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INTERVISTA A MARIO PICCININI - 10 GIUGNO 2001


Se ripenso a quanto è successo nel Veneto, singole realtà organizzative, lo schema che avevate individuato prima probabilmente vale per i singoli segmenti organizzativi, ma più trasversalmente va riconosciuta una maggiore complessità. C'è un quadro che è stato di innovazione politica che si seleziona nel corso degli anni '60, determinando un'espansività che sedimenta una stratificazione in fondo anche generazionale di cui certo è possibile riconoscere tracciati biografici e lavorativi omogenei rispetto a quanto dici. Però, se ragiono guardando alle organizzazioni in maniera non autoreferenziale, penso che il discorso cambi e l'immagine piramidale mostri dei limiti.


Completo la domanda. Il discorso della militanza è completamente diverso. Ha un livello di autonomia e di progetto, dall'altra parte ti permette comunque un discorso veramente di costruzione altra.

Voi pensate che in qualche modo il militante sia politicamente più soggettivato del quadro?


Si tratta proprio di un processo diverso. Il militante è in realtà la capacità di costruire una relativa autonomia, di progetto, di azione e di presenza. Dopo di che in realtà la figura necessaria a un processo di trasformazione è quella del militante. Tante volte coincidono nella stessa persona le due figure, nel senso che sono due figure spurie, all'interno di un lavoro politico è difficile essere solo militanti o individuare solo il quadro politico. Però, anche lì c'è una profonda ambivalenza tra queste due figure, c'è una differenza sostanziale. Allora, è vero che per quanto riguarda il discorso del quadro il modello è in parte industrialista, ma non è assolutamente vero per il discorso del militante.

Sì, qua sono d'accordo. Quella che mostra maggiore sofferenza in questo discorso è la figura del quadro. Penso alla problematicità delle esperienze di soggettività organizzata o strutturata rispetto al tradizionale quadro di partito: costui è tendenzialmente il funzionario, anche se non è solo questo ovviamente. Va riconosciuto che all'interno delle organizzazioni che si rivendicavano come rivoluzionarie processi di funzionarizzazione o professionalizzazione subordinata ci sono stati, però con modalità di istituzionalizzazione diversa, con un rapporto con i militanti di tipo differente. Ma soprattutto, se noi usciamo dall'ottica stretta che indaga la singola realtà organizzativa, troviamo un'immagine più mossa, un po' da arcipelago, che mette in discussione proprio questo passaggio militante-quadro. Tornando un po' alle cose cui accennavo prima, se noi stiamo a vedere dove processi di capacità di autonomia e di responsabilizzazione rispetto alle situazioni e agli altri militanti si producono, si producono molte volte su una situazione che non ha il proprio perno nei processi organizzativi istituzionalizzati, come poteva avvenire nella tradizione dei partiti comunisti ad esempio, ma è qualcosa di differente. Credo che sarebbe opportuno tornare a quanto accennavo prima sui fenomeni di scomposizione e di devoluzione. Ho l'impressione che ci sia stato in realtà qualcosa nell'esperienza soggettiva che noi non abbiamo pensato a fondo. Ad esempio, la diffrazione di fasce intermedie rispetto a quadri di riferimento che voi chiamereste della fascia alta si è determinata in maniera a volte politicamente significativa. Credo che ognuno di voi possa riempire senza difficoltà di nomi questi processi di scollamento che hanno probabilmente a che fare col generazionale-situazionale. La storia ad esempio degli esiti di Potere Operaio nel Veneto è anche una storia tutto sommato che può essere scandita secondo i decenni (anni '60, anni '70 e anni '80), oppure può essere indagata a partire dai livelli di scolarizzazione ecc. Non riesco a collegarlo chiaramente, ma continua colpirmi che, ad esempio, intere verticalità organizzative, perso il perno di riferimento, siano state politicamente azzerate, mentre altre hanno continuato nel mare burrascoso di questi ultimi 15-20 anni a produrre soglie, forse non più che soglie, ma comunque soglie di soggettivazione e di presa di parola politica e nel contempo macchine di pensiero, fermo restante che il pensiero è probabilmente mai come oggi una cosa che ha che fare con la politica.

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