Nonostante
il panorama lavorativo
archeologico cambi radicalmente da un luogo all'altro della nostra
penisola, le cose che stanno accadendo in Trentino possono essere di
sprono e forse d'esempio anche per altre regioni d'Italia.
E' in corso infatti una lotta per chiedere che anche nella provincia di
Trento, come già da anni stabilito in quella di Bolzano,
venga impiegato il contratto edile dalle ditte archeologiche
impegnate sul territorio regionale.
La
più grande ditta
archeologica del
Trentino, che esegue la stragrande maggioranza dei lavori in provincia,
ha sempre lavorato assumendo gli operatori con il contratto
per gli studi tecnici e professionali. I dipendenti si ritrovavano
dunque a lavorare per una misera paga in un vero e proprio cantiere,
senza le garanzie previste dal contratto per gli edili.
Per
anni i dipendenti
hanno chiesto
delucidazioni sul tipo di contratto applicato e sulle possibili
alternative allo stesso: nessuna risposta. Quando invece nel 2008
questi ultimi, spazientiti, iniziano
una lotta per ottenere i propri diritti rivolgendosi ai sindacati, la
risposta non si fa tanto
attendere: si trovano tutti senza lavoro...a parte pochi intimi.
I
malcapitati, trovatisi
all'improvviso
in mezzo a una strada (siamo all'inizio del 2009), continuano la loro iniziativa insieme ai
sindacati e partono le vertenze mentre la ditta assume numerosi nuovi giovani dipendenti per rimpiazzare la squadra.
Sono
anche questi nuovi assunti a firmare una lettera che viene spedita ad
alcuni politici (presidente della Provincia compreso) e a vari enti
(sindacati, inps) in cui si getta fango (per non dire altro) su un
manipolo di ex dipendenti che, agendo senza criterio, rischiavano di
far andare in crisi la ditta detentrice, a loro dire, di un grande
patrimonio d'esperienza archeologica maturata nel corso degli anni,
mettendo a rischio anche, quindi, il posto di lavoro degli
altri dipendenti, che non sarebbero nemmeno stati informati
dell'iniziativa.
Si
tratta ovviamente di
abominevoli
falsità.
La
lettera è firmata
infatti da un circa 8
persone, in granparte neo-assunte e non presenti quindi all'epoca della contestazione.
E la
risposta degli ex
dipendenti, che
hanno dovuto nel frattempo aggiungere dei buchi alla cintura dei
pantaloni, non si fa aspettare.
Una lettera indirizzata a politici,
ricercatori, professori, enti, ecc. in cui si prende una posizione
forte spiegando come siano andate realmente le cose. La missiva è stata
firmata da 28 persone, fra i quali anche altri operatori archeologici
trentini precari e non che hanno voluto dare la loro solidarietà.
A questa
lettera fa seguito una conferenza stampa (con relativo
comunicato dei sindacati) a cui erano presenti
una parte dei firmatari, i sindacati e altre persone interessate. Il
giorno dopo (16/07/09) sui giornali locali (
"L'Adige" e
"Il Trentino") escono gli articoli in proposito.
La ditta risponde con
un articolo,
uscito sul giornale il 17 luglio, in cui respinge le accuse
arrampicandosi sugli specchi e dichiarando il falso quando arriva a
scrivere che una parte consistente dei lavoratori, tenuta all'oscuro di
tutto, avrebbe poi pubblicamente preso le distanze dalle vertenze in
corso. Cosa già smentita dalla
lettera di cui sopra, in quanto tra i
firmatari di questa dichiarazione pubblica, figurano solo 3 dipendenti
nell'organico della ditta all'epoca dei fatti: due dei quali erano
stati informati ed erano, all'inizio, parte attiva anche loro della
protesta. Per ovvie ragioni, l'unica dipendente a non essere stata
informata è anche la compagna e convivente di uno dei due soci della
ditta stessa.
Ma continuaimo con la cronistoria: il 3 agosto il quotidiano Adige pubblica
una lettera scritta dagli ex dipendenti.
Il 20 agosto esce invece
un'altra
lettera redatta da alcuni attuali dipendenti CORA che difendono a spada
tratta la ditta. Poco dopo arriva
la risposta di un ex dipendente attraverso una lettera all'Adige.
Un mese dopo (18/09/2009) ha luogo una
conferenza-dibattito a Riva
del Garda sulla professione dell'archeologo organizzata dalle
associazioni di categoria (A.N.A. e C.I.A.).
La
ditta in questione, la CORA Snc, risponde all'iniziativa,
a cui era stata invitata anche lei, con un'email
spedita a tutti gli invitati all'incontro e agli organizzatori. Il testo dell'email è
QUESTO e si commenta da solo...
L'incontro
è molto concitato, a tratti litigioso. I dipendenti
della ditta CORA pongono fine al dibattito andandosene indispettiti dalla sala. Leggete pure il
resoconto ufficiale del dibattito redatto dalla C.I.A.,
un resoconto redatto da uno dei partecipanti e
una lettera inviata al giornale con la versione di una dipendente della CORA. Durante l'incontro viene distribuito un
dossier
curato dalla ditta stessa in cui si fa un resoconto di ciò che è accaduto fino
a questo momento, una raccolta di articoli e lettere accompagnate da
immagini e commentini a tratti offensivi.
In concomitanza con l'evento esce sulla rivista
ArcheoNews (n.68)
un articolo scritto da parte degli ex dipendenti.
Poco dopo, sulla stessa rivista, esce
la risposta
della ditta sotto accusa.
Subito dopo il dibattito una decina di
dipendenti della CORA Snc si iscrivono alla FILCAMS, una sezione
della CGIL che tutela i lavoratori assunti con contratto per Studi
Tecnici e Professionali. Questa è stata probabilmente una mossa strategica per
tentare di superare in numero gli otto ex dipendenti che, per le
vertenze, sono seguiti dalla FILLEA (sempre CGIL) che si occupa
invece del contratto Edile. Una mossa che dovrebbe servire, agli
occhi di chi l'ha orchestrata, a mettere zizzania all'interno del
sindacato e sostenere la tesi, infondata, che non c'è ancora
chiarezza sul tipo di contratto da applicare e che di conseguenza
ogni ditta può fare la sua scelta.
A metà dicembre viene approvato in provincia un
Ordine Del Giorno stilato da Mattia Civico, consigliere del PD, in cui si chiede l'applicazione del contratto edile in campo archeologico
(Dal Sito della Provincia).
All'inizio del 2010 compare sul sito della FILCAMS CGIL
un articolo
che difende la ditta CORA, ribadendo le stesse cose, trite e ritrite.
Fra i firmatari una fantomatica associazione P.R.O.ARCHEO, neo-nata e
capeggiata dal suo presidente "super partes" Michele Bassetti,
nientepopodimeno che: uno dei due soci della CORA Snc. Ora la ditta e i
suoi dipendenti superano se stessi e si ergono a baluardo di tutti gli
archeologi proponendo un nuovo contratto che tuteli i loro
diritti...non all'interno dell'edile ovviamente.
L'articolo
cita anche l'Ordine Del Giorno suddetto riportando solo però le uniche
tre righe in cui non si fa riferimento al fatto che il contratto edile
è la soluzione più ovvia per i cantieri archeologici alterandone così
il senso e travisandone gli scopi.
L'11
agosto 2010 si svolge una conferenza stampa a Trento indetta dai
sindacati in cui si comunica che è pronto un protocollo firmato
da CGIL, CISL, UIL, ANCE (Associazione Nazionale Costruttori
Edili), Associazione Artigiani e dalla Federazione delle
Cooperative. Il protocollo prevede che in questa provincia, in caso di
appalti per cantieri archeologici, gli operatori devono
essere assunti con il contratto nazionale dell'edilizia, come pertanto
già previsto e stabilito (anche se non applicato) in sede nazionale.
Protocollo
che, al termine del periodo festivo di agosto, verrà sottoposto
all'ultimo avvallo, quello degli organi politici competenti della
Provincia Autonoma di Trento.
Ecco il
comunicato della CGIL in tal proposito e gli articoli apparsi sul quotidiano
"Adige" e sul
"Trentino" il giorno seguente.
Non si fa aspettare la risposta della controparte, costituita soprattutto dai lavoratori della ditta CORA Snc, con
una lettera apparsa
sul "Trentino" il 15 agosto. I lavoratori si schierano contro la Fillea
CGIL e sminuendo il ruolo di enti
quali l'Ance, l'Associazione Artigiani e la Federazione delle
Cooperative nelle loro proprie competenze. Oltretutto la fantomatica
associazione P.r.o.Archeo, menzionata nella lettera, è nata proprio
quando le cose si stavano
mettendo male per la CORA Snc e guarda caso il presidente è un certo
Michele Bassetti, uno dei due soci della stessa ditta, il segretario
invece, a garanzia della più totale imparzialità, è nientepopodimeno
che...Nicola Degasperi, l'altro socio. Ognuno tragga le
dovute conclusioni.
Tutto tace apparentemente fino al 9 dicembre 2010 quando esce un
articolo sul quotidiano "Il Trentino" in cui un'archeologo precario,
dopo anni di esperienza nel settore è ridotto a fare il postino a
contratto determinato, si fa intervistare da una giornalista che sta
svolgendo un'indagine sui lavoratori precari di vari settori.
L'intervista appare in
prima pagina e prosegue
all'interno, con una breve
rettifica
su alcuni particolari malconpresi pochi giorni dopo. Dal momento che
l'intervistato accennava brevemente anche alle vicende inerenti alla
questione CORA, il 19 dicembre appare una
risposta
sul giornale da parte di tre stipendiati della stessa ditta (di cui una
è la compagna e convivente di uno dei due soci) che, come al solito,
prendono le parti dei loro padroni difendendoli su ogni terreno. Va
bene che la miglior difesa è l'attacco ma in questo caso l'iniziativa
si commenta da sola, anzi, vista l'assurdità delle posizioni espresse
che coprono di ridicolo gli stessi autori della lettera, ci pensa lo
stesso giornale a commentare il tutto in calce.