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INTERVISTA A MARIA GRAZIA MERIGGI - 21 APRILE 2000


Quando, a metà degli anni '10 del '900, Alessandro Schiavi comincia a fare un bilancio delle conquiste del movimento operaio, in generale italiano ma in particolare milanese, fa un'osservazione che critica due cose. Una è la passione straordinaria degli operai di fare cooperative, gruppi di mutuo soccorso, cioè di cercare di rendersi indipendenti dal mercato, secondo lui anche usando troppo in quel modo il denaro che faticosamente raccoglievano a detrimento delle casse di resistenza, che invece erano un investimento migliore. La seconda cosa riguarda le donne che, secondo lui, non si sa mai cosa faranno: sembrano magari disposte a fare le crumire, non si riesce a organizzarle e poi, quando cominciano uno sciopero, senza una lira alle spalle non vogliono più finirlo, vanno avanti ad oltranza, e poi non si riesce mai a chiuderle dentro l'organizzazione. Questo è in parte perché in una coppia operaia, molto spesso, pagare due quote a due diverse società era troppo costoso: infatti, per esempio, c'erano degli abbandoni un anno e dei ritorni l'anno dopo che avevano proprio tutta l'aria, nelle storie dell'organizzazione, di dipendere dal fatto che quell'anno la coppia non ce l'aveva fatta. Questo non va mai dimenticato, i bilanci dei lavoratori erano veramente di sussistenza, anche in casi di lavoratori relativamente qualificati. Però, c'è sicuramente un minore feticismo dell'organizzazione nelle donne, un uso abbastanza più strumentale e più laico, che non impedisce la rivendicazione. Io, però, ho un po' di resistenza a fare di queste osservazioni (che sono assolutamente vere e incontestabili, che qualunque storica o storico seri non possono che incontrare) un'ontologia dell'essere donna in politica o nel conflitto di classe.
La questione della femminilizzazione del lavoro è una cosa molto diversa, che secondo me fa il paio con quelle di prima (di Virno o Màdera). Quell'elogio mi sembra significare che le donne abbiano una tendenza al crumiraggio e io a questo mi ribello tantissimo, per essere chiari: non credo assolutamente che le donne siano così "boccalone" da avere una naturale tendenza alla collaborazione. Non vorrei essere banale, però quelle elaborazioni vengono fuori da donne che fanno dei lavori estremamente qualificati: sinceramente non so quanto la commessa o la confezionatrice di supposte (che sono un medicamento che fa particolarmente male alle dita e produce allergie) abbiano questa tendenza alla collaborazione o non vi siano piuttosto costrette perché altrimenti vengono licenziate, proprio per essere piatti, però è una piattezza che continua a spiegarmi più cose. Poi, certamente esistono dei rapporti ambigui, ma allora è così per uomini e per donne, perché uno non ha scritto in fronte capitale oppure articolazione del capitale: ognuno ha delle relazioni e, nella media o piccola impresa, e più in generale nel lavoro quotidiano, esistono degli elementi di cooperazione alla costruzione di un prodotto che possono avere dei momenti in cui prevale questo aspetto sul conflitto di interessi, questo è verissimo, e lo è per uomini e per donne. Mi sembra un'infiocchettatura e un abbellimento di osservazioni che sono veramente vincolate a certe esperienze: sono avvocate, medici, nel mondo universitario. Anch'io potrei dire cose simili, ma non è così, so benissimo come reagirei se dovessi fare la bidella, me lo figuro in modo chiarissimo.
Probabilmente è vero che esiste una peculiarità del lavoro nei servizi, però loro vogliono generalizzare. Io ricordo una, secondo me indimenticabile, intervista di Manuela Cartosio che costrinse le donne della Libreria delle Donne ad attribuire questo straordinario entusiasmo per le relazioni alle commesse, cosa che se lo avessero detto alle commesse queste passavano alle vie di fatto: basta andare al supermercato per accorgersi che è peggio che stare in una catena di montaggio. D'altra parte, un aspetto cooperativo del processo produttivo è evidente che ci sia, ma questo c'è anche tra uomini, tra uomini e donne, tra donne e donne; se non fosse così non ci sarebbe mai stato il capitalismo, non avrebbe mai creato una società, ci sarebbe una guerra continua. Perché è questo, quando tu hai creduto alla guerra continua e poi vedi che ci sono mediazioni, allora fai la teoria sulla mediazione; magari, invece, è un continuo andirivieni. Io in queste teorie vedo un'incapacità di reggere un elemento di complessità, dove c'è la compresenza anche di vari elementi; questo poi non vuol dire che queste donne siano stupide, ma sono troppo unilaterali.

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