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INTERVISTA A BRUNO CARTOSIO - 15 MAGGIO 2000
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Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale e l'inizio della tua attività militante?


Vengo da una famiglia di comunisti del '21, lo erano sia mio padre che ha fatto militanza sia suo fratello che è stato antifascista, partigiano e poi è stato anche funzionario e rappresentante del partito in provincia di Alessandria. Per cui, di fatto, questa è stata la mia formazione, e a questo, che era contemporaneamente un mondo politico, ideologico, intellettuale e soprattutto sociale, ho appartenuto fino alla fine degli anni '60. La mia era una famiglia di lavoratori, non di intellettuali né di studiosi: mio padre faceva il fonditore, suo fratello faceva il ferroviere, mia madre faceva la stiratrice. Questa, in termini molto schematici, è la mia formazione. Quindi, quel mondo arriva a me attraverso questo tipo di filtro che non è intellettuale o intellettualizzato, passa attraverso le esperienze di rapporti tra le persone, con i militanti, la frequentazione della sezione del PCI, o della festa dell'Unità, o di una quantità di discussioni, o di presenza all'interno di cose come la cooperativa di consumo che i militanti comunisti, insieme con altri, avevano messo su subito dopo la guerra e in cui c'entrava mio padre. C'erano, insomma, cose di questo tipo, e poi tutti i rapporti sociali: quello in cui abitavo era un posto di gente assolutamente comune, di lavoratori, e i rapporti sociali erano importanti per questo tipo di comunanza anche di vita. Del resto sono il primo nella mia famiglia ad essere andato all'università e ad essersi laureato, sono il primo intellettuale della famiglia. Per quanto riguarda più strettamente me, io mi sono iscritto per la prima volta a 13 anni alla FGCI e, fino a che la sezione è stata viva, sono rimasto iscritto, poi si è chiusa. Successivamente insieme con altri abbiamo fatto delle attività di tipo culturale e politico al di fuori del partito. Il teatro di tutto questo è Tortona, in provincia di Alessandria. Poi, più o meno tutti quelli che costituivano questo gruppo, che avevamo chiamato Movimento Culturale la Resistenza (e questo ovviamente ha anche un altro tipo di rimando ideale molto forte), siamo entrati nel PCI. Io ne sono uscito nel '69, altri ci sono rimasti e poi le cose sono andate in modi diversi, ma fino a quel momento è stata una storia di gruppo per certi versi abbastanza interessante, perché la nostra attività era contemporaneamente di tipo politico e culturale. In un paese di 30.000 abitanti, noi avevamo letteralmente mosso le acque, in quanto prima non esisteva niente del genere e, dopo che ci siamo messi insieme noi, abbiamo cominciato a fare una serie di attività e anche ad esercitare un certo tipo di attenzione nei confronti del posto, della società dei conflitti o dell'assenza di essi, degli interessi, delle speculazioni in particolari edilizie e così via: erano cose che, fino a quel momento, neppure dentro al PCI erano state fatte con lo stesso livello di pubblicità e anche un po' di giovanile presunzione. Loro erano impegnati dentro al consiglio comunale, noi invece facevamo delle cose che mettevamo in piazza attraverso volantini, manifesti, iniziative pubbliche, un giornalino; poi abbiamo cominciato a fare il giornale del partito, che abbiamo portato avanti per un certo periodo. Tutto ciò fino alla fine degli anni '60, poi una parte di noi sono venuti all'università, a Milano in particolare, e qui poi hanno cominciato a succedere tutta una serie di altre cose, che per un certo periodo hanno voluto dire partecipare al movimento e però rimanere dentro al PCI, e partecipare al movimento qui e poi riportare a casa, in provincia, quello che succedeva nella grande città e il suo significato. Successivamente questo ha però portato anche a divisioni e a rotture; nel caso mio, tra il '69 e il '71, dopo che mi sono laureato, sono andato per due anni a insegnare a Montreal, in Canada. E' inutile che io dica che paio di anni siano stati quelli, e si è definita quella ramificazione interna a questo gruppo che, in qualche modo, riproduceva in piccolo quello che succedeva su una scala molto più ampia: persone che erano state dentro un'area più o meno coincidente, intorno al PCI o tra esso e il PSI, si sono diversificate, si sono divise e sono andate ognuno per la sua strada.

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