica, a volte in maniera arrabbiata, a volte in maniera seria, ma speriamo mai confusa. Magari non riusciremo a scrivere nulla di interessante, ma potremo dire con una certa tranquillità di averci provato.

Saronno, 31 dicembre 2016

Calcio popolare

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Il piccolo Lebowsky

Negli ultimi anni si sono moltiplicati casi di società gestite attraverso l’azionariato popolare, ovvero la divisione della proprietà societaria tra più soggetti possibile attraverso il pagamento di una quota stagionale.
Troviamo esempi di questa pratica nei campionati maggiori di tutta Europa, con squadre come il Barcellona, l’Athletic Bilbao, il Bayern Monaco, ma è nel mondo del calcio minore, quello dilettantistico, che questa pratica trova il suo ambiente migliore: togliendo la possibilità a imprenditori di sfruttare una società per la propria scalata nel mondo del business calcistico, come successo a Saronno con Enrico Preziosi, e riconoscendo il valore di chi vive con passione il calcio, rimanendo distanti da logiche di mercato.
Questa forma di gestione societaria riporta il calcio alla sua dimensione popolare originaria, aggiungendo al ruolo del tifoso una partecipazione attiva nelle decisioni che riguardano la società, o, ancora più interessante, la possibilità di creare una società unicamente formata dai tifosi. Emblematica in questo contesto è la storia dell’ F.C. United of Manchester: contemporaneamente all’acquisto della proprietà della società del Manchester United da parte dell’imprenditore americano Malcolm Glazer alcuni tifosi dei Red Devils, una delle squadre più titolate e seguite dell’Inghilterra, decidono di ridare una squadra ai cittadini di Manchester, creando così l’F.C. United, la squadra dei tifosi. Moltissimi sono stati i tifosi che hanno seguito questo progetto, riempiendo in migliaia gli stadi della nuova squadra, partita nella sua prima stagione dall’ultimo livello del campionato inglese.
Anche in Italia ci sono molti esempi di gestione societaria attraverso l’azionariato popolare, principalmente nel calcio dilettantistico, nei quali è riscontrabile un attaccamento alla squadra molto forte e una partecipazione molto numerosa.
Crediamo che quello del Centro Storico Lebowski sia un esempio che valga la pena conoscere.
Nel 2004 un gruppo di amici accomunati dall’amore per il calcio e per lo stadio decidono di lasciare la curva Fiesole (storica curva della Fiorentina, la squadra principale di Firenze) per ricominciare dal calcio minore. Vanno così a pescare una squadra di Terza Categoria che si trovava in ultima posizione con una differenza reti incredibilmente negativa, l’A.C. Lebowski, di cui diventano i tifosi.
Sei anni dopo, nel 2010, gli Ultimi Rimasti Lebowski, questo il nome del gruppo ultras al seguito della squadra, decidono di fare il salto di qualità e di creare una società da loro gestita: nasce così il Centro Storico Lebowski.
Il Lebowski rappresenta l’alternativa a quel calcio che ormai non ha più nulla di popolare e originario, che ha portato centinaia di persone ad agire in prima persona per una semplice squadra di terza categoria, che ad ogni partita creano un clima carico di passione, e che a tutto questo riescono ad unire anche ottimi risultati sportivi. Negli ultimi 2 anni è stato protagonista di 2 promozioni e attualmente il C.S. Lebowski sta disputando il campionato di Prima Categoria.
Col passare degli anni la squadra ha guadagnato popolarità, tanto che molti giocatori, provenienti da categorie superiori, hanno deciso di giocare per i grigioneri rinunciando allo stipendio; è questo uno dei principi fondanti della squadra: nessuno, che sia dirigente, giocatore o allenatore, sarà stipendiato dalla società.
E’ un esempio apprezzabile, che riavvicina al calcio minore, fatto di sudore, campetti disastrati, divertimento e attaccamento, un processo che possa ridare vita allo sport che tante persone ha fatto innamorare da bambini, ma che, crescendo, ha finito per disgustarle.
E’ un calcio che non vuole avvicinarsi al mondo tanto criticato delle categorie professionistiche, che vuole rimanere sano e partecipato, che non vuole essere infangato dalle logiche di mercato, da sponsorizzazioni, da calciatori mercenari strapagati e da imprenditori opportunisti.

La piccola Saronno

Strana sorte quella dell’FBC Saronno: nato tra le prime 50 squadre in Italia ha vissuto il suo apice calcistico negli anni ’90, con una presenza costante nelle allora serie C1 e C2. Nel ’97 disputò i play-off per salire in Serie B, ma qualcosa andò storto. Già, perché in quell’anno il presidente del Saronno era l’imprenditore Enrico Preziosi, il quale dopo la vittoria per 1-0 contro il Carpi nell’andata delle due partite decisive per l’accesso alla serie cadetta annunciò l’intenzione di vendere l’FBC Saronno per acquistare il Como Calcio. La notizia destabilizzò non poco lo spogliatoio, e la gara di ritorno finì con una netta sconfitta: 3-0, con promozione per la squadra di Carpi.
Negli anni successivi il Saronno cercò di rimanere a galla in una situazione difficile dal punto di vista economico e di risultati sul campo, finché nel 2000 arrivò il primo fallimento.
Il primo decennio del 2000 assistette a vari tentativi di rinascita del Saronno calcio, sempre con scarsi risultati.
Chi segue il calcio sa che ora Enrico Preziosi è oggi il presidente del Genoa CFC, da oramai numerose stagioni militante in Serie A.
Nel ’97 Preziosi lascia il Saronno e approda al Como. Qui nel 2001 ottiene la promozione in Serie B, e la stagione seguente addirittura conquista una storica promozione alla Serie A.
L’anno successivo però la squadra non si conferma e retrocede nuovamente in Serie B. Comincia quindi la crisi anche per i lariani, abbandonati dal presidente Preziosi durante la stagione che li vedrà retrocedere in C1. Successivamente arriverà un’altra retrocessione ed infine il fallimento.
Mentre viene emessa contro Preziosi un’ordinanza di custodia cautelare per bancarotta fraudolenta e falso in bilancio, nel 2003 lo stesso acquista il Genoa CFC.
Questo è solo uno spaccato tipico di quello che viene chiamato calcio moderno.
La storia dell’FBC e del suo fallimento non è un caso isolato nel panorama calcistico e può fornirci una chiave di lettura paradigmatica di come si sia evoluto il fenomeno calcistico negli ultimi 20-30 anni.
Da una parte abbiamo Preziosi come emblema dell’imprenditore che sfrutta le piccole società per arrivare alla grande piazza.
Dall’altra parte abbiamo l’FBC, simbolo della piccola società, ma forse meglio della piccola cittadina che, dopo aver vissuto anni d’oro, si risveglia improvvisamente senza una squadra, per il semplice fatto di essere appunto una realtà di provincia, con scarsi margini di guadagno e di visibilità in confronto a quelli possibili in una grande città, e per questo di non essere all’altezza di avere una squadra competitiva nei massimi campionati nazionali.
È una semplice questione di mercato: se a Saronno guadagni 10 a Como puoi guadagnare 100.
Ma perché accontentarsi di 100 se a Genova puoi guadagnare 1000?
Il caso Preziosi è esemplare: il calcio tutto segue queste logiche, non è più sufficiente riempire gli stadi di tifosi, anzi si assiste ad un progressivo allontanamento, forzato o meno, delle masse dagli stadi, bisogna massimizzare i profitti con pay tv, sponsor, pubblicità, azionisti, eventi mediatici, tutto questo accompagnato dalla repressione verso quel movimento che in Italia ha preso il nome di ultras. Cambia il tipo di tifoso che è possibile incontrare negli stadi. Non più masse di giovani provenienti dai quartieri popolari, ma famiglie dei ceti medi e professionisti danarosi, pronti a spendere molti soldi all’interno dello stadio. Cambia per questo la forma e il senso degli stadi, non più adatti a contenere il numero elevatissimo di persone per cui erano costruiti negli anni ’80 e ’90, ma meno capienti per dare spazio a zone commerciali piene di merchandise della squadra locale.
Il calcio smette così di essere quello sport popolare che avevamo conosciuto e diventa uno strumento di lucro; in una situazione del genere non c’è evidentemente più spazio per la passione, ma solo per il profitto.

Ronde elettorali

Dal 21 novembre hanno fatto la loro comparsa sul territorio saronnese le ronde.
Uno sparuto numero di militanti del legnanese di Forza Nuova e di Fiamma Tricolore, partiti di chiara ispirazione neofascista, per una sera alla settimana si è impegnato a passeggiare per la città degli amaretti, con l’intenzione di contribuire in questo modo ad accrescere la sicurezza e combattesicurezza-3re il “degrado”.
Le ronde in questione non paiono essere state autorizzate dal Comune di Saronno, come previsto dal Decreto Maroni del 2009, che ne regolamenta lo svolgimento.
Queste passeggiate serali dei militanti forzanovisti e della fiamma sono partite proprio mentre la campagna elettorale per l’elezione del nuovo sindaco inizia a scaldarsi; il tema della sicurezza e del degrado sarà uno dei cavalli di battaglia delle destre, come anticipato nei mesi passati da numerose uscite dei politici locali.

“Mos Maiorum”: l’Assemblea Antifascista Saronnese scende in piazza contro il razzismo

A partire dalla data di lunedì 13 e fino a domenica 26 ottobre i paesi dell’area Schengen, tra cui l’Italia, hanno fatto partire l’operazione denominata “Mos Maiorum” e volta a colpire l’immigrazione clandestina. L’operazione, nata con lo scopo di identificare e indebolire le organizzazioni criminali dedite all’immigrazione clandestina, mira a fermare, controllare, espellere ed arrestare i migranti illegali, cioè in sostanza tutti coloro che risultino privi per qualsiasi motivo del permesso di soggiorno per l’anno 2014.
timthumb Contenuti e modalità dell’operazione di cui sopra sono stati illustrati alla cittadinanza locale Sabato 18 ottobre in occasione del presidio contro le derive razziste e securitarie organizzato dall’Assemblea Antifascista saronnese e che ha visto la presenza del cantautore Alessio Lega. La manifestazione, svoltasi dalle ore 15 alle ore 18.30, è stata pensata come risposta al corteo indetto a Milano dalla Lega Nord ed ha voluto rimarcare il rifiuto della propaganda razzista ed al contempo la solidarietà a tutti i migranti sfruttati e perseguitati.

Settembre e Ottobre a Saronno tra sgomberi e nuove occupazioni

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Case ALER di via Rosselli murate in seguito allo sgombero

Il panorama degli sgomberi e delle occupazioni sul territorio Saronnese nel corso dei mesi di settembre ed ottobre 2014 è stato alquanto movimentato. Difatti, dopo lo sgombero dello squat Telos avvenuto in data mercoledì 10 settembre, la reazione degli anarchici locali non si è fatta attendere più di tanto: dopo l’occupazione di quattro ulteriori immobili (due case Aler, un’abitazione privata ed un locale di proprietà del Comune il cui bando di assegnazione era andato completamente deserto), sabato 27 settembre la città è stata attraversata da un lungo e molto partecipato corteo di protesta, che ha lasciato indubbiamente il segno sulla città degli amaretti.

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Casa ALER di via Don Minzoni, muarata in seguito allo sgombero

Mentre l’abitazione privata è stata abbandonata dagli occupanti dopo che gli stessi sono venuti a conoscenza dell’imminente lavoro di ristrutturazione dello stabile, abbandonato da oltre 30anni, alle case ALER è stato l’intervento delle forze di polizia a cacciare gli occupanti. Presentatisi a due settimane esatte dalle occupazioni, alle 5 di mattina un ingente dispiegamento di forze (alla presenza del Questore stesso) ha provveduto a restituire dell’ALER il possesso delle abitazioni. Nonostante le dichiarazioni dei dirigenti ALER che sostenevano una delle case fosse stata già assegnata, sono state ben tre le abitazioni murate (le due abusivamente abitate e una terza di proprietà ALER anch’essa rimasta vuota per anni), come documentato da alcune foto pubblicate su internetm che qui riportiamo.
Il negozio di proprietà comunale sito in via Busnelli 79 pare invece essere stato prontamente assegnato ad una associazione, che nei prossimi giorni dovrebbe trasferire colà la propria attività.

Il “sistema Kaleidos”

A distanza di sei anni aggiorniamo questo articolo (risalente infatti al luglio 2014).

In questi sei anni infatti sono passati due gradi di giudizio, e l’indagine è “passata in giudicato”, per parlare il linguaggio dei tribunali.

Andando in ordine cronologico: il signor Vanzulli Massimo, insieme ad altri coimputati tra cui Ceriani Oreste, Goi Monica, Lazzaro Francesco, viene condannato nel giugno 2017 in primo grado per turbativa d’asta.

Nella fattispecie Vanzulli viene condannato a un anno abbondante e una sanzione pecuniaria. Il tutto con la sospensione condizionale della pena.

Nel 2019 la Corte d’Appello di Milano con sentenza n. 2725/2019 del 12/09/2019, dispone di non dover procedere nei confronti degli imputati per sopraggiunta prescrizione.

Finisce quindi con una assoluzione per prescrizione l’iter giudiziario del sistema Kaleidos di cui si è parlato ampiamente su stampa locale e nazionale a partire dal 2014.

Nessuna condanna per Massimo Vanzulli e gli altri imputati, tutti collegati a vario titolo al mondo di Comunione e Liberazione e della Compagnia delle Opere di Saronno, di cui Vanzulli è stato lungamente presidente.

Non solo, Kaleidos non esiste formalmente più: come apprendiamo dalla sentenza qui in allegato il nome è ora Galt srl, pur mantenendo la stessa sede sociale e lo stesso amministratore delegato, lo stesso Vanzulli.

Non si tratta dell’unica volta che l’ambiente di CL viene travolto da vicende giudiziarie: un esempio è l’ex Presidente di Regione Lombardia Roberto Formigoni, condannato in via definitiva per fatti differenti da quelli in questione. Vista la vicinanza estrema con gli ambiti cattolici ed ecclesiastici, la speranza è che tutti possano cogliere l’illuminazione, affidarsi al Cuore Immacolato di Maria e redimersi.

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Questo l’articolo del 2014

Il 22 gennaio dello scorso anno la polizia arresta 16 persone, 7 tradotte in carcere e 9 ai domiciliari, con l’accusa di aver truccato appalti pubblici per il valore di 10 milioni di euro. I reati contestati sono di turbativa d’asta e corruzione.
Due degli arrestati sono personaggi molto conosciuti nel saronnese, nonché esponenti del direttivo della Compagnia delle Opere di Saronno. Un’altra è dirigente ALER, mentre nell’indagine sono coinvolte Ferrovie Nord, Metropolitana Milanese e i Comuni di Como e di Castellanza.
Al centro delle indagini vi è una società con sede a Saronno, la Kaleidos Srl, esperta di auto a noleggio per aziende pubbliche e private, legata alla Compagnia delle Opere, e la Sems, società partecipata al 31,5 per cento dalla stessa Kaleidos e per il resto da Ferrovie Nord, che ha sede in piazzale Cadorna 14 a Milano, stesso indirizzo di FNM. A capo del cda della Sems siede nientemeno che Gaetano Giussani, fratello di don Luigi, fondatore di CL.
Sei degli arrestati lavoravano direttamente per la Kaleidos, mentre altri due, secondo investigatori e inquirenti, sono ritenuti vicini alla Compagnia delle Opere.
Al centro delle indagini vi è Massimo Vanzulli, presidente della società Kaleidos, amministratore delegato della Sems, e inserito nel direttivo della CdO saronnese. Il compito di Vanzulli, secondo il GIP, «è quello d’intessere relazioni di amicizia coi pubblici funzionari, rapporti che poi vengono strumentalizzati alle finalità illecite degli operativi di Kaleidos». Secondo l’accusa la Kaleidos poteva far intervenire in suo favore anche l’ex ad di Trenord Giuseppe Biesuz, arrestato nel mese di dicembre 2013 nell’ambito di un’altra inchiesta sul fallimento di una società che lo vede imputato per bancarotta.
A quanto sostenuto da polizia e magistrati la Kaleidos dettava quindi le linee per configurare gare su misura, tanto da arrivare a consigliare i funzionari regionali sulle condizioni da includere negli appalti, a volte chiedendo perfino che si “alzasse la base d’asta” per ottenere guadagni più vantaggiosi. Grazie a questo meccanismo la Sems, scrivono i carabinieri – riusciva ad accaparrarsi circa tre quarti dei contratti finanziati con contributi regionali, per quasi 20 milioni di euro”. Denaro pubblico, per il “60-65 per cento coperto da Regione Lombardia e per il restante dagli enti locali”.
Secondo quanto sostenuto dalla magistratura la Kaleidos sarebbe riuscita per anni a mettere le mani su appalti pubblici da migliaia di euro, solo “grazie a una rete di collusioni e contatti”. Grazie a rapporti con quella che i pm Paolo Filippini e Antonio D’Alessio chiamano “una vastissima rete fra imprenditori e professionisti”, che andavano avanti grazie alla “comune appartenenza” al movimento di Comunione e liberazione.
Lo stesso Vanzulli dice: “Sicuramente sono a conoscenza che i funzionari (della Regione), con cui mi sono relazionato, si rifanno alla comune appartenenza al movimento di Comunione e Liberazione”. E benchè sostenga “che io offrivo un prodotto tecnicamente competitivo”, subito dopo è costretto ad ammettere come “ritengo che tale comune appartenenza mi abbia favorito”. E non basta. Per essere ancora più dettagliati, l’ex manager ricorda ai magistrati come “il valore delle mie capacità relazionali e l’efficacia delle stesse sono riconducibili alla mia appartenenza alla Compagnia delle Opere, appartenenza che ha influito sulla gestione degli appalti oggetto del processo penale”.
Da questa come da altre indagini sembra insomma che nel corso del ventennio della presidenza di Roberto Formigoni (non indagato in questo filone, ma rappresentanza di spicco di CL), funzionari della stessa area politica avvantaggiavano spudoratamente aziende della “stessa appartenenza”.

Questi sono, a grandi linee, i dati che hanno portato agli arresti di cui sopra. Ma per comprendere appieno le implicazioni di questa vicenda bisogna spendere due parole su cosa sono CL e la Compagnia delle Opere.
Il movimento di Comunione e Liberazione (abbreviato in CL) nasce nel ’68 in ambienti universitari milanesi. In poco tempo si diffonde in tutta Italia e anche all’estero.
CL si presenta come un movimento ecclesiale di educazione alla vita di fede, e non è mai stato ufficialmente legato a nessun partito politico. Tuttavia sono molto numerosi gli aderenti a CL che si occupano di politica, all’interno delle università come nell’amministrazione di comuni, provincie e regioni. E’ proprio dalle Università che parte il potere di CL, e la presenza di questa organizzazione al loro interno è sostenuta dalla presentazione di liste per le elezioni universitarie cielline (Obiettivo Studenti, Student Office, ecc) come dalla gestione di cooperative con servizi di copisteria e libreria (CUSL). Inoltre CL si è dotata di una rivista ufficiale, il mensile Tracce, e di una casa editrice, la Jaca Book.
Al di fuori dell’ambito universitario la presenza ciellina è rappresentata principalmente dalla Compagnia delle Opere. Questa è una associazione di tipo imprenditoriale, presente principalmente in Italia, con 40 sedi (di cui una a Saronno), che associa circa 34.000 imprese e circa 1.000 associazioni no-profit. La CdO si può considerare a tutti gli effetti il braccio operativo del movimento ciellino in ambito imprenditoriale e finanziario. La presenza della CdO è molto forte soprattutto in Lombardia, dove hanno luogo la sua sede nazionale, a Milano, oltre a ben 12 delle sue sedi locali.

Interessante è però capire come CL e la CdO agiscono.
La lobby di DioSecondo lo scrittore del libro “La lobby di Dio”, il modello, in gergo ciellino, si chiama “amicizia operativa”. La teoria di Pinotti Ferruccio, lo scrittore di questo libro-inchiesta, è che oggi sempre più imprese, complice la crisi finanziaria, si avvicinino a CL per godere dell’ombrello protettivo della Compagnia delle opere. Pinotti indaga sui rapporti del movimento con Berlusconi fin dagli anni Settanta, sui legami con la sinistra e con la Lega Nord. Dall’università alla scuola, alla sanità, alla finanza, all’edilizia, ai servizi sociali e all’assistenza, quello legato a CL sarebbe un business che vale miliardi di euro e capace di sedurre tutti, imprenditori, politici e uomini d’affari.
Questa tesi pare essere confermata dalle numerose inchieste scoppiate negli anni, Oil for Food, Why Not, La Cascina, oltre a quella della Procura di Padova sui fondi Ue o i procedimenti che hanno toccato la sanità lombarda.
Insomma, da questa come da molte altre inchieste pare emergere quello che chi è prima o poi entrato in contatto con CL sa già: CL e CdO costituiscono delle lobby di potere, dei gruppi chiusi che gestiscono il proprio potere, politico ed economico, in maniera clientelare, favorendo gli aderenti al proprio gruppo, e in questo modo penalizzando chiunque ne sia al di fuori.
Questa lobby di potere pare aver ottenuto il suo massimo splendore con gli anni di governo regionale di Formigoni, il Celeste. «Un sistema di potere come quello di Formigoni, CL, non esiste in alcun punto del Paese», scrisse il giornalista Eugenio Scalfari. «Nemmeno la mafia a Palermo ha tanto potere. Negli ospedali, nell’assistenza, nell’università, tutto è diretto da quattro-cinque persone».
Durante il governo Formigoni erano, non a caso, parecchi i ciellini al comando dei giusti gangli di potere: Raffaele Cattaneo, assessore alle Infrastrutture e mobilità, presente nel cda della Sea, la società di gestione degli aeroporti di Milano, e nei consigli di sorveglianza di Infrastrutture Lombarde Spa e Lombardia Informatica. Giulio Boscagli, assessore alla Famiglia e solidarietà sociale, cognato di Formigoni, rappresenta la Regione anche nel cda del Politecnico di Milano.
Romano Colozzi, assessore ai Rapporti istituzionali e Risorse e finanze e nel cda di Aifa, Agenzia italiana del farmaco. Gianni Rossoni, assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro, presidente del comitato regionale Artigiancassa, la banca che ha come business la gestione dei fondi pubblici a favore dello sviluppo e del finanziamento del settore artigiano.
La lista potrebbe proseguire a lungo (per chi voglia approfondire segnaliamo questo link: http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/08/22/il-sistema-di-potere-di-comunione-e-liberazione/51990/) e mette bene in evidenza come il Celeste abbia saputo, in piena attitudine ciellina, mettere i propri uomini nei punti giusti, per controllare di fatto ogni movimento economico, e non solo.

Insomma, quello che ci dice la vicenda Kaleidos è che una parte di questi tentacoli vede allungare le sue propaggini anche qui, sul territorio del nostro comune (ed è scontato crederlo, se si pensa a quanto siamo vicini a Milano, e a quanti personaggi, anche politici, legati a CL ci siano nel nostro Comune).

Come detto, non è tanto quel che viene fuori da questa inchiesta che ci sorprende, considerando la pregressa conoscenza del mondo ciellino.
Quello che invece ci lascia amareggiati è constatare come questa vicenda, di indubbia gravità, sia dal punto di vista politico, dato che mostra come vi sia della corruzione nelle pubbliche amministrazioni, sia sul piano economico, dato che è proprio coi soldi di tutti che questi personaggi si sarebbero arricchiti (“Le mazzette – come ha infatti spiegato il procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Robledo – venivano caricate sul prezzo degli appalti e quindi sulla collettività”), pare essere passata del tutto in secondo piano, sia sui quotidiani locali, dove sono stati spesi solo alcuni brevi e poco incisivi articoli, sia sul fronte dell’opinione pubblica, che non sembra essersi indignata né un minimo arrabbiata, di fronte a questa presunta ruberia ai danni della collettività.
Nessuna dichiarazione dei politici, locali oppure no, è stata rilasciata a riguardo, al di là di alcune uscite ultra garantiste.
Quando Riccardo Picco viene trovato morto nel lago di Varese tutti i politici locali si stringono intorno alla famiglia. Picco, direttore generale dell’assessorato all’agricoltura della Regione Lombardia, viene considerato da tutti come un brav’uomo, tanto che vengono subito zittite le malelingue che lo vogliono coinvolto nella vicenda Kaleidos, scoppiata proprio qualche tempo prima della sua morte. Quando mesi dopo i PM confermeranno però il coinvolgimento di Picco nel “sistema Kaleidos” nessuno spenderà una parola a riguardo.
La vicenda Kaleidos è passata talmente in sordina che nessuno si stupisce di vedere, da qualche tempo, le macchine elettriche della ditta Sems disponibili per il car-sharing all’esterno della stazione saronnese.
Tutto pare essere passato sotto silenzio, per la salvaguardia del quieto vivere saronnese e degli interessi economici dei soliti noti.

FONTI:

http://milano.repubblica.it/cronaca/2014/02/07/news/vincevo_gli_appalti_del_pirellone_perch_erano_tutti_di_cl_come_me-77894468/

http://milano.repubblica.it/cronaca/2013/12/15/news/pirellone_finivano_agli_amici_di_cl_i_contributi_per_le_auto_ecologiche-73574842/

http://www.ilmondo.it/economia/2013-01-23/lombardia-scandalo-kaleidos-quei-fili-che-portano-alla-compagnia-delle-opere-cielle_183211.shtml

http://www.ilgiornale.it/news/milano/terremoto-lombardia-arresti-appalti-truccati-sul-noleggio-877672.html

http://247.libero.it/lfocus/19464921/1/i-pm-picco-era-nel-sistema-kaleidos/

http://www.infonodo.org/node/35553

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/08/22/il-sistema-di-potere-di-comunione-e-liberazione/51990/

http://it.wikipedia.org/wiki/Comunione_e_liberazione

http://www.cloroalclero.com/?p=2944

Senza casa e senza lavoro da tre anni…

Se i dati diramati dalle agenzie statistiche non mentono, l’emergenza abitata cresce velocemente su tutto il territorio nazionale, parallelamente e in conseguenza anche S_ABITATIVA_SITO_larger_featured_imagedella crescente disoccupazione.
E’ sempre più evidente che questo fenomeno non interessi più solo le fasce più “deboli” della società; emblematica è a riguardo la vicenda di un geometra saronnese. Da tre anni senza lavoro, si confronta con l’impossibilità di trovare i soldi per pagarsi un affitto e per il proprio sostentamento.
A poco sarà valsa probabilmente, se non ad
alzare l’attenzione sulla sua situazione, la protesta messa in atto qualche giorno fa presso lo stabile comunale. Il saronnese si è simbolicamente accampato, con sacco a pelo al seguito, all’interno del suddetto palazzo per denunciare pubblicamente il proprio stato e le omissioni della Pubblica Amministrazione.
Questi casi di emergenzialità appaiono sempre più connessi tra loro, e c’è da credere che nei prossimi mesi
situazioni simili si riproporranno con insistenza.