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INTERVISTA A LAUSO ZAGATO - 1 NOVEMBRE 2001


Prima ho parlato di un prezzo molto alto per aver fatto questa esperienza così singolare e arricchente intellettualmente e politicamente, non tanto eticamente, perché non è che si riuscirono a creare rapporti nuovi, per quanto questo voglia dire. Forse prendemmo allora quel modo di ragionare e comportarci così antitattico e per estremizzazioni che caratterizzò (non solo nel male ma anche nel bene) il vecchio PO, che poi avrebbe creato reazioni eccessive e portato le generazioni successive a credere che l'unica cosa che contasse era l'attività tattica, il gradualismo e via dicendo. Ciò avveniva per reazione a quelle puntualizzazioni estreme a cui bisognava velocemente adeguarsi, spesso senza dare alle cose il tempo di maturare e di crescere.


Prima hai accennato al cambiamento della dimensione e della diffusione territoriale della zona.

Questo è importante per noi. Un aspetto è quello che riguarda le lotte nell'entroterra veneto, che naturalmente assumono una vera dimensione e possono svilupparsi completamente solo con la stagione dei contratti. Qui essa è negativa, e in qualche modo anche a Marghera, però consente un'enorme diffusione nella provincia a cui l'apparato sindacale non può fra fronte. Fortunatamente viene meno il vecchio apparto di controllo antisindacale che spazzammo via da un momento all'altro e si crearono i livelli di massa, perché non è che funzionasse solo una generazione di quadri. C'era una generazione di persone che hanno vissuto la grande stagione di lotte di massa, con anche elevati livelli di violenza di massa, nella bassa padana, veronese, vicentina; poi, dopo questa punta alta tornano a cambiare completamente vita, però si tratta di un qualcosa che è rimasto. Ciò non riguarda solo la bassa padovana, ma tutto il territorio veneto, salvo che si è divisi in due, e da nord scendono quelli di LC. Noi restiamo chiusi: per nostra salvezza abbiamo le aree a nord e sud di Marghera, Chioggia e via dicendo, poi il territorio di Schio, Valdagno ecc. La cosa secondo me centrale dell'esperienza è stata la lotta sui trasporti, il cui equivalente si ha solo nelle lotte sulla casa a Roma: questo spiega la dimensione di massa dell'Autonomia anni dopo, del movimento negli anni '70 nel Veneto e a Roma, poi c'è Bologna che aveva delle sue particolarità. Quando ci siamo contati eravamo "eserciti" nel Lazio e nel Veneto e ciò era dovuto principalmente a queste lotte. Ora, le vicende che creano un livello di massa sono a Roma nel '74 le lotte sulla casa, che hanno una diffusione di decine di migliaia sul territorio, e nel Veneto prima, nel '71-'72, la lotta sui trasporti: nascono i comitati di paese, noi facciamo perno sull'università di Padova e sulle fabbriche di Marghera. E' il momento di boom dei pullman, la linea trasporti era una forma molto alienate e quindi faceva arrabbiare, con l'aumento dei prezzi, le code inaudite, per cui alle fermate dei pullman si organizzano le lotte. Con il contrasto sociale dell'epoca quella cosa sfonda immediatamente e soprattutto si creano paese per paese comitati di 10-15 persone. Poi naturalmente non tutti resteranno, una parte di questi diventeranno anzi i nostri peggiori nemici anni dopo, ma ciò non cambia il fatto che in meno di un anno, tra il '71 e il '72, c'è nel Veneto un boom e una moltiplicazione enorme di queste lotte e delle persone coinvolte. Si toccano anche soggetti radicali che diversamente non avremmo mai conosciuto e che poi diventeranno pure leader sociali significativi, e li si raggiunge solo tramite queste cose. Una situazione simile l'avrei vista anni dopo solo nell'esperienza romana delle lotte sulla casa.


Come analizzi l'incontro che ci fu tra Potere Operaio e il Manifesto, che ebbe una certa consistenza soprattutto in Veneto?

Padova e Venezia sono due cose diverse, qui è una guerra fin dall'inizio. Ci furono 6-7 mesi drammatici, con la nascita di un comitato a Pordenone, quindi una riapertura del rapporto. Ci sono incontri con operai di Marghera che fanno riferimento al Manifesto, quindi viene fondato un comitato politico. Mentre a Roma ci sono incontri, da noi non riesce ad esserci questa cosa, salvo che gli portiamo via i medi. Altrove per un certo periodo si è andati verso una specie di alleanza, perché il problema è che il Manifesto gli operai ce li avevano solo a Roma e al centro. Qui nacque a livello operaio il comitato di Marghera, ci fu anche un periodo di cooperazione reale al di là delle differenze. Non avevano personale, e poi dopo ci fu la fiera delle ambiguità. Quando quelli decisero di fare il quotidiano Toni disse a Pintor: "Ma una persona come te perché deve fare un quotidiano? Tu devi assumere la direzione politica, il quotidiano lo facciamo fare ad Oreste...". Però non ci cascarono!

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