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INTERVISTA A MAURO GOBBINI - 11 DICEMBRE 2000
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Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale e quali sono state eventuali figure di riferimento nell'ambito di questo percorso?


Alla domanda risponderò con riferimenti a scelte molto personali e alle esperienze che ho condiviso con altri, per episodi e per fatti più rilevanti, come può essere appunto la ripresa delle lotte operaie a Torino, l'organizzazione del lavoro politico sia a Torino che a Milano e a Roma al di fuori delle organizzazioni tradizionali, partiti e sindacato. Personalmente, io mi sono aperto ai problemi sociali attraverso l'esperienza che ho fatto in Sicilia con Danilo Dolci, questo per me è stato l'inizio. Io ho fatto il liceo ad Arezzo, l'università a Roma e nel periodo finale degli anni del liceo e dei primi anni dell'università sono entrato in contatto, per vari motivi e attraverso Capitini, Calogero e altri, con questa esperienza che era appena cominciata di Dolci che era andato in Sicilia. Sono andato lì già nel '54-'55 e da allora praticamente fino al '62-'63 tutti gli anni passavo i miei due o tre mesi in Sicilia. Prima di allora non avevo avuto nessuna esperienza di lavoro né politico né sociale, non avevo fatto nessuna esperienza di tipo organizzativo. Quindi, i miei primi rapporti con la società civile sono stati rapporti quasi istituzionali, nel senso che essendo in Sicilia e facendo un lavoro sul territorio con queste popolazioni che vivevano nelle condizioni che ben sappiamo in quegli anni lì, ovviamente l'impatto è stato con le istituzioni pubbliche, le organizzazioni sindacali, di partito e via dicendo. In particolare quegli anni mi sono serviti per entrare in contatto con una dimensione per me fino allora sconosciuta non solo istituzionale, ma anche economica e sociale del territorio e del paese. Lavorando in Sicilia ho fatto per esempio le prime esperienze di analisi del territorio e delle condizioni di vita di singole popolazioni: mi ricordo che ho partecipato ad un'inchiesta che credo sia stata una delle prime, di poco successiva a quella su Orgosolo, sui pastori della Sardegna e che fu pubblicata da Nuovi Argomenti mi pare, e prima ancora di quella sugli edili a Roma. Dunque, facemmo un'inchiesta proprio sulle condizioni di vita della popolazione di un piccolo paese della Sicilia dove si faceva intervento diretto, che consisteva soprattutto nell'assistenza alle famiglie e ai bambini, si faceva doposcuola, assistenza paramedica ecc., proprio per mettere in moto questi meccanismi di socializzazione delle persone che nella realtà siciliana erano tra i problemi più grossi. Anche nelle comunità più piccole dove la conoscenza diretta tra le persone era sicura, c'era però sempre una specie di rigidità incredibile nei rapporti soggettivi, per cui c'erano livelli di "tolleranza" sia della violenza sia della povertà che erano assolutamente impensabili: per me, ad esempio, che venivo dalla Toscana e anche da Roma l'idea che delle persone e delle famiglie con bambini potessero vivere in quelle condizioni veramente da Terzo Mondo senza una forma di ribellione e di insubordinazione era una cosa straordinaria. In più, guardando questa realtà, era evidente il potere delle strutture pubbliche, a cominciare dalla Chiesa e via via poi fino ai partiti, il sottobosco degli enti locali, ecc. Fu la scoperta di un'Italia che era completamente diversa da quella che io conoscevo. La cosa importante, almeno per quello che riguarda la mia esperienza, è che la riflessione su questa condizione sociale, di vita delle piccole comunità agricole, di pescatori ecc., si sposò immediatamente con un discorso che andava in prospettiva verso il ragionare sulle condizioni della popolazione del Terzo Mondo: erano gli anni della conferenza di Bandung, gli anni in cui Myrdal pubblicava le sue ricerche sull'India. Quindi, diciamo che ci si trovò intellettualmente e culturalmente con Dolci e i suoi amici (che poi dirò chi erano) a mettere insieme per una riflessione più approfondita il discorso su quello che vedevamo e constatavamo in Sicilia e quello che poteva essere il corrispettivo a livello mondiale. Infatti, un altro dei momenti per me fondamentali è che in quegli anni con Dolci si cominciò a parlare di necessità di fare un'inchiesta sulle condizioni della popolazione siciliana (inchiesta a Partinico e poi a Palermo): per fare queste inchieste ci si rivolse, per avere anche un'indicazione di metodo, a quelli che allora erano i personaggi più illuminati, da Calogero per quello che riguardava il discorso generale fino agli economisti, Steve, Lombardini, Sylos Labini. Erano tutte persone con cui Danilo Dolci aveva un rapporto quasi costante di consiglio e di suggerimento, e furono anche le persone che lo sostennero a livello nazionale rispetto alla guerra che gli facevano le istituzioni.

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