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INTERVISTA A MARIA GRAZIA MERIGGI - 21 APRILE 2000


Nel frattempo, c'è il famoso rapporto con Toni Negri. Per come l'ho vissuto io, non percepivo questa singolarità che, invece, evidentemente altri vivevano: era così probabilmente per Paci, questo lui non l'ha mai detto, ma lo sentivano anche altri intellettuali legati alla rivista, che avevano un senso più prudente dei rapporti politici. Toni Negri era un teorico brillantissimo, allora come oggi. Io avevo letto i suoi scritti su Hegel politico (allora lui non aveva ancora cominciato a scrivere su Marx), una bellissima introduzione ad un importante saggio sulla formazione del pensiero politico inglese: lui è un grande esperto del '600, infatti a Spinoza è ritornato. Veramente avevo trovato questi testi di un'autentica esplosività intellettuale, impressione che Toni Negri ha continuato a farmi fino, devo dire, alle ultime cose, di cui ho visto la recensione su Il Manifesto, con questa scoperta del povero: francamente ci devo pensare, però non mi fa una buona impressione, l'ho trovata un cedimento in Toni a questa passione per una coerenza intellettuale e per una non dico provocazione in senso bassa, dadaista, ma il gesto intellettuale lui lo porta fino in fondo, anche a rischio di smarrire quella complessità di rapporti con le mediazioni sociali che poi aiutano a capire e ad applicare questo pensiero; però il mio non vuole essere un giudizio negativo. Allora noi lo ritenevamo tutti una persona sfolgorante, poi le cose che scriveva per Classe Operaia, successivamente per Rosso, le riviste dell'Autonomia, il saggio famoso (pubblicato su Opuscoli Marxisti) "Crisi dello stato-piano", le ho trovate francamente entusiasmanti. Per come l'ho letta io, lui ha teorizzato il massimo della immanenza e presenza dell'organizzazione all'interno della composizione di classe; è stato a partire da quello che poi io ho cambiato mestiere, poi dirò come, in fondo è stato Toni che, involontariamente, mi ha spinto a fare la storica, e dunque ad inserirmi progressivamente nell'Università fino ad insegnarvi con una regolare titolarizzazione. Comunque, a me non sembrava assolutamente singolare l'incontro con Toni Negri, in quanto era un teorico di primissimissimo ordine e perché allora le persone della nostra età non è che fossero rivoluzionarie oppure moderate: c'era semplicemente l'idea che in ogni momento tutto poteva rovesciarsi: era un'impressione vera, ovviamente difficile da raccontare adesso. Quindi, rispetto a qualsiasi discorso radicale, si diceva che in quel momento non era possibile, però magari domani sì. Ad esempio, molti di noi hanno continuato a non pensare alla propria non dico carriera, ma inquadramento professionale, non perché fossero fautori del precariato creativo, ma perché dicevano: "Poi ci sarà il comunismo e avremo un salario sociale". Dirlo adesso sembra una fiaba, invece è stato così, almeno io direi fino al dopo '77, fine anni '70. Dunque, Negri andava bene come tanti altri. Noi facevamo queste riunioni in casa di Toni dove si faceva un po' il punto della situazione teorica ma anche politica, a cui venivano sempre meno redattori di Aut Aut, fino a che rimanemmo veramente in pochi. Lui diciamo che ci illuminava, erano delle stupende lezioni, poi sondava sicuramente le possibilità di inserire o coinvolgere i livelli organizzativi. Toni tendeva sicuramente a proteggere Pier Aldo. Ad esempio, io ero abbonata a Controinformazione (tra l'altro adesso sono amicissima di Gigi Bellavita, che ne è stato direttore insieme al fratello, ogni tanto viene ad aiutarmi a sistemare il computer e facciamo dei bellissimi "punti della situazione", lui è adesso è un democratico steineriano, non è diventato reazionario o mistico, non è stato preso da quel rancore che ha coinvolto molti compagni che hanno avuto le sue stesse esperienze). Toni disse che Pier Aldo non si doveva abbonare, il suo nome non doveva finire in quegli elenchi, perché aveva l'idea che una persona che possiede uno strumento pressoché istituzionale non deve bruciarselo. Poi, Negri aveva con ognuno dei rapporti indiretti: per esempio, lui sapeva che, a differenza di altri partecipanti a quelle riunioni, io avevo un'attività politica normale.
Quello che sto dicendo è una mia personale rielaborazione, quindi non sto assolutamente facendo delle rivelazioni. Io avevo l'impressione che, mentre lui poteva dire ad altri veramente che gli asini volavano, cioè prendere da alcuni fatti che accadevano sicuramente nelle fabbriche milanesi delle linee di tendenza e dire che erano già in atto, a me magari lo diceva meno, perché sapeva che avevo un pochino più di pratica. Però, per esempio, una volta mi disse una frase rimasta famosa nella mia biografia: "Una donna come te come può stare con quei proudhoniani della nuova sinistra?". Offesa delle più tremende, elogio dei più lusinghieri, io ci ho pensato anche parecchio, ma poi, evidentemente, non ne ho fatto nulla.

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