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INTERVISTA A SANDRO MEZZADRA - 3 APRILE 2001


Dunque, si tratta di un qualcosa di molto diverso dall'ipotesi dell'operaio sociale o a quelle dell'individuazione di possibili figure centrali e ricompositive (il lavoratore autonomo, ora si parla di cognitariato ecc.), che però hanno spesso guardato solo a quale era una figura ipotizzata come centrale nel sistema produttivo capitalistico (che poi lo fosse oppure no è tutto da discutere), interpretando le competenze tecniche e lavorative come capacità immediatamente politiche e rivoluzionarie, in ogni caso trascurando quelle che erano le determinanti soggettive e la soggettività.


Trovo molto interessante il ragionamento di Romano, però quella di soggettività è una categoria che, usata in questo senso, è difficile da afferrare, perché si presta troppo a una riduzione in chiave psicologistica che non è certo quello a cui pensa lui.


Sicuramente vanno tenuti insieme più livelli. Lasciando da parte la tradizione socialcomunista, va detto che anche buona parte di coloro che hanno portato avanti punti di vista altri hanno troppo poco ragionato sui livelli differenti della questione, nei loro momenti di intersecazione, di distinzione e di rottura. Ci sono differenti tipi di soggettività: collettiva e individuale, proletaria e operaia, di classe e politica. Bisogna capire su che livelli si pongono le une rispetto alle altre, quali ne sono certe determinanti, come si intersecano e come si divaricano, come si formano e come si controformano. Senz'altro non è una questione esclusivamente psicologica o antropologica, anche se poi i discorsi psicologici e antropologici non vanno esclusi ma stanno dentro un discorso complessivo fatto di livelli che vanno guardati nella loro totalità (e anche questo è stato spesso ignorato). Confondendo o separando i livelli in modo rigido si rischia o la riduzione ad un punto di vista esclusivamente psicologico o psicanalitico, magari specializzandosi (cosa che in alcuni casi si può anche vedere dal percorso dei singoli soggetti interni a determinati ambiti e percorsi), oppure, all'opposto, si può riproporre delle categorie che, pur non arrivando al meccanicismo della struttura e della sovrastruttura del più becero materialismo storico, finiscono tuttavia per trascurare o addirittura rimuovere le determinanti soggettive. Il discorso è dunque quello di muoversi su più livelli all'interno di un quadro complesso, con uno sguardo ambivalente. Ci sono quindi diversi livelli di soggettività che si integrano, si misurano e talvolta si contrappongo. Una cosa è dunque la soggettività politica e un'altra è la soggettività operaia o proletaria, e non solo in dimensioni individuali o collettive, ma anche nella considerazione del dove si mira. Però, magari in alcuni momenti questi livelli si intersecano e danno una certa dimensione. Il processo rivoluzionario è il convergere in un determinato momento di soggettività collettive profondamente differenti e su più livelli. Una cosa sono i momenti di conflitto e un'altra è la dimensione di partito, di organizzazione, di progetto.
Nell'ambito di queste interviste noi spesso chiediamo quali sono i cosiddetti numi tutelari, ossia persone, figure, autori di riferimento nell'ambito del percorso politico e culturale: quali sono i tuoi numi tutelari, da una parte a livello generale e dall'altra nello specifico del tuo percorso di ricerca sulla politica?


Beh, sicuramente Toni Negri, l'ho già detto, per me è stato importante. E' una domanda un po' difficile, perché un conto sono gli autori che hanno avuto un ruolo importante nella formazione, un conto sono quelli che reputo importanti oggi. Citerei i classici: Machiavelli, Hobbes, Marx. Ma anche il marxismo nero formatosi nel grande spazio atlantico, C.L.R. James primo tra tutti. E una lettura specifica della storia americana, anch'essa non a caso fatta circolare in Italia da storici di formazione operaista, da Bruno Cartosio a Nando Fasce (senza dimenticare il ruolo svolto da Ferruccio Gambino). E poi, per quanto riguarda il mio percorso formativo, i lunghi anni che ho dedicato allo studio delle scienze del diritto, della società, dello Stato in Germania tra Otto e Novecento: diciamo, per fare due nomi noti, Weber e Schmitt.

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