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INTERVISTA A VALERIO EVANGELISTI - 18 MARZO 2000


Lo studente che cos'è lì dentro? Diciamo subito che non è mai stato vero che lo studente sia una figura totalmente sintetizzabile in un'unità, perché ce ne sono tanti tipi; però direi che quello che gli si chiede di più, in un contesto del genere, è l'adesione e la rinuncia alla critica. Io vengo da studi universitari in cui effettivamente era consentita la libera frequenza, cioè uno ci andava o non ci andava, andava al collettivo invece che alla lezione: mi risulta che tutto questo si stia riducendo a livelli pesanti, che siano stati reintrodotti i compiti in classe tipo studenti medi, che gli appelli siano sicuramente in numero inferiore di quanto erano ai miei tempi. Allora lo studente che cos'è lì? Lo studente è una figura di per sé subordinata, perché è oggetto di sperimentazione di questi tentativi, di queste nuove tecniche. Vengono soppresse materie e ne vengono introdotte altre, da una parte ci sono gli interessi accademici, ma dall'altra parte ci sono anche gli interessi che hanno coloro che sempre più sono i finanziatori dell'università. I professori sono complici e artefici, dall'altra parte chi li paga è sempre di più qualcuno che sta al di fuori dell'università di vecchio tipo, statale: la privatizzazione non è che l'ultimo gradino di questo processo. Non è facile identificare cosa sia lo studente in tutto questo: è un facchino (non un operaio), uno che deve accettare qualsiasi cosa; questo lo vedrei un po' come elemento unificante. E' chiaro poi che lo studente proletario vivrà i problemi dello studente e del proletario. Però tutto questo fa vedere che il discorso antagonista deve passare attraverso la cultura, perché gli studenti, in tutte le rivoluzioni del mondo, sono stati una punta di diamante, per un motivo ovvio, erano coloro che erano più giovani, più al corrente, più dotati, più abituati allo studio e all'informazione e via dicendo. La battaglia andrebbe condotta nello strapparli a quel tipo di cultura e nel tentare di darne un'altra, nei limiti del possibile. Quanto alla loro figura sociale, essa viaggia con quelle che sono le vicende del proletariato italiano ormai così miserabile: è già difficile individuare chi sia un operaio oggi, uno studente diventa ancora più difficile. Certo, lavora anche quando dorme. Però attenzione: mi pare che Henry Braverman dicesse che le classi cambiano identità anche perché chi le modella cambia la loro identità, non sono elementi endogeni, ma sono cambiamenti esogeni. Dunque, poi alla fin fine il discorso è: chi fabbrica le classi? Allora potremo anche andare ad individuare le classi stesse.


Secondo te, nel contesto che hai delineato, come si inseriscono la scienza e la ricerca scientifica? Che ruolo hanno?

Io credo che l'organo del nazifascismo italiano sia il giornale chiamato Le Scienze: false esattezze, dogmi presentati come non discutibili. Io, per ragioni quasi di mestiere, leggo questa rivista. Tre anni fa uscì con un articolo scientifico sulle caratteristiche del modello capitalistico polacco, presentato come la perfezione: un argomento qual è l'economia, che non è una scienza esatta, è diventata su Le scienze un dogma. Non è il solo esempio, se uno legge Le Scienze scoprirà che la psicologia non vale più niente perché la psichiatria, attraverso lo studio del Dna eccetera, ha già risolto tutto: non è invece assolutamente vero che abbia risolto tutto, ma questo viene presentato come dato oggettivo, cancellando per esempio tutta una tradizione di lotta contro l'istituzione ospedaliera; oggi l'elettroshock è praticato tranquillamente in tutto il mondo, tutte queste lotte sono venute a cadere, anche grazie all'opera degli scienziati. Viene tutto presentato come scientifico, mentre di scientifico non c'è niente: cadono i blocchi di ghiaccio dal cielo, finiscono per affermare che è uno scherzo per non dire che non sanno che cosa sia, in quanto non si è arrivati a capire tutti i fenomeni meteorologici. Ed è così dappertutto. Allora diciamo che il linguaggio scientifico di questo tipo, positivista, è il linguaggio del capitalismo. Internet viene presentato come assolutamente indiscutibile, come un modello di vita. Certamente io non ho una posizione anti-scienza, però calma, le verità vanno indagate e accettate. Nessuno vuole che si pensi, a questo come a nient'altro. Allora la scienza è un altro dei televisori interattivi, solo che è poco interattivo: viene presentato come televisore e basta, questa è la verità e lì stai, questo è il capitalismo e lì stai, questa è la new economy che ci salverà tutti e ti accontenti di quello; poi magari salta fuori l'opposizione di sua maestà, Giorgio Bocca dice che di questi sistemi moderni non si capisce niente e fanno venire il mal di testa.



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