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INTERVISTA A GIAIRO DAGHINI - 1 AGOSTO 2000
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Qual è stato il suo percorso di formazione politica e culturale? Ci sono state persone o figure importanti e di riferimento nell'ambito di questo percorso?


Da giovane ho fatto l'operaio, sono di famiglia operaia, mio padre era muratore, ed io ho lavorato sui cantieri idroelettrici, nelle gallerie, costruivo tubature per l'aria, per l'acqua e poi tutto quello che era flussi di aria e di acqua calda, fredda, fresca. Mentre facevo queste cose, mi è venuta voglia di studiare, per un po' di tempo ho studiato di notte fino quasi ad avere la patente di maestro, poi ho fatto l'ultimo anno di Magistrale e sono diventato maestro di scuola elementare. Un anno o due prima avevo ottenuto il diploma di operaio. E' in quegli anni, quando facevo l'apprendista e l'operaio, che si è aperto molto forte l'interesse verso gli altri, soprattutto quelli che lavorano, che costruiscono la ricchezza del mondo senza averla, sia intellettuale sia materiale. Ed è lì che gli eventi, la vita mi hanno dato degli stimoli in senso politico a fare le cose, a vedere il mondo politicamente come classi contrapposte, come energie e forze che agiscono. Del resto le prime cose ed attività in senso politico le ho fatte sui cantieri idroelettrici. In quel periodo, in Svizzera, non c'erano scioperi, ma c'erano movimenti di protesta quando qualcuno rimaneva ferito: allora una volta era caduta una frana, c'erano degli operai che erano rimasti feriti e in quella situazione ho fatto un po' di casino, ho portato i feriti all'ospedale, insomma lì c'erano già reazioni che andavano nel senso di una difesa di chi lavora, contro lo sfruttamento della vita degli altri. Però, era soprattutto la coscienza che noi stavamo costruendo la ricchezza del mondo e che lo facevamo usando l'intelligenza e il corpo, e il tempo della nostra vita e che questa ricchezza del mondo andava ad altri e soprattutto veniva sperperata da altri, senza costruire una nuova società. E' lì che si forma un po' la mia consapevolezza politica. Dopo ho fatto il maestro di scuola, mi ha molto interessato lavorare con i bambini, la formazione, la differenza tra quello che gli insegnavo e la loro vita, tra come io vivevo e le loro famiglie, questo ha creato un po' di confusione nei villaggi in cui arrivavo a insegnare, però alla fine anche questi erano poi obbligati ad accettare questo intruso, e poi soprattutto ai bambini piaceva molto perché quelli capiscono l'idea di verità, di giustizia, di nuovo, di aria fresca. In quel tempo, fine anni '50 inizio anni '60, una persona che mi è stata molto vicina, e anch'io ero molto vicino a lui, era Guido Pedroli, un socialista ticinese. Scriveva allora la storia del "Socialismo nella Svizzera Italiana" ed era molto amico di Canevascini, una grande figura di socialista che aveva guidato durante gli anni di guerra e dopo l'antifascismo in Ticino e aiutato la Resistenza italiana. Pedroli era un filosofo che si era formato a Torino con Abbagnano, l'esistenzialismo e così via, legato anche un po' a tutto quel clima della sinistra torinese colta che aveva sullo sfondo il socialismo, il liberalismo gobettiano, o gramsciano. Morì molto giovane. Un altro con cui ho avuto un rapporto molto forte era un intellettuale ticinese che si chiamava, adesso è morto, Virgilio Girardoni, uno storico dell'arte, comunista svizzero, di partito. Poi, sempre su questa scia, mentre facevo il maestro, ho studiato un po', sempre di sera e di notte, e ho ottenuto la maturità del liceo federale svizzero che mi ha permesso poi di accedere all'università; e questo l'ho fatto già con l'intenzione proprio di venire in Italia perché la Svizzera è un paese democratico finché si vuole ma è un paese in cui mi sentivo soffocare.
La discesa in Italia per me significava l'andare verso la cultura e la politica. In quei tempi andavo in Lambretta ad ascoltare i comizi del PCI a Milano, ho sentito ancora Togliatti, poi Longo, Alicata, tutti i grandi del partito. Scendevo in Italia per poter incontrare quel mondo lì, la casa della cultura di Milano, il PCI, le lotte di classe e la cultura di sinistra in Italia. Quando mi iscrivo all'università incontro subito Enzo Paci, e poi dei giovani filosofi e immediatamente il giro della sinistra che non era proprio d'accordo con il PCI: insomma, appena arrivato in Italia, anziché iscrivermi al PCI, mi ritrovo dentro i gruppi, Quaderni Rossi, incontro Alquati, Gasparotto, Panzieri, leggo Tronti e incontro anche lui, insomma tutto quel giro lì. La mia discesa in Italia per andare verso il partito, verso la cultura in realtà sarà una discesa che incontra sempre sì la sinistra ma fin da subito un'altra sinistra: quindi, non mi iscriverò mai in un Partito Comunista e fin da subito sarò in pieno dentro ai gruppi, Quaderni Rossi, Classe Operaia, i movimenti di Torino, insomma su tutto quello che avviene alla fine degli anni '50 e inizio anni '60 in Italia ci vado proprio a testa bassa. Ecco, come si dice, l'evento di un incontro.

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