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INTERVISTA A MARIA GRAZIA MERIGGI - 21 APRILE 2000


Faccio una parentesi: in questi giorni ho letto un libro di ricordi che Giorgio Galli ha scritto sugli incontri della sua vita politica. Giorgio Galli è stato molte cose, è un mio grande amico, una persona molto amabile e soprattutto corretta e piena anche di generosità. Lui ha dato una ricostruzione, per esempio, del vuoto di potere che si è ad un certo formato alla Statale, il che però era semplicemente il ritiro degli ordinari che contano dietro ad una trincea dove si preparavano vendette terribili, ma non contro gli studenti, di cui ai professori (vi rivelo una cosa che non si dice mai esplicitamente) non è mai importato assolutamente niente: i docenti universitari sono una casta con un forte senso della corporazione, quindi i conflitti sono interni. Dunque, l'oggetto della vendetta sono stati i docenti che avevano osato rompere le gerarchie, mettere paura ai colleghi, alzare la voce in consiglio di facoltà "se non interrogati", come si direbbe in caserma, questo soprattutto se erano gerarchicamente più in basso. Quindi, i conflitti studenteschi sono stati giocati dentro le alleanze, i legami. C'erano dei docenti moderati, i quali però desideravano stare in pace e che quindi arrivavano a dei compromessi con gli studenti; c'erano i famosi docenti del PCI (che a Milano non erano molti) che si scontravano con essi. Uno di questi, molto tipico, storico all'università di Firenze, era Ragionieri, che io allora naturalmente aborrivo, però adesso tanto di cappello, non trattava gli studenti da scemi, riteneva che sbagliassero, lui (che, per carità, era veramente un bonzo) è andato allo scontro dicendo: "Voi avete torto ad occupare certe case popolari che sono state assegnate a Sesto Fiorentino"; l'hanno praticamente esposto alla gogna. Allora, un illustre storico della filosofia gli ha chiesto chi glielo avesse fatto fare; lui ha detto che era un militante politico e quindi si comportava coerentemente. A Milano non ci sono state persone che avessero questo tipo di coerenza. Quindi, gli studenti non hanno trovato ostacoli, fino a che hanno trovato il muro, andando avanti nel burro poi dietro c'era il vero acciaio; infatti, adesso la Statale è assolutamente normalizzata; non si potrebbe mai più pensare che lì ci sia stato un dibattito tra stalinismo e trotzkismo come centro e perno dei corsi. Io ricevetti un tazebao ostile da parte del Movimento Studentesco (staliniano) per la mia lettura di Gramsci; era simpatico, per carità, comunque contraddizioni in seno al popolo. Grazie a tutto questo ci siamo dunque incontrati con Pier Aldo Rovatti, il quale era uno dei principali protagonisti di questa occupazione di un vuoto. Il suo maestro Enzo Paci era una persona straordinaria per certi versi, di cui però io, ad esempio, ho incontrato solo l'ombra. La differenza di età tra me e Pier Aldo oggi è nulla, si tratta di pochi anni, adesso nessuno se ne accorge; invece, allora, voleva dire che lui aveva incontrato la grande esperienza culturale di Paci, innovatore della filosofia, con questo incontro tra le arti, l'estetica, la dimensione del teatro, la politica, insomma tutte le cose di cui Rovatti ha parlato nell'intervista. Però, il contatto diretto con questa continua pressione fisica del movimento sicuramente ha sconcertato Paci, il quale tuttavia ne era realmente amico, desiderava una relazione con esso; ciò gli veniva sicuramente imputato da colleghi molto più conservatori e quindi lui si è sostanzialmente ritirato, lasciando questo grande spazio culturale. Dunque, dei ragazzi si sono fondamentalmente trovati in mano una rivista molto importante. Io devo dire che per me Aut Aut era il veicolo di un discorso sul marxismo, punto e a capo, nient'altro. Se adesso ripercorro il discorso della teoria dei bisogni, io non l'avevo capito fino in fondo: dei bisogni davo una lettura molto più materialistica, mi sembrava la traduzione filosofica della centralità del salario nelle lotte operaie.
Detto in questo modo sembra troppo semplicistico, ma tutto sommato è così; tuttavia, questo mix è stato sicuramente importante. Nel '77, ad esempio, andai a Napoli ad una riunione di riviste militanti, dove, per esempio, c'erano riviste che si chiamavano Pasquale ("è contro il Capitale") o dedicate a Pulcinella o a Totò. Racconto un episodio straordinario. Da un paio d'anni era stato eletto sindaco di Napoli Maurizio Valenzi, che godeva di un grande prestigio nei quartieri popolari: non è che egli fosse della sinistra del PCI, però era una figura eroica, anche molto spregiudicata. Allora, una compagna poi ingiustamente coinvolta in vicende giudiziarie pesantissime disse: "Se noi facciamo un manifesto che dice che il sindaco Valenzi autorizza i proletari, ad esempio di Secondigliano, a fare la spesa senza pagare, questi ci credono perché si fidano di lui, allora succede la rivoluzione". Io devo dire che, sinceramente, ero un po' perplessa! Comunque, Aut Aut era ritenuta una rivista che faceva parte con ogni diritto di questo ambito. C'era, ad esempio Modugno con Marxiana; c'era Ombre rosse; era insomma un incontro di situazioni che, solo qualche anno prima, sarebbe stato impensabile per una rivista di filosofia.

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