Formazione, ricerca, insegnamento




L'istruzione pubblica, in ogni suo livello, è stato uno degli obbiettivi principali delle politiche d'austerità dall'inizio della crisi ad oggi. Dai tagli della 133 alla riforma Gelmini, dalla riforma Profumo ai provvedimenti della Carrozza, fino ad arrivare ai recenti attacchi della Ministra Giannini all'orario di lavoro dei docenti, governi di ogni colore politico hanno continuato a colpire l'istruzione, da un lato con tagli devastanti volti a far fronte ad un debito pubblico mastodontico, dall'altro tramite meccanismi di disciplinamento e valutazione (ispirati da retoriche meritocratiche insensate e classiste) che altro non fanno che approfondire gli squilibri esistenti ed impoverire l'offerta formativa. L'attacco alla formazione colpisce tutte le sue figure. I dispositivi per il diritto allo studio sono ormai ridotti all'osso, incapaci di fronteggiare l'impoverimento che, con la crisi, sta colpendo gli studenti e le loro famiglie: è finito il tempo del sensazionalismo rispetto al crollo delle iscrizioni alle università verificatosi negli ultimi anni. Il continuo processo di precarizzazione del mondo del lavoro si riverbera con forza sul mondo della formazione. Quasi il 20% dei docenti delle scuole superiori ed il 25% dei ricercatori universitari hanno un contratto precario, ed il fenomeno del "lavoro non pagato" si impone con prepotenza tramite gli stages ed i tirocini, veri e propri periodi di lavoro, spesso scarsamente qualificato, presentati come momenti di formazione che gli studenti sono obbligati ad affrontare per conseguire un titolo. I docenti delle scuole italiane sono ufficialmente pagati meno della media Europea per più ore di lavoro settimanali, ma nonostante ciò da anni assistiamo a offensive retoriche tese a rappresentare come parassiti dell'Italia che lavora, lavoratori e lavoratrici strasfruttati e sulle cui spalle pesa la responsabilità della formazione di intere generazioni, quasi sempre in condizioni di affollamento e mancanza di strutture adeguate.

Analoga situazione vive il settore della Ricerca Pubblica indirizzato, attraverso la costante e pesante riduzione degli stanziamenti ordinari e verso un perverso rapporto con le aziende private che comporta inevitabilmente una sempre maggiore subordinazione alla logica del profitto e il progressivo l’abbandono di quella committenza sociale riferimento prioritario degli Enti Pubblici di Ricerca. Un sostanziale stravolgimento del ruolo della ricerca pubblica realizzato anche grazie alla massiccia precarizzazione del personale (circa il 30%) che, di fatto, pone i lavoratori in una condizione di estrema debolezza e li costringe a rinunciare alla propria indipendenza scientifica e, quindi, a sottrarsi alla propria reale funzione.

Questi processi di tagli, precarizzazione e disciplinamento sono ben lungi dall'essere conclusi, e non è un caso che proprio da scuole ed università siano partite negli ultimi anni proteste esemplari: a partire dall'Onda e dal movimento contro la soppressione e l’accorpamento degli Enti Pubblici di Ricerca del 2008 fino alla lotta delle scuole nel 2012, passando per quelle universitarie del 2010: alle mobilitazioni dei docenti di ogni grado gli studenti hanno risposto con mobilitazioni imponenti, segno di una disponibilità costante di tutto il mondo dell'istruzione a lottare contro le politiche neoliberiste di smantellamento del pubblico e precarizzazione del mercato del lavoro; una volontà di lottare che negli anni ha visto uniti non soltanto studenti e docenti ma soprattutto precari al fianco dei "garantiti", le scuole al fianco delle università.

Proponenti: Cobas, UDS, Rete della Conoscenza, Link, Assemblee di Scienze politiche, Lettere, Filosofia e Medicina dell'Università La Sapienza, AteneinRivolta.


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