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INTERVISTA A VALERIO EVANGELISTI - 18 MARZO 2000
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Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale e l'inizio della tua attività militante?

La mia storia è abbastanza lunga perché io cominciai ad accostarmi al movimento nel 1969, quando ero uno studente medio. Sulle prime chi interveniva nella mia scuola erano i maoisti e quello fu il primo contatto, anche un po' traumatico, con la sinistra, come allora si diceva, extra-parlamentare; ma quasi subito passai a Lotta Continua. A dire la verità a spingermi non era tanto un calcolo ideologico: Lotta Continua era il gruppo ritenuto il più duro e cattivo di tutti, vidi una loro manifestazione che mi impressionò, e quindi alla fine del 1969 vi entrai, tra i primi studenti bolognesi a farne parte (allora era appena nata anche in Italia). Rimasi con loro diversi anni: va detto che era un gruppo molto affiatato dal punto di vista umano, interno, però con quasi nessuna forma di organizzazione, cosa che lasciava spazio ad un amplissimo leaderismo; poi c'era la venerazione di Sofri come una sorta di divinità. C'era dunque scarsa organizzazione e ancora meno dibattito politico: sotto l'apparenza di un gruppo giovanilistico e libertario, in realtà viveva un gruppo estremamente centralizzato. Infatti gli slogan ci venivano dall'alto, ad esempio "prendiamoci la città" o cose di questo tipo; dall'alto ci venivano anche le divisioni con gli altri gruppi extraparlamentari, ma in realtà a livello di base eravamo poi tutti amici tra Potere Operaio, Lotta Continua eccetera: le divisioni sostanzialmente provenivano dai vertici. Comunque fu una bella esperienza, in quegli anni non si ha idea di cosa potesse essere la sinistra extra-parlamentare, che era davvero forte anche in una città come Bologna. Lotta Continua era sicuramente una delle componenti più forti, nello stesso tempo c'era una notevole impotenza politica. Intanto c'era il mancato rapporto con gli operai in questa città. Va tenuto presente che gli stessi studenti (universitari o medi) che facevano parte dell'organizzazione rarissimamente erano di Bologna: della città eravamo davvero pochi, per lo più c'erano studenti universitari che venivano da fuori e anche tra gli studenti medi quelli veramente impiantati in loco erano pochi. Oltre a questo c'era il fatto che il rapporto con la classe operaia, di cui si parlava di continuo, non decollava mai. Tra la fine del '69 e la fine del '73 (quando lasciai Lotta Continua), credo che gli operai non fossero più di quattro o cinque: per di più si trattava di operai immigrati ma con dei comportamenti che denotavano spesso una scarsa coscienza politica reale; infatti, cessata l'esperienza, quasi tutti tornarono alle loro peggiori abitudini (uno adesso è sindaco di un paese del meridione). Dunque, gli operai erano pochi e idolatrati, perché l'organizzazione ci imponeva questa immagine dell'operaio come santino che doveva essere buono per forza: erano davvero poco significativi nell'ambito del gruppo in quel periodo. Fu con la seconda metà degli anni '70 che ci fu un maggiore radicamento tra gli operai, soprattutto quando Lotta Continua stava per finire e si stava aprendo qualcosa di diverso. Io avevo già lasciato l'organizzazione, c'erano certe parole d'ordine che venivano formulate dal centro, dalla direzione di Lotta Continua, che andavano applicate a livello locale pari pari, ad esempio "35 ore pagate 40": era una direttiva che veniva dal centro e so che qua provocò addirittura una scissione nel gruppo degli operai che si era poi alla fine affermato, perché era difficile da applicare sul territorio locale. Quindi, Lotta Continua mi ha sempre lasciato la sensazione di un gruppo apparentemente morbido, in realtà strettamente centralizzato, ma senza forme di centralismo democratico: molto affidato ad un gruppo dirigente quasi intoccabile ed infallibile. Su questo potrei sbagliarmi, ma la fase che ho vissuto io era così. Va poi detto che la vita a livello di base era straordinariamente bella, perché poi eravamo tutti giovanissimi e vivevamo assieme: infatti, le cose più forti di Lotta Continua erano poi quelle, lo slogan "il personale è il politico" e cose del genere, tantissime invenzioni esistenziali; quelle le ricordo bene, politicamente non ho un buon giudizio.






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