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> Percorso di formazione politica e culturale e inizi dell'attività militante
(pag. 1)

> Gianfranco Faina e il gruppo genovese di Classe Operaia
(pag. 4)

> La forza operaia e il rosso del tramonto
(pag. 9)

> Limiti e ricchezze dell'operaismo, nodi aperti
(pag. 11)

> Il "poligono" dell'operaismo
(pag. 12)

> La perdita del rifiuto del lavoro
(pag. 13)
INTERVISTA A GIORGIO MORONI - 7 LUGLIO 2001
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Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale e l'inizio della tua attività militante?


Io comincio ad interessarmi di politica a sedici anni attorno al '67 a Certosa, il quartiere di Genova dove sono nato, un quartiere molto popolare, uno dei pochi dove si è concentrata l'immigrazione degli anni cinquanta. Conosco in particolare Paolo Arvati, un compagno di poco più anziano di me che all'epoca stava nella FGCI, il quale successivamente sarebbe entrato in Potere Operaio e avrebbe precocemente ricoperto ruoli di dirigenza in PO per poi uscirne molto presto e diventare dirigente nella FIOM genovese. Anche se negli anni successivi si è un po' imbolsito Arvati è sicuramente un personaggio centrale a Genova dal punto di vista della cultura politica in quegli anni, nonostante la giovane età. Nello stesso periodo conosco anche Armando Carbone, che vive da sempre tra l'essere operaio, l'essere disoccupato e l'essere militante di professione, anche lui proveniente dalla FGCI. Partecipo a Certosa con loro ed altri compagni che provengono dall'area del dissenso cattolico all'esperienza del doposcuola, facciamo questa attività con i figli degli immigrati, bambini delle elementari che non vanno a scuola e quindi non rispettano l'obbligo scolastico. Successivamente partecipo alle prime iniziative di lotta al liceo Mazzini all'interno del movimento studentesco di Sampierdarena, questo vasto quartiere misto, proprio ai confini della zona delle grandi fabbriche, a Cornigliano, a Sestri Ponente, a Voltri, un quartiere che raccoglie tutti i figli della classe operaia della Valpolcevera e del Ponente che sono spinti dai padri operai a emanciparsi, a fuggire il lavoro operaio: lo stesso mio padre era un operaio che ha lavorato all'Italsider per 35 anni. Partecipo quindi alle iniziative dei GOS, Gruppi di Organizzazione Studentesca, con sede in via Carlo Rolando, e lì ogni giorno ci incontriamo in quella sede in cui centinaia di studenti quotidianamente si ammassano: in quel momento c'è prossimità anche fisica con la FGCI, non c'è ancora conflitto; spesso ci viene concessa per le assemblee la vicina Camera del Lavoro di via Dattilo. Le lotte sono quelle tipiche degli studenti, fondamentalmente contro l'autoritarismo oppure per iniziative e scadenze politiche generali; ma il nostro approccio è da subito, grazie a compagni come Paolo Arvati ed Italo Poma appunto, diverso dagli altri (come la FGCI con il suo diritto allo studio o Lotta Comunista che interviene nella scuola per reclutare quadri che intervengano in fabbrica); noi guardiamo alla scuola come fabbrica, come momento di regolazione del mercato del lavoro, come luogo di produzione di forza lavoro. Nella seconda metà del '69 nascono a Torino e a Milano i gruppi, ed alla sede dei GOS iniziano a giungere i primi giornali che si affiancano al locale organo di quella fastidiosa, ingombrante ed inutile realtà che è Lotta Comunista: soprattutto Potere Operaio e Lotta Continua. A questo punto il GOS si spacca, si divide tra chi sceglie il PCI e chi i gruppi: io aderisco a Potere Operaio assieme ad una componente tutto sommato minoritaria dei GOS (Armando Carbone, Italo Poma, Paolo Arvati e diversi altri).
PO a Genova apre da subito una sede a Sampierdarena in via Rayper, ma avrà una vita abbastanza difficile. Diamo vita al tentativo di riprodurre ed interpretare anche a Genova le condizioni e le modalità della lotta operaia come veniva concepita dall'operaismo italiano, cioè come insubordinazione radicale al comando capitalistico ed uso sovversivo della rigidità operaia. Ma va subito detto che ben poche di quelle condizioni e di quelle modalità ebbero a realizzarsi perlomeno in modo significativo. A Genova è ancora e sempre centrale l'operaio professionale, non ci sono (tranne qualche modesto avvenimento) episodi di autonomia operaia: la classe operaia genovese non cambia nelle sue figure tecniche e strutturali, rimanendo l'operaio professionale tipicamente egemone nel ciclo produttivo, e non manifesta neppure le tensioni tipiche del nuovo processo economico politico in Italia. Essa è totalmente irreggimentata nel Partito Comunista, scende in piazza ed è mobilitabile solamente per occasioni di carattere generale, vedi il momento insurrezionale del 30 giugno. E' una classe operaia obiettivamente conservatrice, che difende le sue conquiste, che ha legato i suoi destini a quelli del Partito Comunista. Da questo punto di vista, la classe operaia genovese è arretrata, o matura piuttosto, a seconda di come il processo voglia o debba essere letto.

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