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INTERVISTA A PIER ALDO ROVATTI - 11 MARZO 2000


Se si andasse a sfogliare quello che accade nella rivista negli anni '60, si troverebbero molti numeri che sono "la fenomenologia e...", cioè la fenomenologia e Freud (gli aspetti della psicanalisi), fenomenologia e antropologia, fenomenologia e teatro, fenomenologia e musica, fenomenologia e architettura; poi ci sono anche dei fascicoli più propriamente filosofici, ma l'operazione e l'idea di Paci era questa qua. Quindi, ad un certo punto, anche fenomenologia e movimento studentesco, dove, se devo dire adesso, gli elementi di sintesi di questa faccenda, per stringere, certamente erano dati dal fatto che non si è mai finito con questo, che è un elemento di processo in corso, che la fenomenologia autorizzava a pensare. Per cui, allora, posizione molto netta in critica nei confronti di tutti pensieri chiusi, ivi compreso un certo pensiero dialettico, ivi compresa una certa lettura di Marx, che non è ancora arrivata in Aut Aut, ma sta per arrivare, cioè siamo lì; o meglio, nel 1962 Paci scrive un saggio su Husserl e Marx, un po' anche sorprendendo i lettori, e dà l'avvio a quella sorta di tentativo culturale che fa reagire uno sull'altro la fenomenologia e il marxismo. E' un tentativo al quale io mi accoderò, uso proprio questo verbo perché non so quale altro usare, nel senso che queste cose le assorbo attraverso Paci e una certa parte del suo gruppo, che si ritrova ed ha una forte caratterizzazione di gruppo aperto: non sono gli assistenti che seguono portando la borsa, cosa che si usava allora e anche oggi, anche se sembra che non si usi (non faccio nomi…).Era un gruppo proprio di discussione: mitici (io a questi non avevo partecipato perché ero troppo piccolo) erano gli incontri in certe osterie di Milano in cui si leggeva insieme "Il capitale" di Marx. In questo gruppo c'erano anche persone fortemente orientate politicamente, faccio due nomi: uno è Giovanni Piana, che tra l'altro ha insegnato alla Statale fino a due anni fa, poi è andato in pensione anticipatamente ritirandosi in un paesino della Calabria a suonare il violino e ad occuparsi dei fatti suoi, istituendo un suo sito Internet in cui pubblica le cose che scrive; l'altro personaggio che si può citare di quel periodo è Giairo Daghini, il quale avrà poi una storia politica sua, ma sarà sempre visto da Paci come la punta politica, e anche il personaggio che un po' temeva, all'interno di questo gruppo. Anche nel caso di Daghini c'era il mito di lui ex operaio; intanto si occupava di Sartre in quel periodo, me lo ricordo in quanto io, per quanto più piccolo, entrai abbastanza in contatto con lui visto che si interessava delle cose che piacevano anche a me. Poi ce n'erano anche altri, ma questi due in particolare: Piana e Daghini erano di posizione operaistica, erano dentro ad una rivista che usciva negli anni '60 e si chiamava Classe Operaia. Poi non so chi altri di questo gruppo, comunque tutti erano abbastanza orientati. Un altro personaggio di questo gruppo iniziale è Paolo Gambazzi, che adesso insegna a Verona, e che poi anche lui ha avuto una sua storia politica attraverso il Gruppo Gramsci, dentro al quale c'erano anche Carlo Formenti e Romano Màdera.
Questa è l'idea che voglio dare: a parte il teatro che era una sorta di mia provenienza personale insieme a Veca (il quale per un po' starà con noi) c'era la fenomenologia, su cui l'elemento, come dicevo, era quello del continuo lavorio di ricerca critica, non fermarsi all'oggetto costituito ma un'operazione continuamente costituente, nei dibattiti di allora e di qualche anno dopo su come intendere la dialettica. D'altronde questo lo trovavo anche in Sartre: nel libro che dicevo prima c'era (e c'è ancora se uno lo legge, ma dico c'era perché non lo legge più nessuno) l'idea di totalizzazione in corso che si opponeva all'idea di totalità. C'era Lukàcs in quegli anni di mezzo: Giovanni Piana sbandierava un suo libro che diceva essere il più importante del mondo e che in effetti poi avrà una grande importanza negli anni successivi, si chiamava "Storia e coscienza di classe". Questo per dire qual era l'ambito. Naturalmente ero molto più attento io agli studenti di quanto non fossero loro, che invece erano molto più interessati a un quadro politico in cui c'era un soggetto, la classe operaia, che loro conoscevano e io non avevo mai visto, e che forse continuo a non avere mai visto. Quindi, il rapporto con il movimento studentesco ce l'ho avuto molto più io, mentre questo gruppo storico, in cui c'erano anche altri personaggi, aveva invece in mente un'idea di politica in qualche modo già strutturata: io leggerò molto più tardi i Quaderni Rossi, loro li leggevano mentre uscivano, mentre io mi sveglierò, o avrò attenzione a queste cose, un po' in ritardo. Nel contempo, però, avevo una grande attenzione alla questione degli studenti, anche a livello del sapere, e ci sarà un tema a cui io mi collegherò quasi subito, che è quello dei bisogni, e che mi porterò dietro come etichetta per tutta una parte del mio percorso, fino alla fine degli anni '70, cioè fino al momento in cui, come sapete, accade qualcosa, ci sono dei mutamenti, ma succede qualcosa anche nelle traiettorie personali, alcune delle quali sono anche strambe.

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