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INTERVISTA A GIAIRO DAGHINI - 1 AGOSTO 2000


Si pensi poi al simulacro tragico di tutto questo, la Cambogia, dove Pol Pot e i suoi, quando riescono a vincere, aboliscono per decreto la storia, aboliscono il denaro, aboliscono la città, aboliscono le classi e dicono: "Adesso si riparte da zero". E ripartire da zero secondo la loro astrazione voleva dire che tutti venivano riportati fuori nelle campagne, inquadrati da quadri armati del partito e dovevano produrre abbastanza riso da poterlo utilizzare come materia prima da esportare per costruire uno Stato forte. Lì il discorso di classe addirittura è diventato una terrificante esperienza di biopolitica, cioè la politica che in termini terroristici ha costruito una classe di persone come lei voleva.
Ho citato tre esempi tra molti, due emblematici di una grande storia, uno emblematico solo di una grande tragedia (anche gli altri due contengono tragedie ma sono soprattutto emblematici di una grande storia). Quello sulle classi non è un discorso che si possa fare solo pensando alla classe come a una forma universale (dello sfruttato e dello sfruttatore, di colui che costruisce la ricchezza e di colui che la possiede); ma la classe, pur essendo uno schema che riappare un po' dappertutto nel mondo, riappare con delle singolarità che la caratterizzano, con degli aspetti singolari che ti obbligano a pensarla sia nel suo specifico, sia nelle connessioni singolari e particolari che ha con altre realtà di classe e con altre classi. Per cui questo fa sì che il discorso di classe, che è stato quello vincente come Marx l'ha lanciato ("proletari di tutto il mondo unitevi" e così via), è stato un discorso vincente nei grandi momenti rivoluzionari, ma è stato un discorso che si perdeva non appena tutte le singolarità di classe dovevano definire il loro modo di connettersi, il loro modo di agire, il loro modo di unirsi più che per battere l'altro, cioè la borghesia, per costruire un altro mondo: perché magari battere la borghesia al potere in certi casi era facile, ma poi quello che veniva dopo se non era peggio era perlomeno abbastanza allucinante. Nel discorso di classe questo elemento della singolarità (del luogo, delle esperienze) e il suo problema di come si connette ad altre singolarità, questo evento del "proletari di tutto il mondo unitevi", è proprio il mistero, il luogo difficile, il luogo secondo me complesso, il nucleo molto duro di tutto il discorso di classe. Quindi, è chiaro che le classi continuano ad esistere, la cosa che ci è scappata da tutte le parti sono le singolarità e le forme specifiche di soggettivazioni e di divenire che il comportamento di classe, le figure di classe hanno assunto nell'infinita realtà singolare del mondo della modernità. Questo è il vero punto che è quasi sempre scappato all'esperienza politica, per cui ogni volta che una dimensione di divenire rivoluzionario si affermava, diventava molto più importante la forma di quella rivoluzione lì che la forma del divenir rivoluzionario, di tutte le connessioni infinite delle singolarità di classe che apparivano nel mondo. Quindi se noi oggi vogliamo lavorare di nuovo tenendo presente questo concetto di classe, dobbiamo farlo ed elaborarlo pensando ai processi produttivi e di vita del nostro tempo. Oggi il computer è la macchina su cui lavorano i soggetti produttivi, è la macchina del nostro tempo; prima c'era produzione di macchine attraverso macchine, ora produzione di macchine attraverso macchine attraverso macchine computerizzate, attraverso il linguaggio come dice Marazzi. Questo significa pensare nei termini della singolarità attuale quello che per noi è stata la grande figura del rapporto di classe. Probabilmente quando le cose vanno così avanti e diventano così complesse è difficile usare le stesse parole, perché contengono così tante cose oramai e così tanti elementi che devi riuscire a nominarle ma nella loro singolarità. Dentro il discorso di classe c'è questo, e ciò lo rende molto complesso. Quindi, più che parlare di classi, perché contiene questa grande idea marxiana dell'universalità che è in tutto il mondo il rapporto sfruttati e sfruttatori, proletari e borghesi, che esiste in tutte le infinite diversità e singolarità, più che parlare di classi io parlerei di singolarità e di minoranze. Noi oggi viviamo in un mondo che è pieno di minoranze, in esse vedo il confluire e l'emergere di tutte le soggettività che possono divenire rivoluzionarie e che diventano di classe: chi resiste, chi protesta, chi vuol fare un'altra vita, chi emerge come un'opposizione irriducibile.

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