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> Giudizio politico su Classe Operaia
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(pag. 6)

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(pag. 7)

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> Soggettività politica
(pag. 13)

> Soggettività da identificare o anche trasformare?
(pag. 14)
INTERVISTA A TONI NEGRI - 13 LUGLIO 2000

Qual è la tua analisi e il tuo giudizio politico su Classe Operaia, sulle varie posizioni e sul suo dibattito interno?

In Classe Operaia il problema era molto semplice: il discorso non ha mai decollato perché Classe Operaia aveva una struttura di partito ed è stato in realtà un gruppetto di intellettuali. Dal punto di vista dell'influenza teorica e politica è fuori dubbio che Quaderni Rossi sono stati molto più importanti (qui parlo di Quaderni Rossi fino alla rottura perché poi anch'essi diventano un gruppetto). Classe Operaia è una cosa importante dal punto di vista della formazione: per esempio nel Veneto forma veramente una cinquantina di quadri di prim'ordine, che si trovano tra il '63 e il '67, ma questo vale anche per Milano, Como, vale a Roma per i Piperno, i Ceccotti, questi gruppi asorrosiani, che poi costituiscono l'asse portante di tutta una serie di cose, la matrice è quella lì. Dal punto di vista di formazione e di estensione di discorso è molto importante, e poi nella generalizzazione di pratiche di intervento, ma senza grandi innovazioni e invenzioni teoriche: quello di Classe Operaia è soprattutto un momento di grande processo formativo. Dal punto di vista del dibattito politico interno, io penso che la teoria valga sempre quando si confronta con le cose, ho sempre molti dubbi quando vedo la gente litigare attorno a cose insussistenti, linee: in Classe Operaia c'erano veramente molti litigi, in particolare ce n'era uno ed era quello sull'entrismo, sul quale, devo dire, le ambiguità sono state enormi da parte di tutti, tranne i veneti-emiliani. Perché poi c'era una cosa stranissima che stava succedendo: noi, proprio perché uscivamo da quella esperienza di cui parlavo prima, della modernizzazione, della costruzione del sistema industriale, ci trovammo anche a fondare i sindacati. Entrati cioè in quella fase eroica, che era quella della formazione proprio della scoperta dell'interesse economico collettivo da parte di questa classe operaia che arrivava per la prima volta, noi moltiplicavamo le lotte sapendo perfettamente che alla fine di queste lotte c'era la costituzione di un sindacato interno; evidentemente noi imponevamo anche i comitati nello stesso momento, però i comitati si prendevano la direzione del sindacato nella vecchia commissione interna, era la prima cosa che facevano molto concretamente, e non c'erano molte illusioni su questo. Noi all'entrismo da un lato non ci credevamo per nulla, avevamo un senso molto preciso di quello che era un rapporto di forza da stabilire comunque con questo grande pachiderma che era l'organizzazione sindacale e politica, attaccavamo i suoi contenuti politici riformistico-opportunisti fino in fondo, ma ci interessava essere presenti sui livelli istituzionali in termini maledettamente concreti e senza avere la merda sotto il naso. Ci trovavamo spesso in situazioni di compagni che in realtà non avevano invece alcun tipo di rapporto sia perché il controllo del sindacato era più forte, sia perché il controllo del padrone era più forte, bisogna ricordarsi che la Fiat in quegli anni lì è una situazione tremenda, anche se comincia a costruirsi qualcosa qua e là, la situazione alla Fiat si rovescia nel '68 e matura nel '69: mi ricordo in tutti quegli anni con Classe Operaia andavamo in giro a distribuire i volantoni, queste dichiarazioni contro il piano, andavamo in giro dappertutto ma in realtà lì la sentivi la situazione, a parte alcune fabbriche (che proprio si contavano sulle dita) non c'era rapporto alcuno. Per non parlare poi di quello che era l'altro tema, che era la socializzazione del salario operaio e quindi la necessità di seguire i rivoli di questa socializzazione e di riuscire a capire un momento dove si ponevano scontri di potere nel sociale: anche questo si tentava di fare, noi in particolare avevamo la fortuna di agire in determinate situazioni. Ad esempio ci fu una cosa estremamente importante nel Veneto, che poi proseguì, furono le prime lotte sui trasporti, che cominciarono già negli anni '60. Questi primi momenti di lotta sociale c'erano stati nel Veneto perché noi avevamo questo enorme vantaggio: dato che c'era questa concentrazione di fabbriche su Marghera e un'identificazione sul territorio (non un'identificazione immediatamente metropolitana ma diffusa) di centri da cui venivano gli operai, il problema dei trasporti si è quindi posto dall'inizio come uno dei problemi assolutamente centrali, fondamentali, ma da tutti i punti di vista; per esempio, era più facile fare intervento sui trasporti, sedersi con gli operai per prendersi il treno, che so, da Treviso a Porto Marghera o distribuire i volantini sugli autobus. Avevamo poi, per esempio, cominciato un'altra cosa molto bella, che avevamo fatto sempre in quegli anni, ed era l'intervento lungo il Brenta, nelle fabbriche, andavi lì e scoprivi queste cose incredibili già allora, trentamila operai che lavoravano nei calzaturifici già a struttura completamente diffusa, con fenomeni di sfruttamento mostruosi, le morti, gente con la mano tagliata, salari da ridere, violenza sessuale tremenda, erano veramente delle cose spaventose e allucinanti quelle che succedevano; eppure lì riuscivi a mettere in piedi degli scioperi, col blocco delle strade. E tutto lo scoprivamo, perché il Movimento Operaio non ci aveva insegnato nulla da questo punto di vista, era tutto estremamente ufficiale, e noi scoprivamo queste nuove forme di lotta, era veramente una cosa di una forza fresca estrema.

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