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INTERVISTA A LAUSO ZAGATO - 1 NOVEMBRE 2001


Il dibattito che si faceva con la cultura di sinistra dell'epoca era talmente umanistico che ti veniva da fargli battute feroci. Quindi, i legami anche per motivi pratici si tagliavano. L'aspetto positivo o negativo che ha Negri è che la gente gli va dietro un po' a calci in culo, quindi si trova un gruppo di persone che non ha niente da dirsi al di fuori di quello.
Nel corso del movimento sono sorte altre esperienze minoritarie che erano più ricche, perché avevano più aspetti comunitaristici, il che magari era anche il loro limite da altri punti di vista: lì c'era solamente il fascino di questo discorso avanzato, una decina di persone di cui almeno 4-5 che, se non fosse stato per quello, non avrei mai scelto di frequentare nella mia vita e loro avrebbero fatto altrettanto con me. Da una parte non facevamo politica, dall'altra eravamo proprio il minigruppo di persone più panpolitico che esistesse, nel senso che pagava a una coerenza politica un prezzo umano tutt'altro che piccolo. Per il resto era molto bello, davvero dopo poco non potevo più stare a sentire le stupidaggini che dicevano gli altri. Già dal '63-'64 avevo messo vittoriosamente e con molto successo in azione il "doppio binario", fino a che la "GPU interna" mi pose l'aut-aut su da che parte stare: evidentemente ognuno ha il suo Dna, a me è rimasto quello del doppio binario come dimensione naturale. All'inizio ci stetti malissimo, dopo non avrei mai più potuto tornare indietro, però i prezzi personali erano notevoli. Quando cominciava la stagione delle assemblee di movimento, ci rincontravamo come piccolo gruppetto e facevamo fatica a orientarci di nuovo in quel casino.
Tutto ciò riguardava la dimensione padovana, perché nel frattempo era sorta anche una realtà veneziana: Toni aveva visto una possibilità molto maggiore di riuscita a Venezia e per un anno lasciò Padova, la sua casa era il punto di riferimento. A Venezia si organizzò con Cacciari e con gente che dava gli spazi, furono persone utilissime per tante cose, anche se l'intervento alle 4 e mezza del mattino non era il mestiere loro, mentre era una cosa che avrebbe fatto l'altro giro veneziano, quello nato intorno a Boato.
Io non sono invece in grado di dire molto su quel periodo così delicato e negativo della rottura del primo anno di movimento studentesco, pur essendo stato uno di quelli che ha occupato fisicamente l'università, anzi ho avuto il privilegio di mettere la prima catena al primo degli istituti in occupazione dell'università di Padova. Tuttavia, per miei problemi e per gli studi i primi mesi della primavera e dell'estate del '68 li avevo un po' persi, quindi sono rientrato quando la frattura era già in atto: al convegno di Venezia del settembre del '68 ovviamente stavo con Toni. La maturazione della frattura con il giro di Contropiano avrebbe avuto un effetto non da poco, non tanto sul piano politico quanto sul piano della continuità.
A un certo punto eravamo migliaia e, a parte i nostri maestri, solo le figure dei quadri operai di Marghera rappresentavano la continuità tra il vecchio operaismo e Potere Operaio. Mettendo in piedi e creando una nuova esperienza abbiamo avuto un notevolissimo successo nel nascente movimento: andrebbe poi fatto un discorso su cosa furono le lotte qua, sulla nuova generazione operaia, cosa significavano i cambiamenti per noi e poi per il nuovo modello capitalistico. E' tra il '69 e il '72-'73 che si crea una vera differenza tra il Nord-Est e il resto del paese. Però, la continuità veniva meno: c'era la fortuna verticale di questo giro veneziano, che in realtà era più coerente con il mondo del vecchio operaismo ma aveva fatto di necessità virtù. Una certa ricchezza potenziale venne meno, probabilmente per alcuni torti dei dirigenti politici il nascente Potere Operaio ebbe un ruolo e un'infatuazione leninista, e il modo naturale di ragionare dei nuovi collaborò alla creazione di un discorso da neopartito, una cosa che sul piano soggettivo determinò una frattura a posteriori dimostratasi negativa. C'erano certe esperienze che avevano perso alcuni parametri del vecchio operaismo, qualcosa si ruppe. L'esperienza di quella generazione era completamente diversa da quella precedente e fu forse troppo legata ai ritmi dell'università: c'erano esempi di comitati operai-studenti, con comitati di base studenteschi e comitati di fabbrica, tutto vero e tutto bello, però quella ricchezza di anni del vecchio operaismo padovano in qualche modo venne meno. C'era un humus negli anni '60 che dopo, rispetto a questo boom, saltò.

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