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INTERVISTA A SANDRO MEZZADRA - 3 APRILE 2001


Lì c'era stata una precipitazione di una serie di contraddizioni che si erano accumulate nei mesi e negli anni precedenti, e la precipitazione aveva assunto la forma inquietante di veri e propri pogrom. Io in quel momento non ero a Genova, però seguivo da fuori (ero infatti in Germania) l'evolversi della situazione e soprattutto il racconto di quello che i compagni rimasti in città stavano cercando di fare (era fine luglio) per contrastare quella che si presentava come una sfida del tutto imprevista. Era la prima prova dei cosiddetti comitati del centro storico, un'esperienza in qualche modo pilota in Italia rispetto ai cosiddetti comitati sicuritari come li chiama qualcuno, comitati di cittadini di destra per sintetizzare. Lì i compagni avevano provato a fare un discorso tutto centrato sull'antirazzismo: le poche iniziative che erano state fatte si erano qualificate proprio su questo tema, in modo ideologico e nei fatti non avevano fatto presa. Mentre alle spedizioni punitive contro gli immigrati purtroppo partecipavano decine se non centinaia di giovani del centro storico, alle iniziative del "movimento" partecipavano poche decine di persone. Immediatamente ho cominciato a ragionare con altri compagni, che nel frattempo si errano trovati a vivere nel centro storico, su come si poteva caratterizzare in modo diverso un intervento sulle questioni legate alle migrazioni, di cui cominciavamo a percepire la novità e l'urgenza. In una strada del centro storico c'era un circolo legato in qualche modo a Rifondazione, che tutti noi frequentavamo, e si parlava spesso di queste cose: una volta nel mese di settembre, quindi un mese e mezzo dopo gli scontri, sono venuti dei ragazzi marocchini a parlarci e a dirci: "qui stanno sgomberando tutti". Cioè, alla fase degli scontri aperti era succeduta una fase in cui la polizia si stava facendo materialmente carico di "risolvere" il problema della presenza dei migranti nel centro storico con gli sgomberi delle case in cui vivevano i migranti. Ci hanno detto: "voi siete di sinistra, bisogna fare qualcosa"; siamo così rimasti d'accordo di vederci la sera successiva nello stesso posto. Francamente noi pensavamo di trovarci una decina di noi e quattro o cinque ragazzi marocchini: siamo rimasti piuttosto sorpresi quando invece ci siamo trovati di fronte a 150-200 immigrati che erano profondamente incazzati e contemporaneamente molto disponibili a fare delle cose. Lì abbiamo cominciato in modo un pochino casuale (come emerge dal racconto) un percorso che ci ha portato nel giro di poche settimane a costituire un'associazione in centro storico di cui facevano parte italiani e stranieri (e di cui continuano a farvi parte, poiché esiste ancora e sta oggi ad esempio organizzando la manifestazione dei migranti del 19 luglio, che aprirà le iniziative contro il G8). Questa associazione, contrariamente alle iniziative che erano state fatte nei mesi precedenti, ha ottenuto dei risultati molto significativi sia attraverso le pressioni esercitate sugli enti locali e sulla questura, sia attraverso una battaglia molto dura (portata avanti giorno per giorno in centro storico, sui mezzi di comunicazione, sulle televisioni locali ecc.) con questi comitati che si erano arrogati nei mesi precedenti il monopolio e la rappresentanza della questione del centro storico in città. Spezzare quel monopolio, facendo anche irrompere all'interno della scena pubblica a Genova gli uomini e le donne immigrati della nostra città, credo che sia stato uno dei risultati più significativi di cui sono stato coprotagonista nella storia della mia militanza politica. E' forse l'esperienza che ricordo come la più autentica di lotta sociale, più vera: certo anche le altre esperienze sono state importanti e tutto quello che si vuole, però lì veramente avevi l'impressione (soprattutto nei primi due anni, dal '93 al '95) che stesse succedendo qualcosa. Mi ricordo la prima volta che questi ragazzi immigrati hanno cominciato a porre la questione di costruire una nuova associazione: le precedenti organizzazioni e reti di mediazione e di rappresentanza degli immigrati erano crollate di fronte ai fatti di cui parlavo prima, del luglio del '93, e soprattutto di fronte alla presenza di soggetti immigrati diversi da quelli che queste associazioni erano nati per rappresentare. Mi ricordo che la prima volta che abbiamo fatto le tessere di questa associazione c'erano decine e decine di ragazzi (marocchini e senegalesi in particolare, ma non soltanto) che prendevano la tessera: ciò dava una vera impressione di trovarsi in presenza di qualcosa di importante. Abbiamo fatto un sacco di manifestazioni che hanno rappresentato, soprattutto all'inizio, uno shock a Genova: nel giro di due anni questo monopolio di cui parlavo prima dei comitati è stato efficacemente contestato e rotto. Credo che la situazione sia un pochino cambiata a Genova, non soltanto ma certo anche per il continuum di iniziative che c'è stato soprattutto tra il '93 e il '95, ma anche poi più avanti.

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