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INTERVISTA A MARIA GRAZIA MERIGGI - 21 APRILE 2000


Poi, ad un certo punto, Toni Negri dovette andare via una prima volta: ebbe notizia di essere inquisito, o comunque che intorno a lui si stavano stringendo alcune maglie. Faccio una parentesi. Io credo che le cose che Toni Negri sapeva degli aspetti illegali del movimento, a Milano le sapessero veramente anche i sassi, quella contro di lui è stata una delle montature più straordinarie, davvero un teorema. Lui sapeva, ad esempio, dell'esistenza di finanziamenti con rapine, ma era una cosa che sapevano anche i sassi, non c'era assolutamente bisogno di essere organizzatori per essere a nozione di cose di questo tipo; che esistesse una pervietà delle organizzazioni militanti con un interesse per la difesa armata era altrettanto noto. Racconto un episodio per indicare l'atmosfera.
Molto prima del '77 ci furono alcuni primissimi arresti a Milano per le Brigate Rosse, in particolare quello di Pietro Morlacchi. Si tratta di un episodio che rievoca anche Moretti nella sua bellissima autobiografia: descrive quella Milano dei CUB, dei comitati operai-studenti, delle lotte dei tecnici all'IBM, a San Donato, alla Sit-Siemens, francamente un quadro che poi ha descritto in termini molto simili Emilio Molinari. Quindi Moretti è stato corretto, non ha forzato la mano nei suoi ricordi, attribuendo se stesso di dopo a se stesso di prima. Moretti rievoca dunque questi arresti, tra cui quello di Morlacchi, ricordando lo sconquasso che avevano suscitato anche in ambienti popolari. Io ricordo che, sul tardi, tornavo, con amici e compagni, da una riunione verso casa. Attraversavamo Piazza Tirana, che è una grandissima piazza vicino alla stazione di San Cristoforo, dietro il Naviglio, tutta interamente circondata da case popolari dell'allora Iacp: c'era, disegnata da una finestra all'altra, una grande scritta, "Pietrino Morlacchi libero". La sua preparazione non poteva essere stata organizzata senza un certo grado di collaborazione con gli abitanti: non dico che tutti gli abitanti di quel palazzo fossero simpatizzanti delle Brigate Rosse, quello era l'errore dei loro militanti; però certo non si sognavano neanche lontanamente di telefonare alla polizia segnalando che c'era qualcuno che metteva fuori uno striscione o tracciava una scritta di quel tipo. Morlacchi era stato iscritto alla locale sezione del PCI fino ad allora ed era un compagno: in questo mondo, quello che appunto era il "sottovoce" di cui parlava Montaldi garantiva sostanzialmente una certa permeabilità. Quindi, quello che voglio dire è che per sapere queste cose non c'era bisogno di organizzarle e dunque Toni Negri è stato veramente perseguitato; ha commesso altre scorrettezze, ma questo è un altro discorso. Comunque, lui è andato via dall'Italia, a Parigi, dove ha lavorato con Althusser: ha scritto, ci siamo sentiti, lui giocava sempre molto su questa Autonomia con la a maiuscola e autonomia con la a minuscola. La rivista è stata sicuramente scossa da questo passaggio, perché ha lasciato proprio uno spostamento di baricentro.
Nel frattempo, è arrivato il '77. Devo dire che io ho avuto un rapporto molto difficile con il '77, non l'ho vissuto assolutamente come un momento di liberazione, ma l'ho visto, in una maniera che allora non era così chiara, tutto sommato come l'ha letto Bifo ne "La nefasta utopia di Potere Operaio", ossia l'inizio del postmoderno. Infatti, ho scritto allora un intervento su Aut Aut che si intitolava "Due società, una classe operaia": era ovviamente una polemica con Asor Rosa, però anche contro l'orgogliosa rivendicazione, da parte del movimento del '77, di essere interprete di una delle due società. Era un'applicazione diciamo ortodosso-marxiana (non ortodosso-marxista) della ricomposizione per linee interne di un'unità del movimento operaio, che doveva superare le incomprensioni culturali e politiche della ossificazione e modernizzazione. Sarà anche perché sono moderata a mio modo, si fa per dire, può essere. In quei mesi è tornato, come nel '68-'69, a succedere di tutto, si girava a destra e a sinistra; tra l'altro allora, avere trent'anni come me era un'altra cosa dall'averne venti, come li avevo nel '68. Hai rapporti affettivi formalizzati, responsabilità. Io avevo un compagno che aveva due bambini: lui era nella nuova sinistra, però un po' trascinato da me, era del PDUP. Era molto più grande, da ragazzo era comunista, di formazione piuttosto ortodossa, non alla Tronti. Quindi, aveva una radicata diffidenza verso certi aspetti del movimento; mi sono trovata più volte con il suo figlio maggiore in manifestazioni in cui poi mi sono preoccupata di averlo portato.

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