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> Una particolare esperienza di gruppo
(pag. 1)

> Composizione del gruppo
(pag. 6)

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(pag. 8)

> Leader e masse
(pag. 9)

> Caratteristiche del gruppo e sincretismo antagonista
(pag. 12)
INTERVISTA A VALERIO CRUGNOLA - 26 APRILE 2000

Ritornando al discorso del gruppo, da cosa sono stati motivati il passaggio e i cambiamenti tra il primo e il secondo, con il mutamento di quei quattro parametri di cui hai parlato prima? Il primo gruppo era caratterizzato da un percorso a termine, consistente nei propri racconti autobiografici: anche questo secondo gruppo ha un percorso delimitato, oppure è maggiormente in divenire? Infine, che rapporto c'è tra gli elementi caratterizzanti la vostra esperienza e il discorso sul sincretismo antagonista fatto da Màdera?

Il primo gruppo aveva una sua politicità intrinseca nel vissuto di ciascuno di noi, in quanto tutti, nella nostra vita, eravamo stati fortemente investiti dalla politica, a volte aggregata dai rapporti di amicizia o di condivisione anche di comuni esperienze politiche condotte fianco a fianco; quindi, c'era un certo bisogno di reinterrogarsi su quel cammino compiuto, nel momento di trapasso in cui in qualche modo ci si congedava da quell'esperienza, non perché fosse sbagliata o abiurata, ma in quanto ci sembrava in qualche modo consumata. Nel secondo gruppo c'è un dato di fondo di cui non ho ancora parlato; mentre ho detto quello che è il cambiamento prospettico, di contesto, che ha giustificato la nascita della prima esperienza, la seconda nasceva da quella parola chiave prima citata da quel passo de "L'alchimia ribelle" di Romano, autovalorizzazione solidale, legata a tre nuclei tematici: l'antagonismo autobiografico solidale, al quale potremmo aggiungere un altro elemento terminologico, che è il sincretismo. Questi erano in qualche modo impliciti già in alcune riflessioni fatte nel primo ambito di esperienza, o comunque collateralmente, ma sicuramente individuano una grande novità, che era la seguente: tra tutte le quattro parole, quella centrale è l'autobiografico, il partire da sé, in quanto non è più pensabile una politicità che non parta da sé. In un certo era una ritrasposizione di un tema che emergeva già nelle ricerche degli ultimi anni '60, ma soprattutto dei primi anni '70, sul tema dei bisogni, che in qualche modo era un tentativo di avvicinare una sfera di soggettivazione della politica rispetto, invece, a questa oggettivazione appiattita su una nozione di entità aristoteliche (classe, partito, società, ossia enti astratti): con il tema dei bisogni si voleva saldare l'astratto, il generale, il concreto, l'individuale. Nell'annotazione successiva c'è un'idea che nessuna ricomposizione di esperienze collettive possa darsi a partire dal generale, o da un qualunque generale, perché può darsi soltanto attraverso percorsi di riconoscimento che partono da sé, quindi dall'individuo, dalla singolarità e dal campo del suo vissuto inteso in senso pieno, totale: la totalità del vissuto, nel quale il mio essere maschio, lavoratore, di una certa età, in un certo contesto, con un bagaglio di vita e via dicendo, è tutta un'unità che non posso scindere nel segmento maschio, nel segmento lavoratore, nel semento territorio eccetera. Quindi, partire dalla unità complessa e piena del vissuto del soggetto, questa è l'idea primaria di questo percorso, che però non rinuncia ad una dialettica di riconoscimento, dove allora l'elemento solidale è, prima di tutto, il passaggio al fatto che la solidarietà, pur essendo un concetto in parte anche ambivalente, implica, in prima istanza, un riconoscimento di una comunanza; per cui, l'incontro con altri, che hanno istanze, storie, totalità di individualità diverse, è pur sempre ricomponibile, ma lo è prima di tutto da un atto stesso della soggettività, attraverso appunto il riconoscimento solidale dell'altro, però anche da una sua fondamentale accettazione prima di tutto. Il riconoscimento non è solo un autoriconoscimento, come nella tematica dei bisogni, in cui chiedo che la mia identità sia affermata: in questo caso, invece, parto da una dinamica di ascolto, ossia non chiedo solo che la mia identità sia affermata, ma anche la specificità e il valore dell'altro in quanto diverso deve essere ugualmente affermato nel riconoscimento. Quindi, ciò deve avvenire non attraverso un processo sottrattivo, ma esattamente attraverso un processo amplificativo, che però è molto diverso. Ciò perché là i bisogni poi alla fine si dovevano mediare, oppure non erano in verità mediabili, lasciando spazio a spinte fortemente anarchiche, ossia ho questo bisogno oggi e oggi lo devo affermare impulsivamente, ponendomi però in estrema difficoltà nella costruzione di un movimento collettivo; questo pur essendo, quella dei bisogni, una tematica giusta, estremamente dirompente e fortemente connotata in senso anticapitalistico.

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