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INTERVISTA A TONI NEGRI - 13 LUGLIO 2000

Quali sono state le ricchezze e soprattutto i limiti delle esperienze di Potere Operaio prima e successivamente dell'Autonomia Operaia?

Io riesco molto difficilmente a mettere insieme Potere Operaio, il quale resta comunque due o tre cose diverse: esiste un Potere Operaio romano, per esempio, che finisce praticamente nelle Brigate Rosse, anche se i suoi dirigenti no, però quando si va a vedere cosa sono le BR che fanno Moro è il servizio d'ordine di Potere Operaio. Sono dei ragazzi estremamente intelligenti, bravissimi, le capacità di organizzazione e di radicamento nel territorio sono assolutamente mostruose, ma non hanno nulla a che fare con quello che trovi nel Veneto o in Emilia: c'è una mancanza di direzione che è fondamentale in Potere Operaio dal principio, una divisione di settori che ne costituiscono per certi versi la ricchezza, ma anche lì immediatamente si va alla rottura, pareva che andassero a nozze, scivolati dentro. C'è un grandissimo ed elevatissimo salto teorico: sia le cose dei Quaderni Rossi che quelle di Classe Operaia sono illeggibili oggi, mentre invece quelle di Potere Operaio e dell'Autonomia sono leggibili e attuali. Sia Quaderni Rossi che Classe Operaia sono dentro la dogmatica marxista (non sto dicendo male del marxismo ma della dogmatica), invece con Potere Operaio e soprattutto con l'Autonomia si apre un vero marxismo creativo adeguato ai tempi: l'analisi di fabbrica si collega all'analisi sociale e viceversa, si riesce a riconquistare il discorso economico generale. Questi per esempio sono limiti enormi di Quaderni Rossi e di Classe Operaia, il fatto di non volere intervenire su certi terreni: paradossalmente l'unico terreno disciplinare sul quale si interviene è la letteratura, con Asor e il suo "Scrittori e popolo", ma né sul terreno del diritto né sul terreno dell'economia politica si interviene granché, tranne nella fase di Classe Operaia quando si apre il discorso sulla finanza, sulla moneta ecc., che sarà un discorso comunque che maturerà dopo, il discorso alla Lapo, per dire, che poi arriva fino a Marazzi, però sono cose che si aprono dopo, acquistano un'originalità solo successivamente. In realtà c'è un operaismo molto stretto, che è fondamentale dal punto di vista della formazione, dal '58 al '68 sono veramente anni di apprendistato. Io ero un po' più vecchio, gli altri erano più giovani, ma insomma non si è andato molto fuori da questo, e come tutti gli apprendistati e le formazioni è un apprendimento settario alla fin fine, anche se ricchissimo. Però non è che quando sei riuscito a scoprire la legge fisica più importante l'universo ti si dipana davanti: la legge fisica resta la legge fisica, noi avevamo in mano alcune leggi fisiche, alcune leggi operaie della lotta che funzionavano benissimo ma l'universo non ce lo facevano vedere. Comunque è lì che a un certo punto bisognava rompere e questo è avvenuto dopo il '68.
Potere Operaio e l'Autonomia: io lo rifarei ancora, questo è fuori dubbio. E' vero che lì siamo stati travolti non solo dalla repressione, anche se è fuori dubbio che essa ha pesato: ma quando parlo della repressione non parlo del '79, dell'ultimo momento, ma parlo effettivamente della capacità dello Stato di intervenire, dalla politica delle stragi, al terrorismo di destra, alla repressione sistematica, continua e violenta di ogni lotta e via di questo passo. La cosa assolutamente eccezionale, soprattutto vista nei confronti degli altri movimenti europei, è la continuità, e questa cosa si spiega solo appunto se si va a quel periodo di formazione: la continuità, questo movimento che produce un '68 che dura dieci anni, può nascere solo già da una ricchezza di quadri, una consistenza sociale del movimento che ne permette la riproduzione. Lì c'è un soggetto politico che riproduce e che ha la capacità di farlo, e la capacità significa un casino di cose, non è che un movimento nasce si regge sulla base di quattro persone intelligenti, si tratta di un movimento che ha una capacità appunto di riprodursi in termini di denaro, di produzione di materiali di propaganda, di formazione e di informazione, dal volantino alle radio insomma; un movimento che in qualche modo risolve la questione economica, la quale non è secondaria, con tutto il problema delle sedi, dei luoghi di riunione politica e dei luoghi di riunione collettiva; inventa il sistema che ancora adesso si chiama centri sociali, inventa questi grandi strumenti; allarga enormemente i meccanismi di valutazione e di lotta sul salario, dal salario di fabbrica al salario sociale; man mano identifica un soggetto critico, che è fondamentalmente quello delle nuove generazioni che entrano nel mercato del lavoro che è sconvolto dalla modificazione del modo di produrre, il passaggio dal taylorismo al post-taylorismo, dal fordismo al postfordismo; dà a questa generazione una prima possibilità di lotta, innova teoricamente assumendo queste tematiche all'interno, per esempio tutto il problema della scuola (da questo punto di vista lì ci sono i contributi di Alquati che sono davvero fondamentali); e via di questo passo. Ci sono un casino di cose in positivo da dire. E poi c'è tutta anche un'altra cosa maledettamente importante che secondo me è non è da sottovalutare, che è la costruzione di una struttura di resistenza, cioè il fatto di rendere coscienti le forme della resistenza che prima erano semplicemente clandestine e sotterranee all'interno della classe operaia, il fatto di averle generalizzate, portate fuori, mese in luce. Poi ci sono invece quelli che sono i limiti, l'incapacità del coordinamento: non tanto l'incapacità di costruire una direzione, quanto l'incapacità di mettere in moto un meccanismo che determinasse direzione, e quindi a quel punto di nuovo l'apparire, ma questa volta in forma distruttiva (perché prima era apparso in maniera inutile) del rapporto partito-classe.

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