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INTERVISTA A FERRUCCIO DENDENA - 10 GENNAIO 2000
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PRESENTAZIONE DEL SOGGETTO
percorso di formazione politica e successivi passaggi
percorso e collocazione negli anni '70 ed appartenenza ad ambiti politici organizzati
ANALISI DEI PROPRI PERCORSI POLITICI
analisi delle ricchezze e dei limiti del proprio percorso e della propria proposta politica
analisi e giudizi su quanto c'era d'altro (altri ambiti, altre proposte politiche...)

Data la mia età devo dire che il percorso, visto nell'arco temporale, è abbastanza ampio. Gli anni '60 io li ho vissuti nella fase finale (quindi dal '68 in avanti) ritrovandomi studente dentro alla grande esplosione del '68. Quindi, io a quattordici anni mi sono ritrovato dall'essere uno studente della scuola media disciplinato, diligente, pagelle sempre in ordine, sui tetti della scuola occupata: questo è stato il passaggio. Il periodo era abbastanza particolare, e lo era anche per me in quanto era l'inizio della mia esperienza politica che, per l'età che avevo, era determinata più dal clima che mi circondava che da una scelta consapevole, da una qualche formazione politica avvenuta precedentemente. Però, è stata una sorta di "illuminazione sulla via di Damasco": in quel periodo io ero quel soggetto adolescente che si affacciava alle scuole superiori per la prima volta, arrivavo in città dal paese della provincia e via dicendo. Studiavo a Bergamo in un istituto tecnico, ovvero in quelle scuole che nel '68 sono state un po' i luoghi delle grandi masse di piazza del movimento, mentre i licei erano l'intelligenza, quelli che nelle scuole medie superiori guidavano dal punto di vista della teorizzazione. Ho un ricordo freschissimo di quegli anni, perché davvero la scuola era un laboratorio in cui si discuteva di tutto, dal semaforo che bisognava far mettere al Comune perché erano successi incidenti agli studenti che attraversavano la strada, fino alla riforma della scuola. C'erano gruppi di studio nelle scuole occupate che erano dei veri e propri laboratori di ricerca, si dicevano anche tante stupidaggini, però c'era una tensione davvero ideale molto forte, con relazioni finali e assemblee di tutti i gruppi; poi gran parte delle cose andavano in niente, ma era il risultato comunque della cultura dell'autogestione. La chiusura del ciclo del '68 e i primi anni '70 sono stati il momento in cui c'è stata la formazione e il massimo sviluppo anche dei gruppi. Ed io in quel periodo ero più legato, come simpatizzante, alla FGCI, che era minoritaria nelle scuole ma, attraverso personaggi significativi, riusciva comunque a farsi sentire; le lotte non erano comunque guidate dalla FGCI come organizzazione, c'era una presenza forte ad esempio di Lotta Continua e di Avanguardia Operaia, molto molto meno forte quella della FGCI, anche se più organizzata dal punto di vista della struttura perché era un partito storico.


Tu non avevi dunque retroterra di formazione politica che ti derivavano dall'esperienza famigliare?

Assolutamente no. L'esperienza famigliare era un po' finita con la guerra partigiana. Mio padre era stato un giovanissimo partigiano, comandante di piazza nel suo paese della bergamasca. Ma finita quell'esperienza lui, cattolico, era rientrato nei ranghi: dalla guerra partigiana nelle formazioni cattoliche alla militanza nella Democrazia Cristiana, nelle ACLI, ovvero il fronte sociale della DC. Quindi, la politica dal punto di vista militante era legata più che altro a questa esperienza paterna che è poi diventata carriera nel paese, in quanto fu eletto segretario del partito e consigliere comunale, ma con una nostra estraneità alla cosa. Però, queste radici famigliari militanti, anche se non come perseguitato socialista durante il fascismo, hanno fatto sì che anche le scelte politiche successive non abbiano trovato un ostacolo all'interno della famiglia, una barriera ideologica che tentasse in tutti modi di impedire; anzi, pur certo non condividendo le posizioni politiche, c'era comunque un'apertura forte all'esperienza, al misurarsi con la politica da soli.

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